• MERCOLEDì 07 GIUGNO 2023
Interviste

Amato, odiato, venerato, estromesso dal sistema: Obi Baby e i 30 anni di Pervert

La scena gay, i super dj presi "prima di tutti a 2mila euro", i successi, la ghettizzazione dei colleghi: uno dei dj più chiacchierati di sempre ci dice la sua versione di 30 anni di storia del clubbing e della sua serata

Foto: Matteo Pasini

Tutte le foto dall’archivio di Obi Baby

Obi Baby e Pervert. Due nomi importanti, ingombranti: una persona e una serata, o meglio il suo brand, per dirla con un termine contemporaneo, che ben rispecchia ciò che è diventato. E due nomi di cui non è semplice raccontare la storia e la portata, perché Obi Baby e le sue serate (Pervert, P:Gold, Sodoma) sono sempre state un unicum particolarissimo nello scenario del clubbing italiano. Amati e odiati, oggetto di culto e venerazione dai fan e frequentatori quanto di biasimo, critiche, anche odio da chi invece ci vedeva, pure all’interno della scena underground meno conservatrice, un modo di fare serata estremo, perverso, certamente difficile da interpretare e da comprendere in pieno. 

In tutto questo, dagli esordi nel 1993, ai successi degli anni milanesi (e non solo) post-2000, fino al tramonto di quell’epoca, e ancora, alla rinascita delle ultime stagioni, Pervert compie 30 anni. Ed è ancora qui. 30 anni in cui Obi Baby ha saputo maturare, ritornare sulla cresta dell’onda e riprendersi un meritato spazio nel pantheon degli eroi della storia del clubbing in Italia. E in occasione del trentennale, gli abbiamo chiesto un’intervista che va molto, molto al di là della solita retorica auto-celebrativa. Obi Baby si prende il lusso dell’onestà, si toglie parecchi sassolini dalle scarpe, senza peli sulla lingua verso se stesso e verso un mondo che l’ha amato quanto criticato. Mettetevi comodi.

Il pubblico di una serata Pervert

Pervert compie 30 anni. Una serata che nel tempo è diventata, anche prima e più di altri, un vero e proprio brand della notte italiana. Se riavvolgi il nastro indietro nel tempo fino al 1993 quali sono le sensazioni? Cosa ricordi dell’inizio, anzi dell’idea che c’era prima dell’inizio, prima del primo party? Che cosa pensavi di portare in scena e che aspettative avevi?
Mi capita spesso mentre ascolto un brano d’annata di “quelli storici”, per intenderci, che io mi commuova fino a piangere. Accade, in quanto molto orgoglioso del mio percorso come organizzatore e come persona. Oggi vorrei dire quello che penso senza filtri, e darmi la paternità di molte cose fatte, e che spesso non ho rivendicato con abbastanza energia. Vedi, noi in Italia abbiamo fatto tanto. Abbiamo sdoganato il feticismo e il BDSM, abbiamo sdoganato la fluidità di genere, abbiamo importato la techno, la trance, l’acid house. Abbiamo dato il via al mercato dei dj guest e delle agenzie e siamo uno dei pochi brand italiani che è riuscito a fare eventi a Londra, Ibiza, Barcellona. Tutto questo non oggi con l’avvento dei social ma già negli anni ’90. Ben trent’anni fa! È con questo spirito che ho iniziato a fare clubbing. Con la voglia di ribaltare il sistema e la società bigotta di quei tempi, promuovendo elementi socio culturali estremi, accompagnati dal sound innovativo delle capitali europee. Pervert nasce da un pensiero eversivo e dalla necessità di scuotere le coscienze. Volevamo urlare forte la nostra diversità, anche agli stessi omosessuali. Ricordo che al microfono spesso li insultavo suscitando le loro reazioni. In questo eravamo molto punk.

