Il 2010 era un anno entusiasmante per gli appassionati di musica elettronica, e dance in particolare: dubstep, fidget ed electro-house erano all’apice, e si stavano evolvendo in qualcosa di ancora più popolare. Erano i prodromi del grande successo che sarebbe di lì a poco arrivato con l’EDM e con il brostep. E anche la house stava vivendo una fase di rinascita. Era un momento felice in cui i dj e i producer, che per molti anni erano stati “ricacciati” nei club e in un ambiente strettamente underground, ritornavano ad essere cool, a fare tendenza. Non sapevamo che il meglio doveva ancora venire, visto che poi gli anni ’10 hanno portato la dance ad esoplodere definitivamente come fenomeno pop di massa. Ma il decennio felice, che abbiamo raccontato in tutti i suoi generi e in tutte le sue sfaccettature nei nostri Best Of, ha in qualche modo spremuto la creatività di producer e compositori. Tanto che l’inizio degli anni ’20, in questi mesi, sembra segnato da una sorta di revival, da una riproposta costante di suoni e stilemi del passato. Come se mancasse una bussola forte a guidare il suono contemporaneo.
Fateci caso: in poche settimane abbiamo parlato di Calvin Harris che con il suo nuovo progetto Love Regenerator va a prendere di peso, in modo proprio filologico, il rave sound dei primissimi anni ’90, tra synth acidi, stab di piano e ritmiche UK hardcore e breakbeat. Abbiamo raccontato un successo tutto italiano, quello di Ghali e Salmo, dove la produzione di Mace e Zef è un omaggio esplicito alla house anni ’90 di Stonebridge e dintorni. E ci prepariamo al ritorno dei Duck Sauce, duo che ha fatto successo giusto una decina d’anni fa, peraltro riprendendo già allora sample disco anni ’70, e i cui protagonisti sono due artisti dalla storia lunga, il cui massimo picco di notorietà risale agli anni ’00 (A-Trak) e ai ’90 (Van Helden). Non solo: anche i generi più popolari e in evoluzione del momento stanno a tratti ripescando a piene mani il passato. Spesso la techno torna verso bpm e suoni tipicamente anni ’90 (bassi e synth acid da 303, certe derive che si avvicinano alla trance, il recupero di grandi classici dell’epoca remixati…). E poi c’è chi, come David Guetta, indiscusso esploratore di tendenze e apripista per diversi suoni in ambito mainstream (perché se è vero che Guetta è ormai pop da anni, lo ha sempre fatto innovando, a suo modo), cerca di fare qualche passo indietro cercando un approccio old school con il suo alias Jack Back.
Insomma, c’è grande confusione sotto il cielo. È un momento in cui la dance, dopo aver dato molto, sta prendendo fiato. E la sua storia è ormai abbastanza lunga da potersi permettere degli excursus verso il passato, verso i suoi momenti più ispirati e gloriosi. Non è la prima volta che succede, e anzi, di solito proprio in questi momenti apparentemente “assopiti” da qualche parte sta nascendo la prossima grande rivoluzione. Chissà. Gli anni ’20 sono appena iniziati, non ci piace pensare che siano solo il riflusso e la rilettura di tutto ciò ce p giò stato detto e fatto. Il post-modernismo nella musica odora di muffa. Ma per il momento, godiamoci il meglio di questo clima da remix generale. E cerchiamo in giro per il web, per i club, per i negozi di dischi, quel link, quella traccia, quel vinile che ci elettrizza, perché lì dentro c’è qualcosa che non abbiamo mai sentito prima.
29.01.2020