Descrivere il sound dei Bada Bada ci pone inevitabilmente nella condizione di menzionare altri artisti che hanno intrecciato sapientemente jazz ed elettronica nel corso della loro carriera. Dal modern jazz di Nils Petter Molvaer alle sperimentazioni di Guillame Perret fino al sound dei Kneebody. Il trio francese, parte della scuderia Jazz-O-Tech, assimila queste influenze e le accentua attraverso ritmi dilatati che generano un impatto quasi cinematografico, vicino a compositori come Klaus Badelt e John Powell, discepoli di un certo Hans Zimmer. Non bisogna però farsi ingannare, i Bada Bada sanno anche muoversi tra ritmi serrati, groove trip hop e suggestioni techno. Di questo e molto altro abbiamo chiacchierato con la dovuta calma al termine del loro ultimo live in Italia.
Il vostro primo incontro è avvenuto al Centre des Musiques Didier Lockwood se non erro. All’epoca eravate già consapevoli che avreste creato un progetto assieme o il percorso che ha portato ai Bada Bada è stato più tortuoso?
Hai ragione, ci siamo conosciuti al CMDL ma in periodi differenti. Leo e Tiss hanno studiato lì nel 2014 ed hanno iniziato a suonare assieme, prevalentemente in ambito elettronico dedicandosi totalmente all’improvvisazione. Sicuramente già in questa fase si trovano sonorità che poi in futuro avrebbero fatto parte del progetto Bada Bada, ma non c’era un lavoro di produzione vero e proprio alle spalle. Lilian si è unito alla band nel 2016 e quello è stato il momento dove abbiamo iniziato a registrare le session, a scrivere e a produrre in maniera continuativa. L’improvvisazione è un aspetto che non abbiamo mai abbandonato totalmente e che fa ancora parte della nostra concezione estetica.
Infatti nella vostra musica ritrovo un senso costante di improvvisazione tra musica elettronica e jazz. Mi sembra che ci siano delle influenze di Nils Petter Molvaer ma che siano rivisitate in una chiave più cinematografica e per certi versi epica. Durante i vostri live qual è la percentuale di materiale scritto e quella di improvvisazione?
Quello che dici è vero, abbiamo un background jazz prevalentemente accademico e siamo un gruppo puramente strumentale, questo significa che l’improvvisazione è una delle forme principali del nostro modo di esprimerci musicalmente. Però da quando abbiamo iniziato ad integrare questo approccio con effetti elettronici ci siamo appassionati molto alla possibilità di modificare suoni e timbri dei nostri strumenti, andando incontro ad utilizzi anche meno convenzionali. Per esempio molte delle nostre percussioni o dei tappeti ritmici sono realizzati partendo da suoni registrati di sax o tromba. Dal vivo abbiamo delle parti di improvvisazione, tendenzialmente assoli, che ci divertiamo a proporre ma molto del nostro materiale è preparato in maniera meticolosa e precisa. Siamo molto intransigenti su questo.
Secondo voi qual è il tema centrale della vostra musica? Le emozioni? Le persone? Le loro storie?
Crediamo che ogni persona possa identificarsi nella nostra musica, provare emozioni che entrino nella loro storia. Lo scopo principale è quello di creare musica senza frontiere, il più possibile personale ed onesta, in modo che chiunque ci ascolti possa trovare qualcosa di nuovo e pure, un linguaggio universale genuino.
Cito una vostra frase: “il palco è quel luogo in cui distruggere le composizioni, ma solo quando le conosciamo così bene da far divenire ogni errore prezioso e musicale”. In un mondo ossessionato dalla perfezione qual è il vostro rapporto con il concetto di errore?
Come abbiamo detto in precedenza prepariamo in maniera molto meticolosa i nostri show, ma la musica resta ciò che dovrebbe essere: un linguaggio con cui noi ci divertiamo e generiamo uno scambio. Ogni errore è lì per farci reagire e comunicare e siccome noi conosciamo quasi tutto in anticipo gli errori sono ciò che provoca emozioni e che rende ogni performance unica. Quante volte abbiamo riso, siamo stati ansiosi, stressati, stupidi o impressionati da qualcosa che non ci aspettavamo? Questa è la bellezza del fare musica!
“Quante volte abbiamo riso, siamo stati ansiosi, stressati, stupidi o impressionati da qualcosa che non ci aspettavamo? Questa è la bellezza del fare musica!”
Le vibrazioni percepite durante il vostro live sono state molto intense. Qual è la vostra opinione su questa performance e che tipo di rapporto avete sviluppato con il pubblico?
Sicuramente è stata una delle migliori performance che ricordiamo ed il pubblico è stato davvero incredibile. Ci piace suonare in tutto il mondo, scoprire posti meravigliosi e persone che sono davvero in grado di connettersi con noi. Abbiamo la sensazione che le nuove generazioni siano molto più aperte nei confronti della nostra musica. Non sono lì a catalogare tutto per generi, vogliono farsi emozionare, sorprendere e ricevere energia.
L’Italia è un paese che avete imparato a conoscere anche grazie alla collaborazione con Fabrizio Rat. Il suo remix ha dato alla vostra traccia ‘R4G3’ un mood orientato al dancefloor. Com’è nata questa collaborazione.
Fabrizio rappresenta uno dei motivi per cui abbiamo deciso di lavorare con Jazz-O-Tech, una label incredibile che sentiamo anche un po’ nostra. È il pianista dei Cabaret Contemporain, uno dei nostri gruppi preferiti che se non conoscete vi consigliamo di ascoltare. Abbiamo sempre sognato di poterlo incontrare e magari un giorno di dividere il palco con lui. Quando abbiamo saputo che Fabrizio avrebbe remixato uno dei nostri brani siamo letteralmente impazziti!

E dopo aver raggiunto questi primi importanti traguardi cosa riserva il futuro ai Bada Bada?
Un sacco di cose, è tutto ciò che possiamo dirvi ahahah! Abbiamo nuova musica in uscita nel corso dei prossimi mesi così come un nuovo show che presto sarà svelato. Oltre a questo ci sono nuove collaborazioni che stiamo concludendo in queste settimane. Siamo felici di lavorare con Jazz-O-Tech che ci ha permesso di andare oltre nella sperimentazione e di spingere questo progetto ad un livello successivo. Come si dice in questi casi?
Stay tuned?
Esatto!
04.10.2021