• VENERDì 29 SETTEMBRE 2023
Storie

12 voci femminili imperdibili della musica elettronica

Dodici cantanti che hanno fatto grande la musica elettronica su dischi altrettanto storici
Foto: ‘Robyn live’ – fonte Dreamstime

Ci sono voci che hanno segnano in modo indelebile ognuno di noi e la traccia che le ha custodite.

La  musica elettronica ha da sempre valorizzato la voce femminile specialmente nel contesto mainstream del pop e della dance più popolare, non concedendo a volte il giusto spazio ad interpreti che avrebbero meritato sicuramente di più in termini di visibilità e riconoscenza.
Parliamo del valore artistico di figure che hanno reso speciali brani che, senza il loro apporto, non avrebbero avuto la medesima forza e successo.
Volendo escludere alcune storiche icone, abbiamo reso onore ad alcune interpreti che ci hanno donato  picchi di bellezza unici, pur non vedendo in certi casi riconosciuto fino in fondo il merito al loro straordinario spessore artistico.
Chi sono queste guerriere? Andiamo a scoprirlo  in  questa  playlist , rigorosamente collaborativa, denominata “ELECTRO LADIES”

Laura Bettinson
Dove passa Four Tet, come un Re Mida dei nostri tempi, tutto ciò che tocca diventa oro. Se lo facesse con qualcosa prodotto da Nigel Godrich allora è probabile che questo diventi platino. È quanto effettivamente accaduto nel 2012, quando il “sesto elemento” dei Radiohead diede vita agli Ultraìsta, band dal sound elettronico sperimentale dadaista. Tra le tracce di questo album ne uscì fuori una in particolare, ‘SmallTalk’, che il buon Four Tet decise di remixare creandone un pezzo unico che miscela dubstep, techno e garage in un flusso stratosferico. La voce di Laura Bettinson, neanche a dirlo, ne rappresenta il fulcro imprescindibile.
Traccia da non perdere: ‘Smalltalk (Four Tet remix)’ (‘Ultraìsta’ – 2012)

 

Jocelyn Brown
Da romagnolo D.O.C. non posso che spendere una parola d’amore nei confronti dei Jestofunk, la storica band nata agli inizi degli anni ’90 dalle illuminate menti di Alessandro “Blade” Staderini, Francesco Farias e Claudio “Moz-Art” Rispoli. Nell’ impareggiabile album ‘Universal Mother’, il loro punto più alto, in quel 1998  ebbero la fortuna di avere tra le loro fila la divina Jocelyn Brown, una una delle cantanti nere più affermate nel panorama della misco music anni ’80. Tutto il disco è spaziale (elettrofunk, etnotronica e molto alto) e come rarissimamente accade, dopo oltre vent’anni, suona ancora fresco come allora.

Traccia da non perdere: ‘Special Love’ (Jestofunk – ‘Universal Mother’, 1998)

 

Anneli Marian Drecker
Norvegese, Cantante di ispirazione unica con oltre 20 anni di carriera alle spalle, è componente del gruppo BelCanto, collettivo sperimentale di molteplici contaminazioni che vanno dal dreampop al folk metafisico. Pressochè sconosciuta in Italia, ha collaborato con gruppi come i Motorpsycho e, incredibile ma vero, è stata al tempo una delle coriste storiche dei ben poco sperimentali A-ha. Il suo contributo maggiore lo ha però dato ai Röyksopp, con i quali ha creato la canzone ‘Sparks’, un raro gioiello di bellezza.

Traccia da non perdere: Sparks (Royksopp – Melody A.M. – 2002)

 

Fever Ray
Il Nord Europa rappresenta da anni terra di provenienza di straordinari artisti di musica elettronica. Ed è probabilmente grazie alla consolidata e solida emancipazione degli stati scandinavi che da essi giungano alcune delle più incisive voci femminili. Fever Ray, al secolo Karin Dreijer Anderson, svedese, è stata la cantante e componente del duo elettropop The Knife. Sono diversi i loro album degni di nota, ma il vero must di Fever Ray lo troviamo in due album dei già citati Röyksopp, che grazie al timbro vocale unico (profondo e graffiante al tempo stesso) ha permesso al duo norvegese di consolidare fama e successo planetario.

Da non perdere: ‘What else is there?’ (Röyksopp – ‘The Understanding’, 2005) ‘This Must Be It’ e ‘Tricky Tricky’ (Röyksopp – Junior, 2009)

 

Elizabeth Fraser
Elizabeth Fraser deve la sua fama principalmente a due fattori. Il primo è quello di aver dato vita e voce alla band Cocteau Twins e al conseguente stile dream pop. La peculiarità del suo metodo di canto e di scrittura è caratterizzata dalla glossolalia, ovvero l’uso di parole sconosciute e di vocalità indecifrabili tali da far perdere i significato delle liriche.
Il secondo, forse anche più importante, è quello di aver donato la voce a tre brani dell’epico album ‘Mezzanine’ dei Massive Attack.

Traccia da non perdere:’ Teardrop’ (Massive Attack – ‘Mezzanine’ , 1998)

 

Beth Hirsch
Se amate l’elettronica e più in generale la musica, non potete non riconoscere in ‘Moon Safari’ degli Air una incontrastata pietra miliare. Anche i più insensibili vedrebbero in ‘All I Need’ un capolavoro di melodia, testo e voce. Quest’ultima, appunto, è della anonima Beth Hirsch, cantautrice folk rock americana, che in questo caso sfoggia un’eleganza vocale senza tempo.

