• LUNEDì 15 DICEMBRE 2025
Interviste

60 seconds with OMAKS

Il dj e producer francese, la sua ascesa nel mondo hard techno, la sua passione per YouTube ed il suo invito alla gentilezza, della quale sentiamo sempre più tutti la mancanza

foto: ufficio stampa OMAKS  

Nato a Parigi, felicemente residente a Lione, OMAKS è un nome in costante ascesa nel ranking mondiale dell’hard techno, con serate in ogni continente ed una serie di produzioni che lasciano sempre il segno, in particolare con la sua etichetta discografica ENERGIC, con il tempo sempre più declinata in tante serate da club e in diversi festival. OMAKS ama il suo lavoro e ama raccontarsi con dovizia di particolari, come si deduce dalle sue risposte, che stavolta durano molto più di 60 secondi.

 


Il primo disco che hai comprato?
Wow, bella domanda! Credo che il primo vinile che abbia mai comprato sia stato ‘Hurricane Fusion’ di Yannøu e Teksa (2019). L’ho preso nel leggendario negozio di vinili di Parigi, Techno Import. È quel vibe mental core puro, duro, grezzo, autentica energia da free party, proprio come piace a me. E sì, ce l’ho ancora a casa, orgogliosamente, nella mia collezione.

I tuoi idoli quando eri agli inizi?
Ce ne sono tanti, onestamente, ma amavo molto i FJAAK, un trio di Berlino. Ho sempre percepito da loro un’energia particolare, come se fossero lì tanto per la musica quanto per il puro piacere di stare insieme, far serata con gli amici e condividere tutto quanto con il pubblico. Quel mix di amicizia e passione era unico. Li ho visti a un festival a Parigi nel 2017, e mi hanno segnato così tanto che me li sono tatuati sulla pancia. Un ricordo folle, quella fusione perfetta tra stare con la tua crew e fare ciò che ami.

Se non fossi diventato un dj adesso saresti…
Credo che sarei comunque nel mondo della musica e degli eventi. Dopo il liceo ho studiato event management, settore che ho sempre apprezzato: organizzare cose, far incontrare le persone per farle divertire. Quindi sì, probabilmente sarei finito a lavorare nella produzione di eventi culturali o musicali, qualcosa del genere. In ogni caso sarebbe stato qualcosa legato ad unire le persone e creare progetti che riuniscano migliaia, perfino decine di migliaia di persone grazie alla musica, che è cultura nel senso più nobile del termine.

Che lavori hai fatto prima di diventare una musicista ed una producer a tempo pieno?
Un sacco di lavori diversi! Lavoravo in un magazzino facendo consegne, scansionando prodotti e portando la spesa direttamente alle auto dei clienti. Ho lavorato in panetterie e pasticcerie, ho passato circa due anni e mezzo al McDonald’s e ho fatto anche un po’ di ristorazione. Poi è arrivata la musica. Durante il Covid, lavoravo ancora da McDonald’s, ed i lockdown mi hanno dato lo spazio per fermarmi e capire che cosa volessi fare davvero. Mi sono dato due anni per provare a farcela nella musica. Quindi a 21 anni ho lasciato il lavoro e mi ci sono buttato completamente. Per questo non ho fatto tantissimi lavori, ma qualcuno sì, prima che tutto decollasse.

La cosa più pazza che hai fatto con i primi soldi guadagnati con la musica?
Dipende da che cosa si intenda per folle, perché per me tutte le mie spese negli ultimi tre o quattro anni le ho fatte per la musica. L’investimento più grande di recente è stato costruire il mio show All Night Long, che ha richiesto molti soldi e prima ancora comprare i miei CDJ-3000. Al di fuori dalla musica, non ho fatto spese folli. Non ho ancora la patente, quindi niente auto di lusso o orologi costosi. Forse i vestiti, sì: la moda è probabilmente dove spendo di più oltre alla musica. Ma onestamente, ogni volta che inizio a guadagnare un po’, il mio primo istinto è reinvestire tutto nei miei progetti invece che sprecarlo in cose a caso.

