2007. Romania e Bulgaria entrano a far parte dell’Unione Europea; Barack Obama annuncia la sua candidatura alla presidenza americana per il 2008. Il Medio Oriente è ancora squarciato dai conflitti post-11 settembre. In estate, l’Heineken Jammin’ Festival a Mestre viene travolto da una tromba d’aria, ci sono diversi feriti e di fatto questo incidente segna il tramonto di uno dei più importanti festival italiani degli anni ’90 e ’00. Muore Luciano Pavarotti, la più grande star italiana nel mondo. ‘Back To Black’ lancia Amy Winehouse nell’Olimpo della musica; Rihanna sboccia sulla scena mondiale con ‘Umbrella’; Timbaland è il producer di maggior successo al mondo. Ma l’avvenimento più importante dell’anno accade il 9 gennaio a San Francisco: Steve Jobs durante l’annuale conferenza Macworld presente iPhone, lo smartphone firmato Apple. Un apparecchio che rivoluzionerà la comunicazione e il mondo nei futuri dieci anni. Da allora nulla è stato più lo stesso: musica, video, produzione e distribuzione di contenuti passano per lo schermo di un telefono. L’utente diventa produttore di contenuti, autore e spettatore diventano la stessa cosa. Chiaramente tutto ciò rivoluzionerà anche la diffusione e la fruizione della musica, che già pochi anni prima aveva conosciuto la trasformazione del web e che sta vivendo un altro importante momento di metamorfosi: l’avvento dei social network. Se Facebook ha pochissimi anni di vita (è stato fondato nel 2004), Myspace è la piattaforma ideale per i musicisti e i producer, che possono trovare una comunità di scambio e una vetrina dove proporsi. Sono anni in cui molti artisti riescono a bypassare i vecchi percorsi discografici per arrivare a far sentire le proprie idee ai nomi più importanti della musica mondiale in modo diretto, proprio grazie a questo social.
Milano. Se Myspace spopola, è grazie ad esso che una manciata di artisti italiani si ritrovano al centro del mondo. The Bloody Beetroots, Crookers, Congorock non sono milanesi ma convergono sulla città lombarda che offre spazi e opportunità, in un momento storico in cui il clubbing tradizionale sembra essere ripiegato sui soliti nomi – specie per quanto riguarda la scena nazionale – e fatica a trovare un modo adeguato per fare refresh di stili e proposta. Così questa nuova generazione diventa protagonista di una scena che fonde hip hop, rock, punk, house. E sfruttando il web fa immediatamente il giro del mondo: blog, etichette e club sono strettamente connessi, e così artisti che vengono spinti da testate indipendenti si trovano programmati dalla BBC e chiamati a suonare nei club americani o nei festival australiani. Il mondo sembra improvvisamente piccolissimo. I Crookers passano in pochi mesi da un pubblico di venti persone a remixare i Chemical Brothers e a riempire il fabric di Londra e i mainstage dei festival; The Bloody Beetroots da Bassano Del Grappa vengono chiamati a pubblicare sulla Dim Mak di Steve Aoki e ai party di Los Angeles. Tutto sembra possibile.
Parigi. La stessa energia che è nell’aria in Italia porta al successo due francesi dal suono duro e spigoloso: i Justice firmano il loro disco di debutto e vengono catapultati sulle copertine delle riviste e sui mainstage di tutto il pianeta. Ma se la dance italiana è scossa da una vena creativa che frulla diversi generi, in Francia la componente electro è decisamente più evidente. SebastiAn, Para One, Brodinski, Kavinsky, la ballotta Ed Banger: un sound molto ben definito che diventa un French Touch 2.0, una cricca molto affiatata anche grazie alla presenza di un padre nobile come Busy P e alle grafiche di So Me che danno omogeneità ai video, alle copertine dei dischi e ai flyer delle serate. In tutto questo scenario, viene alla luce ‘Pop Life’ di David Guetta, album distante (ma in realtà non troppo) dall’estetica dei suoi conterranei, e primo grande successo di un dj che sta ridefinendo i canoni della musica pop e dance. Guetta non è ancora un nome di primo piano, ma sta coltivando la sua cosa e raccoglie le prime hit internazionali.
Londra. Switch e Diplo producono ‘Kala’ di M.I.A., pare che tra i due in studio si crei una certa alchimia, tanto che un paio di anni dopo daranno vita insieme al progetto Major Lazer. Separatamente, sono anche i principali interpreti della cosiddetta fidget house. Un fenomeno che parte dall’Inghilterra e che proprio con Switch e la sua label Dubsided contagia il mondo house prima di intamarrirsi esageratamente con i synth electro e finire in una spirale autoreferenziale che ne segnerà la fine. Ma nel 2007 la fidget è creatività pura, e riporta sul danceflor quel divertimento che sembrava mancare da tempo. Hervé, Jesse Rose, Trevor Loveys e gli altri della gang Dubsided segnano un tempo nuovo. E Diplo che c’entra? È americano e non fa parte del giro. O sì? Diplo è il perfetto contraltare di Switch, il lato pop della medaglia, così come la sua Mad Decent lo è di Dubsided. Dove Switch è smaccatamente britannico, un genio puro che se ne frega delle opportunità mainstream, Diplo è l’americano che interpreta la fidget come la chance di entrare nell’industria. E infatti la sua etichetta è paracula, facile, trasversale, e cavalca la fidget per arrivare a bussare alle porte del pop. Quel che è certo è che questi due, in modo diverso, hanno costuruito le fondamenta di ciò che sarebbe venuto dopo.
Pianeta Terra. Per la prima volta le cose accadono davvero contemporaneamente in molti posti del mondo, e il mondo lo sa in tempo reale grazie al web. Un produttore canadese con la mascherona da topo si affaccia sulla scena con il nome di deadmau5, e nel giro di un anno la sua fama sarà tale da farlo entrare alla posizione #11 nella DJ MAg Top 100 Djs. Esce ‘Untrue’ di Burial, album che diventa una pietra miliare della musica elettronica. I Daft Punk si inventano la piramide di ‘Alive 2007’, e i live dance cambiano per sempre (memorabile la serata del 12 luglio a Torino). Intanto Luciano, Ricardo Villalobos e Sven Väth dominano incontrastati il panorama di Ibiza e Berlino, insieme ai supereroi trance che ancora rappresentano il mainstream della club culture: Tiësto, Armin Van Buuren, Paul Van Dyk sono ancora i nomi più importanti.
05.03.2018