Sui generis, ossia quanto “si denota una spiccata originalità o singolarità oppure, ancora, una caratteristica non precisamente definibile e quindi non comparabile con un’altra”, dice la Treccani. La definizione calza a pennello alle etichettature del variegato mondo della musica dance di stampo elettronico.
Che succede all’orizzonte degli eventi? Che tutto sta dilatandosi all’infinito, quando si parla di generi musicali, un po’ quello che scrisse Albi Scotti a gennaio. E lo sappiamo bene: non siamo più all’inizio degli anni Novanta, quando si discuteva al bar o nei negozi di dischi di house contro techno, di commerciale (dance ed eurodance o eurotrance) contro underground e al massimo di drum & bass.
Oggi tutto si è massimizzato. Sembra che niente si possa più inventare e invece, nel momento (meno o più) opportuno (dipende dalla propria versatilità, curiosità e dallo spirito esplorativo) nasce nell’universo una supernova. Tra le esplosioni più energiche dell’infinito cosmo musicale, nuove pratiche e meccanismi tecnici generano e regolano le finali contemporanee dell’evoluzione e dell’offerta del settore.

L’improvviso collasso prodotto da collaborazioni e miscelazioni tra generi esistenti dà vita a un cocktail infinito che produce un’onda d’urto verso il rumoroso esterno del sotterraneo, al confine con il mainstream dove abitano quelli dei piani alti, quelli della pop, o magari dell’hyper-pop, che attendono sempre a braccia aperte novità dal sottosuolo e vogliono mostrarsi alla moda.
Intanto, da settimane Beatport ha espanso il suo, di universo, inserendo le sezioni Dance ed Electro Pop. La cosa rappresenta una significativa evoluzione nel comparto della musica dance crossover. Mentre la piattaforma riconosce i grandi e internazionali hitmaker – alcuni scappati dal non-genere EDM, quindi big room e quindi dalla electro house o progressive – irrequieti artisti si muovono senza soluzione di continuità dai live fermi alle radio o alle playlist di Spotify.

Rinomate etichette come Astralwerks, FFRR, Ministry of Sound, Spinnin’ e Ultra stanno riassestando la filiera e la propria etichettatura di prodotti d’annata per raccogliere risultati dal traballante mercato. Nomi come TOKiMONSTA, Alison Wonderland, Bob Moses, Disclosure, Elderbrook, RÜFÜS DU SOL, Gorgon City, ZHU e tantissimi altri stanno rimettendosi in gioco e posizionandosi in nuovi spazi. È un fenomeno interessante.
Insieme alle nuove Top Charts, Beatport HYPE farà leva sui generi Dance ed Electro Pop riservando sempre più playlist per Beatport LINK in modo da veicolare il flusso verso lo streaming e il mix istantaneo. E si parla anche di una collaborazione continuativa con Twitch. Il portale ha anche aggiunto mesi fa due nuovi generi alla sua list: la organic house e la downtempo, andando incontro ai gusti di coloro che amano i beat più lenti e meno legati alla cassa in quattro quarti, qualcosa che si avvicina apparentemente alle b side delle tracce appartenenti alla elettronica più indie, alla deep house e alla afro house.

Sono tutte idee di Raphael Pujol, Head of Curation di Beatport. A DJ Mag UK Tiësto tempo fa raccontò di quanto si sentisse irrilevante prima come “ragazzo della trance” e poi “portabandiera” dell’EDM (definita “merda ripetitiva” da Diplo al The Huffington Post) e di quanto invece fosse voglioso di “sperimentare nuovi reimpasti sonori”.
Poteva mancare ANGEMI tra le dichiarazioni? No. “Devo ammettere che nonostante la chiusura di festival e discoteche la musica EDM sta tornando di moda. C’è una nuova generazione di dj producer che sta spopolando con canzoni da 50 milioni o 100 milioni streams su Spotify, parlo di Imanbek, Joel Corry, Jerome, Lum!x, Regard, Dynoro, Topic, A7S. È compito nostro, dei giovani producer, risollevare il genere e sfornare le nuove hit EDM del futuro”. Insomma, il dj e produttore siciliano non crede nel decesso del genere e ne attende un rilancio, oltre che la ripartenza dei live nel 2021.
L’attacco dei cloni non è solo un film della saga di ‘Star Wars’ ma il problema che, sembra, attanaglia i discografici e soprattutto lo sparuto gruppo degli A&R a volte alla ricerca di novità: sul desktop di indipendenti e multinazionali è un fiorire di repliche che richiamano fortemente ed esplicitamente le basi alla Dynoro o alla Meduza.
Cosa significa questo? Che se da una parte ci sono produttori temerari che creano da zero generi nuovi, dall’altra ci sono individui che faticano ad uscire dalla propria comfort zone: non sperimentano, non creano da zero, non esaltano la propria identità sonora. Ma forse l’industria ha bisogno anche di loro, di gente che nel quotidiano standardizza tracce mediocri che andranno (in)volontariamente a creare humus a massicci e originali brani.
Quali sono i generi che si confermano e si affacciano al mercato, oggi, oltre agli intramontabili nati quasi tutti sul finire degli anni Ottanta? Della complextro alla Porter Robinson, alla Zedd o alla Wolfgang Gartner si parla sempre di meno. La future house e la trap sono diventate qualcosa di scontato e popolare mentre la bass music, con tutti i suoi sottogeneri rompiwoofer, è rimasta una nicchia per intenditori che se la danno di santa ragione appena si parla di bass house, g house e derivati. Anche la psy trance, che è andata pesantemente a svendersi nel mainstream con la trance stessa, è al capolinea con i suoi rappresentanti Vini Vici e affiliati (leggasi W&W, Dimitri Vegas & Like Mike). Della tropical house non ne parliamo nemmeno.

Un po’ di quesiti e riflessioni sui generi che si adattano alle esigenze dell’industria: quanti, in avanzata età, si sono accorti che negli ultimi tempi la techno si è ammorbidita rispetto al passato e la house si è indurita rispetto a quella di inizio anni Duemila? Paul Kalkbrenner durante una conferenza stampa organizzata da Sony Music disse che il periodo d’oro della techno è stato dall’87 al ‘93: “Dopo quel momento è diventata commerciale ed è morta”. A ingentilire il comparto tanto ci pensano la old skool e la jackin’ house.
Altra domanda: perché molte dj techno spesso inseriscono tracce trance old skool nelle proprie scalette? Perché i maschietti non fanno lo stesso? Ed è così che è nata l’impellente esigenza di forgiare la melodic techno sulle ceneri di una progressive house sempre più snob e resa elegante, raffinata, lenta nel bpm? Lo chiederemmo volentieri a Kölsch e Yotto. Dopo tanti loop un po’ di melodia non guasta, in un momento critico come questo.
30.10.2020