La tua serie tv preferita?
Non guardo quasi più la tv tradizionale, ma seguo soltanto le piattaforme. L’ultima volta che guardavo davvero la tv era quando ero fidanzato, e si seguivano game show tipo Koh Lanta, Pékin Express, Top Chef, ci passavamo un sacco di tempo. Per quanto riguarda le serie vere e proprie, non posso dire di seguirne tantissime. Sono anni che preferisco YouTube, quindi non faccio grandi maratone di serie. Se però parliamo di serie in streaming, direi South Park, altrimenti Black Mirror, sicuramente. Ho visto tutti gli episodi e potrei riguardare all’infinito le prime due stagioni. Mi colpiscono sempre.

I tuoi hobby?
Al di fuori della musica, sono un grande fan di YouTube. In Francia abbiamo una scena YouTube fortissima, e adoro poter passare da un documentario sportivo – come quello sul maratoneta che ha superato la barriera delle due ore –  a video di gaming della Rocket League, a contenuti di intrattenimento come Squeezie, oppure talk show come Popcorn. Posso guardare di tutto; ci passo un sacco di tempo. Amo rilassarmi sul divano alla fine della giornata. È la mia cosa preferita. E ovviamente dedico il mio tempo libero a stare con gli amici, anche se è difficile con il mio ritmo, tra compleanni e serate perse nei weekend: cerco di recuperare durante la settimana quando posso. E sì, anche la moda è un mio hobby. Mi piace vestirmi in modo diverso, trovare nuovi stili, esprimermi attraverso i vestiti: ho tante piccole passioni, ma onestamente la maggior parte del mio tempo è per la musica e YouTube.

Il tuo rapporto con i social?
Il mio rapporto con i social, anche prima che mi dedicassi al 100% alla musica, era già molto spontaneo: ero il tipo che pubblicava stories e condivideva pezzi della propria vita quotidiana. Quindi, a differenza di molti, mi piace questa parte del lavoro: mi piace mostrarmi, inventare strategie per raggiungere più persone, trovare modi per farle connettere alla mia musica. Ho un sacco di idee, e gestisco tutto da solo su Instagram: niente community manager! Detto ciò, ultimamente è diventato tutto più grande e impegnativo. I post devono essere di qualità più alta, richiedono tempo, e può diventare stressante stare dietro a tre post tosti a settimana: tra creare i visual, scrivere le caption, ripostare le stories in modo coerente con la mia direzione artistica… ci vogliono tempo ed energie. Questo è probabilmente l’unico lato negativo dei social: a volte sono stanco di preparare tutti i contenuti della settimana, ma quando c’è da farlo, c’è da farlo e cerco di ricordarmi che i social sono soltanto un bonus: il focus resta la musica, ciò che esce dalle casse e arriva alle orecchie della gente. Nel complesso comunque mi trovo bene con i social: ero già dentro nel meccanismo, quindi è stato naturale continuare ed ora che lo faccio per qualcosa di positivo, qualcosa che aiuta il mio progetto a crescere e durare e quindi non posso lamentarmi. L’unica parte difficile è il ritmo costante, l’essere sempre attivo, con contenuti che devono migliorare continuamente.

Che cosa ti piace e non ti piace del tuo lavoro?
Nel mio lavoro ci sono molte più cose che amo rispetto a quelle che non amo. Quello che preferisco è l’essere in contatto con le persone: incontrare facce nuove ogni weekend, condividere la mia visione artistica con un grande pubblico e far scoprire alla gente nuova musica: questi aspetti umani e sociali sono quelli che mi guidano davvero. Adoro anche la libertà che questo lavoro dà: passare la settimana a casa a lavorare sul progetto, e poi viaggiare per il mondo nei weekend: è un equilibrio incredibile; per me si adatta perfettamente alla mia personalità: calmo e tranquillo durante la settimana, pieno di energia e movimento quando arriva il weekend. E il fatto che ovunque si vada, è come se tra tutti ci si conoscesse già: assurdo! Se devo menzionare un lato negativo, lo rinvengo nel viaggiare. Ritardi, voli all’alba, coincidenze una dopo l’altra, quelle notti in cui si va direttamente dal club all’aeroporto… tutto questo è snervante: non c’è molto altro che definirei negativo. Forse è per questo che amo così tanto questo lavoro.