Anni ’90: com’era lo scenario in cui ti muovevi e si muoveva Pervert? Che musica c’era alle tue serate? Che tipo di pubblico veniva a una serata del genere?
Nei ’90 la riviera romagnola e i suoi alfieri musicali sono quelli che dettano le regole. “La tendenza” era tutta concentrata sulla collina di Riccione. A parte il Cocoricò, nel resto dei club veniva proposta solo vocal house americana, che a me procurava l’orticaria. Fu allora che con molta fatica e faccia tosta iniziammo per la prima volta in una serata a suonare cose della Warp Records, dai selected works di Polygon Windows (aka Aphex Twin) alla prima techno di R&S oppure la techno trance di Eye Q o Harthouse. Sì, in Italia esisteva la scena romana, ma era più relegata ai rave. Noi portammo tutta questa roba nuova nel primo club gay d’Italia. Oggi è cool suonare la techno in alcuni locali LGBT, imitando la scena berlinese. Noi abbiamo iniziato a farlo prima di tutti, e ti assicuro non è stata una passeggiata. Il nostro pubblico era costituito dall’intellighenzia gay meneghina. Stilisti, commessi, drag queen, senza tetto e alcolizzati che non riuscivano ad arrivare al week end. Conta che tutta questa cosa noi la facevamo ogni mercoledi! 

A un certo punto Pervert diventa qualcosa di grosso: P:Gold, Sodoma, c’è proprio tutta una serie di eventi tuoi e della “holding” Pervert. Mi racconti un po’ le differenze di serate, di locali, di proposta musicale, di gente tra queste vari, chiamiamoli “marchi” della nightlife firmata Obi Baby?
In quegli anni facevamo Sodoma di mercoledi all’Hollywood, il sabato al De Sade e la domenica una volta al mese il P:Gold al Rolling Stone. Il primo era il mio giocattolo, il mio laboratorio e forse la formula più autentica dello spirito Pervert. Il sabato era stato concepito come il sabato di Milano. Introducemmo in Italia tutti i dj che divennero main liners nei vari festival di tutto il mondo. La differenza è che ai tempi, noi li pagavamo non più di 2mila euro. Kalkbrenner uno fra i tanti. In altri casi abbiamo avuto dei dj leggendari come Ralf e Lorenzo LSP che sono diventati degli amici, persone con cui abbiamo condiviso molto. Il P:Gold invece fu la realizzazione dei miei sogni. L’opportunità di avvicinarsi ai grandi eventi ibizenchi che sposavano l’arte performativa alla musica elettronica. 

Dj Ralf, Obi Baby e Lorenzo LSP in consolle a Pervert

Quando capisci che le cose stanno diventando importanti?
Quando tutta la scena house italiana iniziò a screditarci. Si unì per tentare di ostacolare la nostra filosofia musicale e il nostro modo di fare clubbing. Venivamo giudicati troppo estremi, troppo drogati e con un pubblico brutto. Mentre loro erano vestiti firmati, non sudavano ma luccicavano ed erano ciao, wow, favola… e molto top! Fu allora che iniziammo a prendere in giro quel tipo di attitude che dopo qualche anno implose. La gente aveva voglia di techno e di musica nuova, e noi eravamo arrivati per dargliela.

Pervert ha da sempre, esplicitamente, organizzato serate in cui una componente importante è la sessualità. Immagino che negli anni ’90 fosse più borderline di oggi portare in un club certi aspetti della vita e certi costumi di vita. È così o mi sbaglio? C’è stato un momento in cui le cose si sono evolute in modo naturale e tutto si è fatto più “socialmente accettabile” oppure è una sensazione che avevi anche nei primi anni? O magari, al contrario, avevi più ieri di oggi…
Gli anni ’80 e ’90 furono liberatori dal punto di vista gay. Da una parte vivevamo l’orrore dell’AIDS nella nostra comunità, dall’altra c’era questa grande voglia di sbattere in faccia al mondo che esistevamo e non volevamo più sentirci dei clandestini. Erano anni meravigliosi, densi di cultura e fermento creativo. Non a caso ancora oggi la musica e la moda continuano a rieditare in loop quel periodo storico. Chi voleva “esistere” doveva fare i conti con la comunità gay, per cui pian piano anche i gruppi di potere etero iniziarono a capire che avere gli amici omosessuali era il nuovo trend. Sempre più club volevano avere serate gay e fu più facile portare avanti il nostro messaggio. Nel 2000 tutto questo cambiò, e personalmente ho avvertito un’implosione e un rigurgito fascista. Post Covid assisto ad un nuovo cambiamento grazie alla nuova generazione, molto meno bigotta e pronta a nuove esplorazioni e fluidità.

