Foto: Enrique Meesters
Amsterdam si conferma capitale indiscussa della cultura elettronica globale e l’Amsterdam Dance Event lo dimostra con una tempistica significativa: prima ancora che si spengano gli ultimi riverberi dell’edizione 2025, l’organizzazione annuncia le date della trentesima edizione, fissata dal 21 al 25 ottobre 2026. Una scelta che tradisce sicurezza e visione strategica, elementi sempre più rari in un’industria caratterizzata da accelerazioni improvvise e programmi definiti all’ultimo momento. La manifestazione olandese ha chiuso l’edizione 2025 con cifre che ridefiniscono gli standard di settore: 600mila visitatori, quasi 3400 artisti distribuiti su oltre 1200 eventi in più di 300 location sparse per la città. Numeri che potrebbero apparire sterili se non riflettessero una complessità organizzativa e una diversificazione di contenuti che vanno oltre la semplice quantità.
Il programma di quest’anno ha evidenziato una stratificazione di generi e sottogeneri che attraversa l’intero spettro della musica elettronica, dalle grandi produzioni alle realtà underground più radicali. Gli eventi di apertura hanno dato il tono a una manifestazione che ha saputo bilanciare esperienze massive come quella di Klangkuenstler allo Ziggo Dome e Awakenings nella nuova sede del SugarFactory, con proposte decisamente più di nicchia ospitate in spazi come SkateCafe, Garage Noord, RAUM, Klaproos, Tilla Tec, Studio Wieman, Lofi e De Bajes. Particolare risalto ha assunto l’evento definito “black queer church” denominato PRAISE, realizzato da Honey Dijon in collaborazione con Audio Obscura presso la Nieuwe Kerk, testimonianza di come la manifestazione integri sempre più elementi di crossover culturale e inclusività programmatica.
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La componente conference ha registrato significativi upgrade strutturali con l’introduzione della venue Pro presso il Rosewood e il trasferimento dell’ADE Lab alla Westergas, modifiche che hanno generato nuove opportunità di networking e un’esperienza immersiva rinnovata per le nuove generazioni di professionisti. Il programma ha visto la partecipazione di artisti, founder e rappresentanti business di primo piano tra cui Skepta, KI/KI, Eris Drew, Chris Stussy, TxC, ANNA, Chris Liebing, affiancati da realtà corporate come Google DeepMind, Epic Games, SoundCloud, Spotify, COLORSxSTUDIOS, Helix Records, Sony Music e Tomorrowland Brasil. Una composizione che rivela l’intreccio sempre più stretto tra dimensione artistica, tecnologica e industriale.
Daouda Leonard, manager e direttore creativo per artisti del calibro di Grimes, DJ Snake e Skrillex, nonché fondatore di Createsafe, offre una prospettiva illuminante sulle dinamiche manageriali contemporanee. Lo abbiamo incontrato. E dice: “Il mio approccio si fonda sulla costruzione di un team dedicato e sulla capacità di lavorare parallelamente su connessioni e necessità degli artisti, un metodo che considera lo scouting come conseguenza naturale di un ecosistema relazionale ben strutturato”. Leonard sottolinea l’importanza di comprendere il valore delle persone con cui si collabora, ponendo le opportunità davanti al ritorno economico immediato.
“La mia visione supera il management tradizionale per esplorare nuove modalità operative orientate al digitale e al gaming, territori che considero fondamentali per l’evoluzione del ruolo manageriale nell’elettronica contemporanea”. Sul fronte del co-branding, Leonard evidenzia come sia “essenziale che un artista sviluppi un proprio brand coerente con la propria identità artistica, pur riconoscendo l’assenza di intermediari strutturati tra grandi aziende e scena elettronica”. I dj di primo piano vengono cercati direttamente dai brand, mentre per le realtà più underground la dinamica rimane legata a target specifici e allineamento valoriale. Il marketing, secondo Leonard, deve possedere un’utilità funzionale che diventi intelaiatura per il business, con tutto ciò che ne consegue in termini di gestione complessiva.

Jeroen Fontein di Audio Obscura introduce una prospettiva complementare focalizzata sull’esperienza immersiva. Abbiamo incontrato anche lui. “La scelta delle location non risponde esclusivamente a considerazioni emotive ma integra valutazioni logistiche precise, mentre la vera sfida consiste nel pensare simultaneamente sound ed esperienza complessiva. Per questo Audio Obscura si avvale di Unfold, società specializzata che opera costantemente sull’ampliamento delle collaborazioni e sta sviluppando sistemi di membership che aprono la struttura anche ad altri musicisti”. Fontein differenzia la comunicazione su target multipli: “Come? Lavorando sulla condivisione e identificando momenti chiave strategici”. L‘interesse per il mercato italiano emerge con chiarezza: Audio Obscura sta operando per sbarcare istituzionalmente da noi per sviluppare attività di booking, mentre per il 2026 i piani si concentrano sul consolidamento olandese prima dell’espansione nel resto d’Europa.

