Foto: Instagram @shablo
Parli di Shablo e fai fatica a definirlo. Fossimo in America, gli calzerebbe a pennello la splendida definizione di larger than life, uno di quelli che spaziano in mille attività diverse e riescono ad eccellere in ognuna. E in effetti la carriera di Pablo è proprio così: dj, beatmaker, producer, booker, manager, direttore artistico, frontman. Shablo nella sua lunga parabola artistica è stato (ed è) praticamente in ogni ruolo della filiera, da quando l’hip hop era un cult per pochi fino al grande successo degli ultimi dieci anni.
Shablo c’era, Shablo c’è. E sicuramente la sua grande esperienza, gli obiettivi raggiunti così come la lunga gavetta in un mondo che è stato a lungo underground, sono stati passi su cui consolidare una capacità artistica e creativa che gli ha poi permesso di fare un clamoroso all-in quando il rap e il mondo sono diventati il mainstream. Come dire: si è fatto trovare pronto.
Ma questa è solo una chiave di lettura, o perlomeno una lettura parziale. Perché poi in questo mondo affollato e sgomitante bisogna saperci restare, e al top. Shablo è lì, e se per anni ha lasciato un poco da parte la sua vena strettamente artistica per consolidare invece il lato pratico, quello manageriale e produttivo, nell’ultimo anno si sta molto divertendo a fare l’artista, il frontman di un progetto che l’ha visto portare a Sanremo una chicca come ‘La Mia Parola’, una dichiarazione d’amore per la musica black tutta, e l”achievement di portare su quel palco gente che se lo meritava da protagonista, come Gué, Tormento, Neffa – e Joshua, chiaramente, meno leggendario dei suoi colleghi ma altrettanto bravo. E poi portando avanti il discorso con il nuovo album uscito a inizio luglio, ‘Manifesto’, una vera summa della cultura black: hip hop, r’n’b, jazz, latin, afrocuban e tutto quello che potete immaginare quando pensate alla galassia musicale nera.
In ‘Manifesto’ ci sono ovviamente tanti featuring, tante voci, perché Shablo è un producer, ma spesso ci sono nomi ricorrenti e i pesi massimi si alteranano a newcomer, proprio perché il progetto è solido, ragionato con una sua coerenza e non una raccolta di figurine. Shablo, dicevamo, si è voluto divertire, ha voluto regalarci la sua anima più profonda e togliersi lo sfizio di fare un disco figo per essere figo, senza la ricerca ossessiva delle hit (non ne ha bisogno) e senza inseguire ogni trend possibile. Shablo è il trend, mica lo segue. E quindi ecco Gué in diversi episodi, così come Tormento e Joshua, i veri playmaker intorno a cui gira l’album. Ma anche Neffa, Ele A, Rkomi, Gaia, Ernia, Irama, Noyz, Nayt, Inoki, il canadese Roy Woods, i belgi Yellowstraps, la vincitrcie di X-Factor Mimì e TY1. Da menzionare anche Luca Faraone, storico collaboratore di Shablo, che ha avuto come sempre un ruolo di primo piano.
‘Manifesto’ è un album da godere, e il nome racchiude tutto quello che abbiamo descritto: la voglia di fare ciò che si ama, e l’amore per la musica che ha segnato tutta la vita di questo artista. Non male. E merce rara, di questi tempi. Shablo porterà il disco in tour durante questa calda estate, seguite i suoi social per vedere dove e quando, considerando che Joshua, Mimì e Tormento saranno sempre sul palco con lui e che spesso ci saranno delle sorprese.
06.07.2025