In 30 anni quali sono le serate di maggior successo che ricordi? Annate, guest, momenti memorabili.
L’inaugurazione della stagione P:Gold nero e fucsia fu l’apice di tutto il mio lavoro. Rimasi così stupito da quello che avevamo costruito che non riuscivo a crederci. Quando Tony Bruno alla fine dello show ispirato a La Tempesta di Shakespeare, urlò a squarciagola NUMERI UNOOO, davanti a tremila persone vestite di quei colori, beh! ho i brividi e il magone ancora oggi.

Foto di gruppo per alcun* perfomer di Pervert

Cos’è oggi Pervert e cosa pensi possa portare ancora di fresco e nuovo sullo scenario affollatissimo del clubbing contemporaneo?
In questa stagione, Sodoma ci sta dando molte soddisfazioni. Tanti operatori del settore si sono accorti che il nostro modo di fare club è tornato ad essere attuale. Dopo aver spogliato la discoteca di tutti i suoi contenuti, si è ricominciato a riempirla di nuovo e ad arredarla. C’è una maggior richiesta di senso comunitario attorno ai vari progetti notturni e meno di Superstar djs. In questo senso, Milano si sta attrezzando abbastanza velocemente. Alcune nuove realtà hanno percepito questa necessità e stanno surfando alla grande in questa ripartenza post covid. Inutile dire che questo ci riporta ai nostri primi party e a quel senso comunitario di cui parlavo poco fa. 

Non abbiamo parlato molto di te, finora, come protagonista in consolle e nella serata: qual è il tuo stile musicale, oggi? Cosa ti piace suonare?
Io sto vivendo una nuova luna di miele con la musica. Mi sembra di essere tornato a selezionare i dischi a Londra quando andavo da Pure Groove a chiedere vinili che suonavano a 140 bpm. Roba che ovviamente in Italia non sapevano neanche esistesse. Hard dance, hard house, hardcore e hi nrg, adoro tutto basta che sia veloce. Negli anni ho imparato ad apprezzare tutti i generi musicali. Trovo che ogni traccia abbia una storia da raccontare se letta nel contesto giusto ma il gasamento che mi dà un disco uplifting nervoso è pari solo ad un tiro di popper!

Negli anni invece com’è cambiato la musica che proponi e com’è cambiato il tuo approccio in consolle? Sei ancora appassionato o è un aspetto che hai lasciato per occuparti di altro all’interno degli eventi? 
Nell’ultimo anno ho recuperato il piacere di cercare la traccia giusta e il produttore che mi sapesse ancora stupire. A volte cerco il sorriso, a volte una determinata atmosfera che voglio trasferire nel party. No, direi che il mio approccio non è molto cambiato. Ho solo meno tempo, e mi sono imposto di non farmi mangiare vivo dalla mia passione per la musica. Oggi ho il mio compagno Nick, con cui ho pazientemente ricostruito tutto il nuovo corso di Pervert. Ho cinque chihuahua e una casa che è diventata una zona privata e non una comune per fare after. Diciamo che la maturità mi ha portato a bilanciare meglio la mia passione e il tempo da dedicargli.

