2001. Il pianeta Terra non è abbastanza avanzato tecnologicamente per essere fedele alla pellicola di Kubrick, ma il genere umano scalda comunque i motori per un ventunesimo secolo che inizia subito all’insegna di grandi cambiamenti sociali. Per la prima volta nella storia, in Olanda, vengono legalizzati i matrimoni tra coppie omosessuali; in Italia, la lira lascia ufficialmente il posto all’euro; negli Stati Uniti piovono aerei di linea sugli innocenti, Bush incolpa Osama Bin Laden e dà inizio alla caccia all’uomo. Il mondo cambia per sempre. Napster, software di scambio gratuito di file musicali, è forzato a chiudere, ma ha fatto in tempo a distruggere l’industria musicale per come la intendevamo prima di internet. Nel frattempo viene lanciato il primo iPod dalla fortunata Apple. Nasce Wikipedia e nelle sale esce ‘Final Fantasy’, il primo film con soli attori virtuali. Eminem, Jennifer Lopez e i Coldplay – questi ultimi freschi di debutto – dominano le charts, mentre Moby lancia il suo festival Area:One, che mette insieme Carl Cox, New Order, Paul Oakenfold e Nelly Furtado. Una sonda NASA scatta la prima foto a infrarossi della superficie di Marte: si farà chiamare ‘Mars Odissey’.
Amsterdam. Non lo sa, ma a pochi istanti da lui sta per avere inizio una vera e propria odissea. Non ci saranno ciclopi, isole e naufragi, ma stadi, radio chart e folle oceaniche. Ha ventidue anni, si chiama Tijs Michiel Verwest, il suo nome d’arte è Tiësto e nel 2001 esce il suo debut album, ‘In My Memory’. ‘In My Memory’ comprende alcuni di quelli che saranno i dischi più importanti della carriera dell’artista, tra cui ‘Obsession’, a cui ha collaborato Junkie XL, ‘Flight 643’ e ‘Lethal Industry’. Il ragazzo si era già fatto notare: negli anni ’90 le sue produzioni hardcore avevano attirato l’attenzione di diverse case discografiche e sempre negli anni ’90 decide di fondare la Black Hole Recordings, con la quale rimarrà legato fino al 2010, mentre nel ’98 fonda con Ferry Corsten il duo Gouryella, la cui omonima hit andrà a scalare l’airplay britannico. Seguono un paio di anni fortunati, anche per le collaborazioni con Armin Van Buuren, guadagnandosi non a caso, nel 2000, l’ingresso nella Dj Mag Top 100 Djs – alla sua terza edizione – in ventiquattresima posizione. Due anni dopo, ne sarebbe stato il capo indiscusso, segnando un dominio di tre anni che avrebbe lasciato il posto solo a Van Buuren. Gli ultimi anni precedenti al 2001 segnano per Tiësto un graduale passaggio dalle sonorità hardcore e gabber al nuovo filone elettronico che da un decennio ha conquistato il globo, dall’Europa alle spiagge di Goa, in India, e che l’olandese ha contribuito a consacrare come il pilastro di una nuova e maestosa era per la musica elettronica. Si chiama trance e ne vanno tutti pazzi.
La trance è stata la risposta al dominio europeo dell’house e techno; la riscoperta del sintetizzatore – in una nuova chiave melodica e romantica – come reazione al picco di popolarità di generi incentrati sull’uso del sample, accompagnata dalla cassa in quattro quarti e da un’accelerazione dei BPM che oscillano tra 125 e 150. I primi esperimenti si erano manifestati nel Regno Unito intorno al 1990 e furono ben accolti nelle varie sfumature psy e goa nelle annate successive, ma è agli sgoccioli del millennio che si inizia a parlare di commercial trance, ovvero la potente onda melodica che ha travolto non solo la scena clubbing europea ma anche le prime radio chart: contribuiscono brani come ‘Sandstorm’ di Darude, il remix di ‘Binary Finary’ ad opera dell’astro nascente Paul Van Dyk e Matt Darey, oppure ‘Cafe Del Mar’ di Energy 52, con gli ultimi due che fecero da colonna sonora alla stagione ibizenca del ’98 e spianarono la strada all’ingresso della trance nel pop insieme ad una serie di imprese musicali successive. Il tedesco ATB, con la sua ‘9pm (Till I Come)’ nel 1999 è primo nella classifica UK dei singoli più venduti, e ci va vicino anche l’anno successivo, mentre il duo belga The Airscape rielabora ‘Silence’ di Delerium e la rende una worldwide hit del 2000. E ancora: Madonna, nel 2001, sceglie un remix degli Above & Beyond per il video della sua ‘What It Feels Like For A Girl’.