Tracce da non perdere: ‘All I Need’ e ‘You make it easy’ (AIR – ‘Moon Safari’, 1995)

 

Chiara Hunter
Voce decisamente nuova nel panorama elettronico e soprattutto giovane (classe 1993), Chiara Hunter è una cantante australiana ben poco nota. In patria ha interpretato una canzone per il programma per bambini ‘Sesame Street’ e ha pubblicato un EP con tre brani (Strange relationships) nel 2016. Tutto qui? Non proprio. È di Chiara la voce entrante e melodiosa del singolo “No Goodbye” di Paul Kalkbrenner, che ancora una volta ha dato tirato fuori dal cilindro una interprete davvero notevole. Aspettiamo con ansia altre performance come questa.

Traccia da non perdere ‘Goodbye’ (Paul Kalkbrenner, 2019)

 

Franziska “Fran” Lauter
Ultimamente tutti quanti (a ragion veduta) vanno pazzi per ‘Hypnotized’, il bestseller di Purple Disco Machine e Sophie and the Giants caratterizzato dalla solida interpretazione di Sophie Scott. Ma chi di voi ricorda la splendida voce dell’omonima canzone apparsa nell’album ‘Lovestoned ‘(2010) di Oliver Koletzki? In realtà, tutto il disco brilla per freschezza ed affinità tra Oliver e la bella Fran, dal quale nascono tracce che fanno da ponte tra la disco ‘80 e il funky più elegante.

Tracce da non perdere: tutte quelle dell’album ‘Lovestoned’ (Oliver Koletzki – Lovestoned, 2010)

 

Beth Orton
I Chemical Brothers furono tra i primissimi, pionieri anche in questo, a voler inserire la voce a femminile nei loro (rari e imperdibili) brani più “morbidi”. Beth Orton fu una scoperta più che vincente e basta ascoltare l’onirica ‘Where do I begin’ (‘Dig Your Own Hole’, 1997) per rendersene conto. Beth ha rappresentato una vera e propria musa della break beat pur provenendo da un mondo completamente diverso, quello folk cantautorale inglese, nel suo caso magistralmente contaminato da frequenza elettroniche. Il timbro unico, l’inconfondibile sensibilità artistica e le fragili liriche trovano nel suo album ‘Daybreaker’ un esempio di perfetto connubio tra gli stili.

Tracce da non perdere: ‘Where do I begin’ (Chemical Brothers – Dig Your Own Hole, 1997)   tutto l’album ‘Daybreaker’ (Beth Orton – Daybreaker, 1999), ‘Stars all seem to weep’ (Beth Orton – ‘Central Reservation’, 1999)

 

Robyn (Robin Miriam Carlsson)
“Best new thing” negli USA nel lontano, 1994, tono vocale krautico e a tratti robotico con personalità da vendere,  la bionda valchiria di Stoccolma ha lasciato il segno prima nel 2009 con l’album dei Royksopp ‘Junior’ e soprattutto nell’EP coprodotto dagli stessi ‘Do It again’ del 2014. Si sono susseguite nella sua carriera tante altre collaborazioni, (da deadmau5 a Kelis) ed alcuni discutibili album personali che non hanno lasciato il segno; complice una produzione che ha voluto convertirla ad una dance sin troppo inflazionata. La troviamo nell’ultimo album solista ‘Honey’ del 2018 di cui Joe Goddard ha fatto un onesto remix.

Traccia da non perdere: ‘Monument’ (Royksopp, ‘Do It Again’, 2014)

 

Hope Sandoval
Frontman classe 1966 dei Mazzy Star. Vi dice nulla? Immaginavo. Artista ben poco conosciuta in Italia, ha prestato la sua voce ad alcuni dei più iconici brani di stampo elettronico degli ultimi quarant’anni, la cui lista è da pelle d’oca.
Leggere i gruppi con i quali ha collaborato lo è altrettanto: Air, Death in Vegas, Vetiver, The Chemical Brothers, The Twilight Singers, The Jesus and Mary Chain e Massive Attack… può bastare?

Tracce da non perdere: ‘Cherry Blossom Girl’ (AIR- Talkie Walkie, 2014), ‘Asleep the Day’ (Chemical Brothers, ‘Surrender’ – 1999)

 

Louis Trehy
Ci sono canzoni che, a 25 anni di distanza, ti aprono il petto e ti fanno commuovere ripensando alla strada percorsa, agli amici persi e ai traguardi raggiunti. Una di queste è ‘One too many mornings’ dei Chemical Brothers, uscita nel 1995 su ‘Exit Planet Dust’. L’unica frase del brano, ripetuta decine di volte su un tappeto melodico di inarrivabile bellezza, dice semplicemente : “Here, where we belong”. Chissà, forse l’avrebbe potuta cantare chiunque, ma a farlo è stata la pressochè sconosciuta Louise Trehy, che è per sempre entrata nel nostro cuore e in quello di innumerevoli ragazzi della generazione X.

Traccia da non perdere:’ One too many mornings’ , Chemical Brothers, ‘Exit Planet Dust’, 1995

 

 

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Matteo Cava
Imolese doc, appassionato di scrittura e di suono in tutte le sue forme. Esploratore di musica elettronica dagli anni '90 ad oggi. Ama scovare tracce nascoste.

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