1991. Il mondo sta voltando pagina. Si parla già del 2000, gli anni ’80 sono finiti e si sono portati via la Guerra Fredda, il muro di Berlino, il glam rock, le pettinature cotonate, le spalline, gli yuppies e il reaganismo. I ’90 saranno un decennio transitorio, tutto sommato felice, relativo benessere, relativa serenità (certo, non provate a dirlo agli jugoslavi e agli albanesi che stavano sull’altra costa dell’Adriatico). Se il Novecento è il secolo breve, i suoi anni ’90 sono stati un limbo in cui molte cose sembravano possibili. L’Europa unita, gli scambi culturali, una rinnovata classe politica (soprattutto in Italia, dove assistiamo alla fine della Prima Repubblica e al terremoto di Tangentopoli). Nel 1991 le TV musicali erano una figata e passavano video stravaganti anche in fascia protetta – anzi, non esisteva la fascia protetta; al cinema, splatter e action movies regnavano incontrastati; nell’aria c’era voglia di musica nuova, che spazzasse via la plastica degli anni ’80. Così in quell’inizio di decennio si affacciavano alla ribalta l’acid jazz, il trip hop, tanto rap e soprattutto la dance, in molte forme diverse. È l’inizio di un mondo globalizzato, connesso dalle TV satellitari, dai primi cellulari e da lì a poco dall’evvento del web. L’immaginario messo in scena dal tour multimediale ZooTV degli U2. Come mai prima di allora, molte scintille sembrano accendersi contemporaneamente sullo scenario musicale mondiale.

Londra. La signora Thatcher ha portato una giovane generazione di inglesi sull’orlo di una crisi di nervi, e i ragazzi reagiscono occupando spazi dismessi ballando per ore una musica ossessiva e martellante sotto l’effetto di droghe. È l’epopea dei rave che segna una generazione e cambia il modo di concepire il divertimento. Gli anni degli smile, dei cappelli da pescatore, degli anfibi e delle sneakers da basket, degli accessori fluo e dei capannoni industriali adibiti a pista da ballo. Un cartone animato viene campionato su una base rave sporca e cattiva, finendo dritto al primo posto delle classifiche UK. Si tratta di ‘Charly’ ed è l’inizio della carriera dei Prodigy, e il manifesto della controcultura che invade radio e classifiche in tutta Europa. Paul Oakenfold, Pete Tong, Danny Rampling, Carl Cox sono i primi dj a diventare superstar internazionali.
Berlino. In Germania, la rave culture ha un significato sociale anche più profondo di quanto sta accadendo nel Regno Unito. Qui i ragazzi stanno scoprendo un mondo nuovo, sono messi davanti alle spaccature che quarant’anni di Germanie divise hanno provocato tra il ricco Ovest e il povero e grigio Est. La Love Parade sta diventando qualcosa di importante per davvero: un simbolo. Nel 1989 Dr. Motte organizza questa festa in strada, a Berlino, ci vanno circa 150 persone. Due anni dopo già in mezza Europa si parla di questa sfilata con i dj che suonano techno e trance, gratuita e votata alla causa della fratellanza, dell’unione, di un amore universale che ricorda in qualche modo i valori anticonformisti dei figli dei fiori ma senza tutte quelle pretese politiche. E forse, proprio per questa sua connotazione “neutrale”, il movimento rave ha ancora più forza eversiva. Si balla per restare uniti in un momento storico in cui il cielo sta cambiando, la musica diventa strumento di coesione, una colla culturale. Probabilmente è l’ultima volta in cui accade, fino a oggi, in maniera così profonda.

New York. Moby si inventa un inno come ‘Go’ campionando Angelo Badalamenti e la sigla de ‘I segreti di Twin Peaks’. La città sta attraversando un periodo di forti trasformazioni: la criminalità è in diminuzione e il fenomeno della gentrificazione contribuisce a ripulire interi quartieri dall’abusivismo e dalla clandestinità. New York e il New Jersey diventano protagonisti della scena house mondiale, grazie al contributo di musicisti afroamericani e caraibici che portano elementi inediti alla musica da club. Masters At Work, David Morales, Kerri Chandler, Roger Sanchez, Todd Edwards sono alcuni degli artisti che renderanno la house di quelle parti un classico della musica mondiale.
Milano. Dai microfoni di Radio Deejay Albertino si inventa un frullatore di due ore in cui passa musica mai sentita in radio: è il Deejay Time, che segnerà irrimediabilmente milioni di ascoltatori e dj nel nostro Paese. Tra i suoni italo-dance e quelli acidi della techno (il famoso hoover sound di Joey Beltram ribattezzato proprio da Albertino zanzarismo) la dance inizia a vivere una stagione irripetibile nel nostro Paese. A Roma (e in TV in uno storico sketch con Giuliano Ferrara) Lory D è l’alfiere della techno made in Italy. La stagione romana dei rave nei primi anni ’90 se la gioca con le più floride e importanti del panorama internazionale. I club della Riviera romagnola (Cocoricò, Ethos Mama, Baia Imperiale e molti altri) si impongono come alcune tra le realtà più rilevanti della mondiale, consacrando i dj italiani (Dj Ralf, Cirillo, Ricky Montanari tra gli altri) e diventando meta delle prime dj star internazionali.
Il 1991 è stato sicuramente un anno che ha segnato un inizio importante. Non solo di un decennio, ma di un’epoca che in parte si è spenta con gli inevitabili cambiamenti che sono accorsi da allora, ma che in parte ne è il fiore sbocciato, la prosecuzione. La dance ha conquistato definitivamente lo scenario musicale, ma è una rivoluzione nata in quegli anni; i primi cellulari sono diventati gli smartphone di oggi, e all’epoca erano visti come oggetti alieni. Il 1991 è stato un anno fondamentale per la dance, un anno di grandi dischi e di grande fermento. Era l’inizio di un periodo d’oro, era un momento di grande libertà creativa e probabilmente l’anno in cui i dj hanno iniziato davvero a diventare superstar.
11.01.2018