• SABATO 25 MARZO 2023
Esclusiva

1987: alzati e vatti a divertire

Nel 1987 la storia della musica elettronica vive una rivoluzione senza precedenti: in Inghilterra gli acid party diventano una moda travolgente, e a Detroit nasce una nuova cultura musicale

1987. Un anno di fine e di inizio, non solo in ambito musicale. In Italia è l’anno dell’inizio del processo della strage di Bologna, della legge sul divorzio, delle dimissioni del governo Craxi, dello scudetto di Maradona. Berlino è divisa da un muro, anche se ancora per poco, il 19 ottobre crolla Wall Street. Gli Stati Uniti e la Russia esplorano lo Spazio, la “cortina di ferro” inizia a sfumare. La musica cambia, e quello che accade nei club e nei liberi raduni del popolo getta le basi di un cambio di rotta senza precedenti. 

Chicago. Tre dj e produttori, Spanky, Herb J e DJ Pierre si fanno chiamare Phuture e pubblicano un brano di dodici minuti dal nome ‘Acid Tracks’, per la cui realizzazione viene utilizzato un sintetizzatore Roland TB-303. Come le idee più geniali della storia dell’uomo, anche questa balena per caso, un paio d’anni prima, mentre gli artisti si ritrovano ubriachi in studio a giocherellare con le macchine. Pare fosse stato DJ Pierre a mettere mano sul TB-303, uno strumento ormai obsoleto, fuori dal commercio, dal quale distrattamente fece fuoriuscire degli interessanti suoni striduli, dal sapore alieno: riverberi che, gestiti e incanalati, parevano friggere l’aria. Quella notte alcolica verrà ricordata come la genesi di un nuovo genere musicale: l’acid house. Una “dilatazione” delle sonorità house (nata un paio di anni prima) tipiche della città di Chicago, accompagnata da una cassa in quattro quarti, ben presto colonna sonora dei principali rave party dell’epoca, dalle feste di Ibiza a Londra. ‘Acid Tracks’, il brano d’esordio dell’acid house, venne sperimentato qualche tempo dopo al Music Box e fu un successo abnorme, tanto che pare i Phuture lo riproposero per ben quattro volte nella stessa notte. La forza dell’acid è la sua sfumatura visiva: le distorzioni sonore pare di poterle scrutare e toccare, con l’effetto che amplificato dalle varie droghe sintetiche che da tempo avevano fatto ingresso nei club. Ecco il perchè del suo nome. 

Il Regno Unito, in particolare, si fa portabandiera del genere musicale in Europa: è la Summer Of Love di Londra delle future star Pete Tong e Paul Oakenfold, mentre il debut album del trio inglese 808 State, ‘Newbuild’, diverrà una vera e propria pietra miliare del genere. L’acid house approda a Londra dunque, e gran parte del merito spetta a quei dj britannici che, vedendola sbarcare dagli States nella prima vera terra promessa del clubbing – Ibiza, dove il Ku, il Pacha e l’Amnesia sono tra i primi locali europei a proporre le sonorità di Chicago – decide di importarla nella capitale inglese; il boom è prevedibilissimo, e impazza la psicosi dell’acid. Questo perchè nel 1987 l’house non possedeva ancora le infinite sfumature che conosciamo oggi, era una novità dall’espansione virale che soffiava un freschissimo vento di cambiamento nella scena europea. Per questo branche specifiche come l’acid house venivano percepite come veri e propri “assi nella manica” dai dj, i quali, dopo aver sperimentato le reazioni del pubblico alle distorsioni sonore di questa corrente, iniziarono a percepirne l’infinito potenziale. L’epicentro dell’epidemia è lo Shoom di Danny Rampling. Un locale piccolissimo, dalla capienza di un paio di centinaia di persone, ma dal sound rivoluzionario. Locali intimi come questo fino a qualche tempo prima erano considerati ritrovi per gay, la stragrande maggioranza dei paganti nelle discoteche, ma lo Shoom è asessuato, domato dal sacro principio dell’amore libero. Un amore universale, senza regole, ovvero quello che le sole droghe sintetiche possono regalare all’organismo umano. Oakenfold trova la sua casa nello Spectrum, e come lui migliaia di ravers che hanno scoperto il magico connubio che diviene nuova frontiera del divertimento sfrenato: l’ecstasy con l’acid house

Nel cuore di Soho sorge The Trip, la serata di Nicky Holloway all’Astoria, che diverrà famoso per le sue feste che proseguiranno oltre chiusura per le strade del quartiere, con il termine ufficiale stabilito unicamente dalle cariche della polizia. L’ecstasy ormai è una questione pubblica, un problema reale da affrontare e non più isolato a pochi disadattati. La musica elettronica dell’house ha intrapreso un percorso nuovo, da alcuni definito come passeggero e senza futuro, da altri come il trampolino definitivo per una scena nuova, dettata da principi prima non considerati: nascono i free party, i drug rave, la cultura spirituale dell’Ecstasy. Una rivista di punta come I-D pubblica in copertina uno smile, che diverrà simbolo assoluto della “magica pasticca”, con lo slogan ‘Get Up! Get Happy’. Si inizia anche a parlare delle parade, vere e proprie parate musicali in cui il divertimento, il ballo e lo sfogo di spostano nelle strade. Il primo significativo raduno in tal senso sarà due anni dopo, nella celebre Love Parade di Berlino. Poco dopo Londra, la festa tocca Manchester. All’Haçienda, storico locale fondato qualche anno prima dai New Order con Tony Wilson, nonchè epicentro delle folli notti di Madchester, trova terreno fertile la nuova corrente sonora portata dalla compilation definitiva: ‘The House Sound Of Chicago III: Acid Tracks’. Acid house, acid rock: purchè sballi.

