Agronomist degli Smania Uagliuns ha pubblicato il 2 febbraio un pezzo prodotto da HLMNSRA, producer italiano da anni londinese d’adozione. In passato, Londra ha ospitato anche Agronomist, e la capitale britannica è un po’ il fil rouge che unisce le loro diverse esperienze e crescite musicali. Nel periodo condiviso a Londra, i due sono diventati amici tramite la musica, frequentando party underground e squat a Shoreditch, Elephant and Castle e BrickLane. Un’altra Londra, sicuramente, dove Skepta era ancora un artista underground e Stormzy un ragazzino sconosciuto, vista da due musicisti immigrati che hanno poi preso strade diverse fino a riunirsi in questa ‘Hyp Blog’: RA collabora con la scena grime britannica mentre Agronomist è tornato in Italia, diventando parte degli Smania Uagliuns e artista solista ormai noto.
Racconta Agronomist: “sono andato a Londra per per “svuotare la cache” e tornare differente, arricchito e con nuovi punti di vista, e principalmente per studiare. Infatti, nonostante i bagordi, le serate e tutto il resto, ho ottenuto un certificato Cambridge di Inglese, livello madrelingua. Sono rimasto a Londra un anno circa e ho lavoricchiato anche in uno studio di registrazione come factotum, dove giravano parecchie band. Ho conosciuto HLMNSRA proprio grazie alla musica, non ricordo se ci ha messi in contatto Davide Shorty o qualcun altro, comunque il discorso era: “c’è un tipo siciliano che sta a Londra e spacca, dovreste conoscervi.” Poi da lì ci siamo scritti su Facebook, lui mi disse che conosceva gli Smania Uagliuns. Appena possibile ci siamo beccati, la prima volta se non erro a Brick Lane. Abbiamo iniziato a frequentarci, andavamo in posti variopinti come noi: Shoreditch, Brick Lane, East London in generale, ma anche Sud, Camden, Elephant and Castle. Ricordo un party abusivo in una casa squattata a Shoreditch, uno dei party di Nihilism, crew di Dj Impro e Katzuma aka Deda. E serate in un quartiere sperduto e qualche live dove c’era anche Shorty, tipo al Jazz Café, gig di Bilal o degli Hocus Pocus. In Italia stava per scoppiare la dubstep, ma a Londra già dicevano che erano saturi, passava in radio, per intenderci, da molto tempo. Rispetto all’Italia c’era un enorme gap per cui le tendenze, i sound, gli stili arrivavano circa 2-3 anni prima che da noi. Ora si è un pelino livellata la faccenda, ma ancora ci portiamo sulle spalle un po’ di “terzo mondo musicale e stilistico”. La radio poi colpiva molto, lì anche sulle stazioni più popolari passavano elettronica, dubstep, indie rock, hip hop. Differenze piuttosto clamorose. Tuttora c’è molto appiattimento nelle radio italiane”.
Gli fa eco HLMNSRA: “sono arrivato nel 2009 e sostanzialmente da allora è tutto cambiato. Da terra dell’inclusione e delle speranze a terra del Brexit, del permesso di soggiorno, della chiusura e del cancelliere Rishi Sunak che consiglia agli artisti di trovarsi un “lavoro vero”. Con Agronomist era sempre sbronze barbare e scorribande, ai tempi non avevo molto equipment per fare session musicali. Shoreditch pulsava di eventi musicali, beat night e rap ovunque. I primi anni l’attività dal vivo era molto più intensa. L’arrivo della trap ha stravolto il mio modo di creare musica, nonostante non avessi accettato la faccenda inizialmente, dato il mio background da rappuso retrogrado, ma superato lo scoglio iniziale mi sono sempre più dedicato all’attività in studio e di beatmaking, slegato dalla necessità di suonare dal vivo. Non sono stato mai tanto interessato al grime in quanto movimento a sé stante ma mi è sempre venuto naturale associarlo al modo che gli inglesi avevano di fare rap. L’evoluzione del genere è stato sempre correlato appunto all’evoluzione della musica elettronica UK: bass, dubstep e drum and bass e afro beats. Negli ultimi anni invece, il fenomeno UK drill ha dominato le sonorità dei quartieri, delle case popolari, degli studi di registrazione”.

E poi parla di ‘Hype Blog’, il pezzo prodotto per Agronomist: “Enzo è un madvillain, un giocoliere verbale e un incredibile creativo. Ha il soul e il funk innestato nel cervello e nel contempo ha sempre qualcosa che va avanti anni luce. La delivery di questo pezzo mi porterebbe a chiamarlo Andrenzo 3000. Certamente la scena elettronica italiana è molto presente in UK, dall’italo disco alle cose più sperimentali. Per quanto riguarda il rap, grazie alla presenza massiccia di italiani, capita di trovare qualcuno che conosca Sfera Ebbasta ma si tratta sempre di gente che ha co-inquilini italici. Il problema del rap italiano è secondo me legato, più che ad una scarsa originalità, al limite proprio di una lingua che parliamo solo noi”.
Agro invece ce ne racconta il lato più personale: “Sicuramente è un concetto che può estendersi a tutto il mercato, ma raffrontandomi con l’Italia, sono ispirato soprattutto da questo. Si parla appunto del mettere spesso la musica in terzo – quarto piano per considerare quasi esclusivamente i trend, ciò che blog X e tizio Y dicono sia fico e giusto ascoltare. Like, fan e opinionismo a prescindere, fatto di hype per i nuovi arrivati chiacchierati, a priori dalla loro sostanza e qualità, spesso, dettato solo dal clamore e dai ganci che questi hanno con blog, label, dai loro follower più che dalla loro arte. Io non ho mai permesso a degli influencer o a un blog di dirmi cosa ascoltare, ho sempre esplorato anche ciò che non veniva mostrato in vetrina, la diversità, l’andare proprio fuori da tali trend. Non ripaga in termini di algoritmo, ma ripaga in termini di coscienza e arte”.
11.02.2021