Obi Baby in una foto di qualche anno fa

Sei un uomo che ha raggiunto un successo notevole e un certo equilibrio, mi viene da dire che sei “uno che sa gestire il successo e la vita”. Ci sono stati però dei momenti in cui eri una sorta di superstar ma di culto, nel senso che eri una semi-divinità per chi era nell’orbita delle tue serate, e un outsider in quasi tutti i circuiti del clubbing al di fuori del tuo. Com’era vivere quei giorni?
Io ho vissuto la mia vita appieno. Ho avuto molto successo, e ho avuto momenti bui che non auguro a nessuno. Un collega una volta mi disse che sono stato fortunato a non impazzire come hanno fatto altri. Ad un certo punto ho dovuto ricorrere a tutte le mie forze per non perdermi in quel baratro in cui molte persone aspettavano cadessi. Questo non è un mio pensiero paranoideo; faccio questa affermazione con molto lucidità. Ad un certo punto io sono stato volutamente fatto a pezzi. Mi ero esposto così tanto con le mie battaglie, il mio comportamento e il mio personaggio da outsider come dici tu, che stavo sulle palle a molti. Ricordo che chi manovrava i fili delle agenzie di booking e “quelli che contano” screditavano il mio lavoro con i vari proprietari dei locali dove mi esibivo. Venivo ridicolizzato e ridotto ad un fenomeno da baraccone, spesso utilizzando degli attacchi omofobi. Ricordo che una volta feci la richiesta di un booking per un notissimo dj techno italiano, e mi venne risposto che l’artista preferiva non esporsi a suonare al Sodoma perchè era un contesto troppo gay. Era l’epoca in cui scoppiò il caso Ten Walls. Quanta ipocrisia c’è nel nostro ambiente, caro Alberto. Al tempo stesso, dall’altra parte, come dici tu, ero idolatrato in maniera maniacale, e i miei “seguaci” passavano le giornate sui primi social network embrionali (netlog, 2.0, mario psx) a divulgare il verbo Pervert. Si fronteggiavano con i romani del Diabolika e venivano bullizzati dalle altre tribù metropolitane in quanto etero confusi. Era come stare in mezzo ad una guerra fra bande. Ed era tutto confuso, il piano artistico, quello personale e quello socio culturale. La figura di questa Regina Perversa, che regnava su Milano, divenne via via sempre più ingombrante, fino a quando gli stessi fan che il giorno prima venivano ai miei party, una volta cresciuti vollero vedere la sua testa di cadere nel cesto. In Italia c’è questo godimento malsano di voler vedere fallire le persone che hanno successo. Incapaci di riconoscere il fatto che, se una persona riesce ad emergere, è spesso perchè c’è un grosso lavoro dietro le quinte. Dopo quel periodo aureo, ho impiegato circa 7 anni a metabolizzare quello che avevo vissuto. Ho fatto un grosso lavoro su me stesso e un percorso spirituale che mi ha permesso di abbracciare il dolore e trasformarlo in un’opportunità di crescita e di miglioramento. E cosi è stato. Oggi ho raggiunto il mio equilibrio. So quello che valgo, chi voglio attorno a me e cosa mi rende felice. Un giorno Lorenzo LSP mi ha guardato e scherzando mi ha chiesto: “che psicofarmaci stai prendendo per essere così tranquillo?”, è li che ho capito che qualcosa in me era veramente cambiato, e senza medicine! lol 

Domanda da un milione di euro: chi è Obi Baby oggi?
Obi Baby è un bambino che ha imparato a muoversi nel mondo degli adulti. 

Seconda domanda da un milione di euro: che cos’è Pervert oggi?
Pervert è una bandiera al servizio della libertà. La difenderò con le ughie e con i denti fino a che avrò vita.

Terza domanda da un milione di euro: cosa ti aspetti dal futuro tuo e delle tue serate?
Ho passato anni a chiedermi cosa sarebbe successo l’anno successivo a quello che stavo vivendo. Oggi so che la vita è nell’attimo in cui lo stiamo vivendo, ovvero il presente. Prendo tutto quello che arriva come un regalo. Dopo tutto quello che ho passato, mi preoccupa solo la morte, e anche su quella ci sto lavorando.

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Albi Scotti
Giornalista di DJ Mag Italia e responsabile dei contenuti web della rivista. DJ. Speaker e autore radiofonico.

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