Accanto all’acid house, che vede il suo primissimo sviluppo a Chicago, qualcosa accade anche a Detroit. Juan Atkins, Derrick May e Kevin Saunderson, per il decennio ’80, si sono fatti portavoce di un’altra rivoluzione musicale. Più intima, volutamente nascosta, insita nelle viscere del grigiore di Detroit, la città dei motori, simbolo dell’industria frenetica e del degrado americano abbandonato a sè stesso. Una rivoluzione silente in una città difficile, per cui nessuno avrebbe mai pensato sarebbe valsa la pena combattere o spendere parole di riguardo. Juan Atkins con Richard Davis e Jon-5 compone i Cybotron, un trio che si muove su sonorità electro-rock. Ma è con lo pseudonimo di Model500 che Juan, patron della label Metroplex, nel 1985 aveva fatto accadere qualcosa. Il suo brano ‘No UFOs’ ha il sapore di una nascita, di un big bang. Il groove del pezzo e le atmosfere che va a disegnare – spaziali, ultraterrene – sono la voce di una nuova lingua. Lo capisce Derrick May, suo amico nonchè collega, il quale decide di esportare il pezzo a Chicago, di cui frequentava spesso i locali. Il brano riscuote notevole interesse e Detroit, sulle sonorità di Atkins e May che da qui in poi seguiranno unicamente questa corrente, improvvisamente si illumina. Tra le sue vie riecheggia la voce del popolo nascosto, di quella che da qui in poi sarà definita musica underground per eccellenza: le sonorità degli oppressi, della working class, della minoranza. Il cosiddetto “afrofuturismo”.

Sullo stampo dei club di Chicago, Chez Damier, Alton Miller e George Bake fondano The Music Institute, sulla Broadway, probabilmente il primo club specializzato in queste nuove sonorità. Nello stesso anno, Derrick May, sotto il nome di Rhythim is Rhythim, ebbe il merito di creare un ponte tra l’house e la techno: esce ‘Strings Of Life’, che in poche parole unisce elementi tipici di entrambi, ed il brano esplode fino a toccare l’Europa. La traccia, la cui paternità del nome spetta a Frankie Knuckles, esce dagli usuali schemi elettronici con la sua assenza di bassline, compensata da una nuova, vibrante, sensazionale scarica di energia. Anche grazie a questa il discografico Neil Rushton decide di ingaggiare il “trio di Belleville”, formato da Atkins, May e Kevin Saunderson in forma ovviamente non ufficiale. Neil organizza le release europee, in particolare nel Regno Unito, presentando le nuove raccolte musicali sotto il nome di technosu ispirazione del brano ‘Techno City’ (1985) di Atkins. Il nome preciso è ‘Techno! The New Dance Sound of Detroit’. La techno, come l’acid house in Europa, sviluppa una cultura a sè. Non ci sono droghe nei suoi canoni fondamentali (sebbene potete star certi della circolazione di stupefacenti nelle serate techno) così come non c’è sfrenatezza, o amore universale. Per la verità, non c’è niente da ridere: la techno è il borbottio rassegnato di una classe sociale, lo sfogo pulsante di una generazione nata nel posto sbagliato. Per questo motivo, l’improvvisa visibilità del genere e la sua contaminazione europea, dove trovò casa ideale nei rave party e nei raduni dell’ecstasy, non andò mai davvero giù alle tre Detroit Techno Legends. 

 Il 1987 ebbe il merito di dirigere le grandi notti dance in una nuova dimensione, che troverà il suo immediato sviluppo nei due anni successivi. I protagonisti, con le loro sonorità condite alla nuove droghe di tendenza, hanno creato una vera e propria questione che è impossibile ignorare, e che va trattata per tutti i suoi aspetti degenerativi. Non si tratta più di disco e house, di feste gay e febbre del sabato sera: si sta plasmando una nuova realtà, profonda, spirituale, retta da principi da non violare. La musica elettronica inizia ad assumere i connotati di una religione, come è stato e sempre sarà in altri settori musicali, tanto da arrivare a valorizzare isole e città per le sue sole sonorità elettroniche, senza le quali probabilmente sarebbero state evitate: Detroit, Manchester, Ibiza. Nuovi epicentri di un nuovo divertimento mondiale. 
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25 anni. Romano. Letteralmente cresciuto nel club. Ama inseguire la musica in giro per l'Europa ed avere a che fare con le menti più curiose del settore. Penna di DJ Mag dal 2013, redattore e social media strategist di m2o dal 2019.

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