L’intensità della manifestazione si misura nella capacità di bilanciare esplorazione e consolidamento. Non si tratta soltanto di stabilire nuovi contatti ma di rinsaldare accordi precedenti, confermare intese già avviate, costruire quella continuità operativa che spesso manca in contesti frammentati. Il confronto con operatori stranieri offre una prospettiva indispensabile per comprendere le dinamiche internazionali del mercato, mentre il dialogo con colleghi italiani assume valore particolare in questa cornice. Progetti tricolori possono rappresentare opportunità concrete per avviare iniziative che dall’Italia guardino al contesto internazionale, con un approccio caratterizzato da modestia metodologica e attenzione professionale.
Oltre l’IA: al festival si parla di editoria, ma la tecnologia resta un tabù di fondo. C’è un’assenza che pesa, nei panel e nei dibattiti: quella di una riflessione strutturata sull’intelligenza artificiale. Non che il tema sia stato completamente evitato, sia chiaro. È emerso, ma sempre in modo indiretto, quasi di sfuggita, contestualizzato all’interno di altri argomenti, come quello editoriale. Eppure, sarebbe stato necessario un panel dedicato, un momento di approfondimento che andasse oltre la superficie e la semplice citazione di app generative, ormai diventate parole d’ordine alla moda. La vera questione, infatti, non è ripetere il mantra “IA” ma esplorare con coraggio l’universo più ampio delle nuove tecnologie e il loro impatto concreto su tutta la filiera: produzione, distribuzione, editoria.
I trend. Sono questi i piccoli tasselli che, se analizzati, avrebbero rivelato un quadro complesso e in movimento. Invece, si è preferito dare per scontato un futuro in cui l’intelligenza artificiale sarà onnipresente, dalla domotica all’internet delle cose, senza interrogarsi criticamente sul presente. Ma il festival non è stato solo questo. Tra una discussione e l’altra, si sono fatti spazio anche i trend musicali, con i loro cicli e controcicli. Segnali di un cambiamento in atto: la afro house registra una leggera flessione, forse per un affaticamento del pubblico, mentre la tech house, ormai completamente assimilata dal mainstream, sembra aver esaurito la sua carica propulsiva. A prendere il sopravvento è un ritorno di fiamma della hard techno, un genere che sta cercando con forza nuovi sbocchi e linguaggi, riaffermando la classica matrice techno ma con una spinta evolutiva. E, soprattutto, si annuncia un rinnovato interesse per la House music, in tutte le sue sfumature. Attenzione, però: questa proliferazione di generi non è un semplice ritorno al passato. È piuttosto il terreno fertile per la creazione di micro-generi, nicchie che troveranno spazio e visibilità sulle varie piattaforme di ascolto, ramificandosi in un ecosistema sempre più frammentato e iper-specializzato. La sensazione, a caldo, è che mentre la musica corre veloce verso nuove sperimentazioni, il dibattito culturale e tecnologico fatica a tenere il passo, rifugiandosi in territori più sicuri e già mappati. Un’occasione mancata per andare oltre il già noto.
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Dal 1996 al 2026, tre decenni durante i quali ADE è cresciuta fino a diventare il terreno di coltura più influente per la musica elettronica, costruendo il framework che ha aiutato un genere emergente a essere riconosciuto globalmente come forma d’arte e business prospero, fino a trasformarsi nell’immensa industria globale contemporanea. Per il trentesimo anniversario, l’organizzazione annuncerà nei prossimi mesi vari special, iniziative ed eventi collegati alle celebrazioni. La dimensione temporale assume rilevanza strategica quando si costruiscono progetti di medio e lungo termine, e ADE dimostra di possedere quella visione che trasforma un evento in un ecosistema permanente.
La morale che emerge da un’edizione così stratificata risiede nella capacità di coniugare scala e profondità, massa e nicchia, business e cultura, costruendo uno spazio dove la musica elettronica non è soltanto celebrata ma analizzata, discussa, progettata. Amsterdam per cinque giorni diventa laboratorio dove il futuro dell’industria prende forma attraverso incontri sostanziali, confronti concreti, relazioni professionali durature che superano la superficialità degli eventi di settore per restituire al networking la sua accezione originaria di costruzione condivisa.
06.11.2025




