• MARTEDì 06 GIUGNO 2023
Interviste

Per Alan Braxe la nuova musica passa anche dall’AI

L’ondata French Touch è solo un ricordo ma la ripubblicazione di ‘The Upper Cuts’ è un forte segnale per il rilancio di un genere in cerca di consolidamento. Perché per il dj francese la house music ha ancora molto da dire. Magari anche attraverso l’intelligenza artificiale

Quando hai fatto una hit mondiale come ‘Music Sounds Better With You’ con degli amici stretti come Thomas Bangalter (Daft Punk) e Benjamin Diamond, quando hai messo le mani su Britney Spears per curarle il maquillage di un singolo come ‘Anticipating’, significa che come dj e produttore nella vita hai fatto molto. E ti devi reinventare. Devi quasi remixare te stesso. Alan Braxe deve essere in questa fase.

Lo dimostrata la voglia di celebrazione della raccolta ‘The Upper Cuts’, un classico del 2005 rimasterizzato da zero a quattro mani con il socio di sempre Fred Falke e pubblicato il 31 marzo per la indipendente Smugglers Way. All’interno anche un inedito, ‘Never Coming Back’, cantata da Annie e pronta ad affiancarsi alle nuove versioni di tracce leggendarie come ‘Intro’, ‘Rubicon’ e ‘In Love With You’, al remix di ‘At Night’ degli Shakedown, alla citata ‘Music Sounds Better With You’ degli Stardust e a tantissime altre.

 

Alan Braxe ricorda dei quasi vent’anni tra l’uscita originale di questa compilation. Rimembra le emozioni al solo sguardo della copertina e allo scorrere della tracklist. Gli tornano in mente una raffica di ricordi, “flashback istantanei di puro divertimento”. Delle nottate passate in studio a incidere e ad attendere il corriere per consegnare il master finale. Tutto per della musica “fatta con un forte spirito casereccio”. E così, Alan Braxe, in occasione della ripubblicazione di ‘The Upper Cuts’, torna a parlare. Spiegando il perché, anniversario a parte, di questo progetto discografico così particolare, così underground nei numeri ma nello stesso tempo mainstream visti i nomi coinvolti. L’idea è venuta a Peter Berard di Domino per Smugglers Way, che voleva immettere nuovamente sul mercato il progetto. Peter ha notato che la versione originale era molto difficile da trovare, quindi ha pensato di renderla nuovamente disponibile su vinile e anche su tutte le piattaforme, che non esistevano ancora quando uscì la prima edizione. Fortunatamente, i brani ancora oggi potevano essere in linea con quello che va. Insieme, abbiamo pensato a una nuova uscita ma con un artwork aggiornato e del materiale in più.

 

Chi ha supervisionato il mastering? L’intervento è stato fatto in analogico o digitale?
Il mastering originale della maggior parte dei brani fu fatto da Nilesh Patel con attrezzatura analogica. E anche la rimasterizzazione è stata fatta da Chab a Parigi con lo stesso metodo. Ha fatto un ottimo lavoro, adattandosi senza problemi al suono originale e agli standard odierni.

Stai lavorando a del nuovo materiale?
Sto lavorando a un album con DJ Falcon che verrà pubblicato per Smugglers Way. L’anno scorso abbiamo pubblicato un EP, ‘Step By Step’, che ha ricevuto molti feedback positivi, in particolare la canzone omonima con Panda Bear. Ho anche pubblicato un brano con Annie, ‘Never Coming Back’, contenuto proprio come bonus in ‘The Upper Cuts’.

L’argomento analogico o digitale porta a uno ancor più attuale, in fatto di tecnologie: l’intelligenza artificiale. Pensi che algoritmi e machine learning possano risultare dannosi per la produzione musicale? O la supporteranno? O ancora, addirittura, la miglioreranno?
l’AI sosterrà la produzione musicale. A essere onesti, allo stato attuale, se lavori con un computer ci sono troppe scelte, sia nel campo dei plug in che nella libreria dei suoni; molto spesso, ci si ritrova con un computer carico di migliaia e migliaia di suoni, centinaia di plug in, in pratica tutto risulta davvero troppo. È facile perdersi e difficile concentrarsi. Penso che l’intelligenza artificiale come inizio aiuterà a fare delle scelte, facilitando il processo di prendere decisioni.

 

Quindi la produzione musicale potrà evolversi con la crescente presenza di nuove tecnologie?
Sì e potrà farlo anche bene. Molti plug in ora sono liberi dall’aspetto clinico del termine, in fatto di suono: offrono una sorta di casualità nel trattamento del suono stesso, permettono di interagire in modo molto intelligente con l’audio che stanno elaborando, quindi è un po’ come lavorare con l’analogico anche se manca ancora l’interazione con l’hardware, manca il tocco delle manopole. Ma per riassumere, i plug in oggi – passatemi il termine – emulano molto bene l’aspetto dello sporco, dell’imprevedibile. Trovo tutto molto interessante e stimolante.

E allora largo alla sperimentazione.
Non lo so, sono già stati esplorate così tante cose: i sintetizzatori, poi il campionamento, poi le DAW, tutto questo ha cambiato drasticamente la musica da molto tempo ormai. Il prossimo passo è probabilmente scoprire come interagire con l’IA in modo intelligente. I sintetizzatori modulari sono nati negli anni ’60, sono strumenti straordinari che generano suoni e sequenze a cui non potresti pensare da solo, non vedo alcun motivo per cui l’IA non possa fornire la stessa esperienza. Ma c’è un “ma”: questa volta il cambiamento avverrà su una scala molto più ampia, aprendo un intero nuovo campo di sperimentazione.

Molti anni fa ci si aspettava che il French Touch rimanesse nella sfera pop. Hai la sensazione che il genere sia stato riassorbito nella scena underground?
Non lo so con precisione, ma, sì, forse questo è un ritorno alla scena underground, che sarebbe un buon punto, perché è un buon campo questo per sperimentare liberamente, anche se c’è una grande sperimentazione anche in quello pop. Ad esempio, sono rimasto stupito da ‘Hentai’ di Rosalia: alla fine della canzone dopo due minuti di vera morbidezza c’è una sorta di pattern di batteria molto brutale che sembra arrivare dal nulla, come se messo lì per caso. Una cosa super intelligente per un risultato molto elegante.

 

Con tutto il mondo degli affari che attanaglia il comparto musicale, se si è dei novelli produttori non si corrono grossi rischi di emarginazione?
I nuovi arrivati corrono sempre questo rischio in ogni settore. Nella musica è meglio non conformarsi agli standard di mercato. Ce la si può fare. Solo che a volte gli incassi sono risicati, i risultati deludenti. Bisogna correre dei rischi e liberarsi di tutte le convenzioni. Si tratta di trovare comunque un equilibrio tra rischio e sicurezza. Uno però dovrebbe solo fare ciò che gli piace, nella vita, senza arrendersi mai.

La produzione musicale è un gioco senza fine?
Certamente, le possibilità, le combinazioni, sono semplicemente illimitate, c’è un brillante futuro davanti agli artisti. La musica non finisce mai. Anche se una canzone è dance pop declinata in modo esplicito al mainstream, è pur sempre musica. Ma dove finisce la libertà e dove inizia il business, quando si fa musica?

 

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Riccardo Sada
Distratto o forse ammaliato dalla sua primogenita, attratto da tutto ciò che è trance e nu disco, electro e progressive house, lo trovate spesso in qualche studio di registrazione, a volte in qualche rave, raramente nei localoni o a qualche party sulle spiagge di Tel Aviv.

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