Foto di Claudia Ferri
Robusti studi d’arte alle spalle, resident al fabric di Londra da sempre, Craig Richards non è soltanto un dj, ma un vero e proprio storyteller versatile e meticoloso, capace di proporsi anche come direttore artistico di festival piuttosto che curatore di mostre di pittura. Dallo scorso anno presenta alla Fondazione Prada di Milano il progetto “I want to like you but I find it difficult”, appuntamento che torna per l’ultima volta quest’anno venerdì 27 settembre. Insieme a Richards, venerdì 27, Floating Points, Ben UFO e Colleen.
Il primo disco che hai comprato?
‘Ghost Town’ di The Special.
Il tuo idolo quando eri agli inizi?
Un dj molto elegante con una fantastica collezione di dischi reggae. In seguito ho avuto modo di apprezzare molti dj, e di capire che non importa essere famosi, ma avere sempre buoni dischi da proporre al proprio pubblico.
Se non fossi diventato dj adesso saresti…
Ho non mai aspirato a diventare un dj, è semplicemente successo. In realtà io sono un pittore, ho studiato per diventarlo e forse non ho mai smesso di esserlo.
I tuoi hobby?
Il collezionismo. Colleziono in particolare dischi, libri e vestiti vintage. E amo molto camminare a Londra di notte.
Le tue serie tv preferite?
Preferisco i film in bianco e nero, anche se non guardo molto la tv.
Che cosa ti piace e che cosa non ti piace del tuo lavoro?
Come tutti – credo – amo suonare la mia musica e far felice il mio pubblico. Come tutti – penso – odio viaggiare così tanto tra una serata e l’altra.
Il tuo rapporto con i social?
Assai limitato.
Come trascorri il tuo tempo tra un volo e l’altro?
Sino a tre mesi fa, bevendo parecchio. Con la ritrovata sobrietà e un nuovo paio di occhiali nuovi, impiego i tempi morti in aeroporto dedicandomi alla lettura.
Un errore che non rifaresti?
Troppi per indicarne uno soltanto. Spero che ogni sbaglio che ho commesso abbia contribuito a rendermi un uomo migliore.
La scelta migliore della tua vita?
Andare a scuola.
13.09.2019