Il tuo pregio ed il tuo difetto?
I miei punti di forza e le mie debolezze sono un po’ la stessa cosa. La mia forza più grande è la mia capacità di controllo: porto ogni dettaglio alla perfezione, ma è anche la mia debolezza maggiore, posso impazzire per un visual, una parola, una transizione, faccio fatica a passarci sopra. Sono anche un grande overthinker: analizzo tutto, sempre. Questo mi rende acuto, ma è anche snervante; faccio fatica a stare sul momento, perché la mia mente è già proiettata sul prossimo passo. Sono anche esigente, forse troppo, con me stesso e con chi lavora con me: non sopporto la mediocrità, quindi a volte posso sembrare freddo o distante, ma in realtà è perché voglio che tutto sia all’altezza degli sforzi e dell’impegno che ci metto. Allo stesso tempo però sono sempre sorridente, rispettoso, e cerco davvero di far sentire bene chiunque mi sia accanto; quando qualcuno entra nel mio mondo, faccio del mio meglio per rendere tutto leggero, piacevole, a dimensione d’uomo. Ed infine ho un rapporto particolare con il successo: sento sempre che non è mai abbastanza, che dovrei fare di più, anche quando tutto va alla grande. Tutto ciò è estenuante, ma è anche ciò che mi fa andare avanti. In sostanza, voglio sempre fare tutto bene, dare il massimo, trattare bene le persone, mantenere l’energia positiva, anche se a volte questo significa logorarsi un po’.

Che cosa suggerisci ai giovani che vogliono diventare dj e producer?
Siamo fortunati, nel 2025 abbiamo accesso a tantissimi tutorial. Guardateli a raffica, rendete appunti se serve, non guardate passivamente: cinque secondi alla volta, copiate ciò che si fa, sperimentate. E ascoltate un sacco di musica: di solito, se vuoi diventare produttore, è perché si ascolta già tanta musica,  ma dovete imparare a smontare le tracce, capire come sono costruite, senza aver paura di imitare altri artisti all’inizio: copiandone diversi, svilupperete naturalmente il vostro suono. Non è facile, lo so. Vedo tante persone attorno a me che lavorano duramente da anni e non riescono ancora a rompere le barriere, ad arrivare a quel livello grazie al quale si può vivere di questo lavoro senza l’ansia dei pagamenti. Serve resilienza. Si deve combattere, e anche capire che serve costruire una piccola community, riunire persone che credono in ciò che si fa. Ed infine una cosa semplice ma fondamentale: siate gentili. Alcune persone hanno talento ma non raggiungono mai il successo che meritano perché non trattano bene chi lavora con loro. Riassumendo: siate gentili, affamati, non abbiate paura di lavorare duro e non esitate a chiedere consigli e a circondarvi di persone motivate. È così che si cresce.

L’errore che non rifaresti?
Un errore che non rifarei? Bere un po’ troppa vodka polacca con i promoter a Cracovia e perdere il volo la mattina dopo! Non sono abituato ai superalcolici, quindi è stata sicuramente una lezione da tenere a mente durante i tour!

La scelta migliore della tua vita?
Credo che la decisione più intelligente che abbia preso finora sia stata trasferirmi da Parigi a Lione nel 2021: è cambiata la mia vita. Ho incontrato una donna con la quale sono stato tre anni e mezzo, che mi ha davvero aiutato a crescere, personalmente e professionalmente; ho trovato anche la mia prima etichetta, Neo Records ed un gruppo di amici stretti che sono ancora con me e che sono eccezionali. È a Lione che ho fatto il mio primo set in un club, pubblicato il mio primo EP e costruito davvero le basi della mia carriera; questo trasferimento è stato il punto di svolta: senza, non avrei la stabilità e la solidità che ho oggi. Quindi sì, guardandomi indietro, andare da Parigi a Lione è stata sicuramente la scelta migliore che abbia fatto finora.

 

 

Articolo Precedente
Dan Mc Sword
Dal 1996 segue, racconta e divulga eventi dance e djset in ogni angolo del globo terracqueo: da Hong Kong a San Paolo, da Miami ad Ibiza, per lui non esistono consolle che abbiano segreti. Sempre teso a capire quale sia la magia che rende i deejays ed il clubbing la nuova frontiera del divertimento musicale, si dichiara in missione costante in nome e per conto della dance; dà forfeit soltanto se si materializzano altri notti magiche, quelle della Juventus.
La tua iscrizione non può essere convalidata.
La tua iscrizione è avvenuta correttamente.