Londra. La capitale britannica è più che mai il centro dell’universo se parliamo di dance, di clubbing e di dj culture. Tutte le tendenze e le mode sembrano confluire lì. Il successo di BBC Radio 1 con Pete Tong e i protagonisti del mitico Essential Mix. I Basement Jaxx si fanno conoscere al grande pubblico con due hit a cavallo tra underground e mainstream: ‘Where’s Your Head At?’ e ‘Romeo’, che mandano in orbita il loro secondo album ‘Rooty’. In Italia, il vessillo viene portato alto da Mauro Picotto, che mischiando il background techno con le influenze trance – accompagnato efficacemente dalla Media Records di Bortolotti – è arrivato a sedersi sul tetto del mondo con la celebre ‘Komodo’. Nel 2001 proprio Picotto stabilisce il record di posizione italiana più alta della Dj Mag Top 100 Djs, ovvero l’ottava. Un successo in controtendenza con la house che ancora domina i dancefloor del nostro Paese, più che mai popolare anche se in un momento di grande trasformazione tra i suoni raffinati della filtered house e quelli più duri della tech house che arriverà. Due successi da menzionare: la rivoluzionaria ‘La La Land’ di Green Velvet e la selvaggia ‘I’m So Crazy’ di Par-T-One, prodotta in un home studio riccionese ed esplosa in tutto il mondo.
Parigi. Il 2001 non ci parla solo di trance. C’è un altro assolutismo musicale nella scena: è quello dei Daft Punk. Dopo lo strepitoso successo di ‘Homework’, ancora oggi riconosciuto come forse il più rivoluzionario album elettronico della storia, il secondo capitolo del duo francese si chiama ‘Discovery’ ed esce proprio nel 2001. Qualcosa in loro è cambiato: indossano degli iconici caschi luminosi, parlano di sè come robot, suonano un genere musicale che mischia french house, disco e quello che sarà chiamato “synth pop”. Nelle discoteche, nella radio, nei raduni musicali di tutto il mondo risuonano ‘Harder Better Faster Stronger’, ‘Digital Love’, ‘Voyager’, ‘Aerodynamic’ e le immagini dell’allegato cartone Interstella 5555, ma il ruolo di successo planetario lo giocherà una certa ‘One More Time’. Registrata nel 1998, pubblicata nel 2000, questa non fu una hit, ma la hit. Un terremoto nella dance, un brusco cambio di rotta globale, un vero e proprio inno del nuovo millennio che proietta il duo nell’iperspazio della consacrazione definitiva. In un’ipotetica top ten dei brani più influenti della cronologia della crescita della club music, sarebbe impossibile non includere ‘One More Time’. I fan più fedeli storsero il naso: i Daft sembravano i messia di una nuova era della techno, le loro sonorità fuori dagli schemi e basilari di altri completamente nuovi non avrebbero mai fatto pensare ad una svolta pop dal successo così travolgente e indelebile.
L’alba del nuovo millennio è segnata da grandi cambiamenti e dalle prime grandi formi di tradimenti musicali: i puritani della trance non apprezzano la svolta commerciale del filone vocal e Tiësto che dalle magnifiche opere di fine anni ’90 nei primi del Duemila ne offre una versione più appetibile, progressiva, adatta alle grandi folle; chi aveva creduto nei Daft Punk come i rivoluzionari della techno non digerisce il video manga di ‘One More Time’ in televisione e rimpiange i tempi del basso di ‘Daftendirekt’. Nel 2002 si parlerà del fisiologico “declino della trance”, un inevitabile punto di saturazione che farà posto a nuove correnti ma non necessariamente a nuovi protagonisti. Gente come Tiësto, leggenda della Top 100, Armin Van Buuren, Above & Beyond e Paul Van Dyk sapranno adattarsi ai tempi modificando sapientemente le proprie sonorità – su tutti Tiësto – e i Daft Punk verranno presto riconosciuti come il duo più importante e influente degli ultimi vent’anni.
12.02.2018