Giuseppe Gallo, per tutti Beppone, è un nome noto e amato nel mondo del clubbing italiano e internazionale. Driver, assistente personale, bodyguard, qualunque etichetta gli andrebbe stretta perché è molto più di tutto questo. In oltre vent’anni ha lavorato con chiunque dai Daft Punk ai Chemical Brothers, da David Guetta a Sven Väth, solo per fare qualche nome. Un mestiere, il suo, iniziato quasi per caso, con un rapporto di amicizia, stima e fiducia con Claudio Coccoluto, di cui è stato uno dei più grandi amici.
E non potevamo non riservare a Beppone uno spazio speciale, perché Beppe e Claudio hanno condiviso moltissimo: serate, chilometri, ricordi, risate, momenti importanti.
Come è cominciato il vostro rapporto?
Conoscevo Claudio perché io da giovane ballavo sui cubi, e così nel 1995, in Liguria al Camilla di Noli, io ballavo di fianco alla console e lui era già piuttosto famoso, era l’ospite della serata. Io scendo dal cubo perché volevo conoscerlo, gli stringo la mano, mi presento, gli chiedo se gli serve qualcosa, se posso portargli da bere. Lui mi dice che gradirebbe dell’acqua fresca, perché ha una sete terribile. Gli porto l’acqua, e a fine serata ci mettiamo a chiacchierare per un paio d’ore. Da quel momento non ci siamo più persi, è scattato immediatamente un feeling, ci siamo subito trovati in sintonia. Lui inizia a chiamarmi e mi fa ballare alle sue serate, oltre a portarmi con sé quando suonava mi fa fare altre serate, e ci vedevamo quando veniva in Liguria.
Insomma era già nata un’amicizia. Come è diventata anche un lavoro?
Io a quel punto avevo iniziato a curare la sicurezza al festival di Sanremo, parliamo della seconda metà degli anni ’90, ma lui fu il primo a chiedermi di occuparmi degli accompagnamenti, e dal 1998 ho iniziato a lavorare con lui e a portarlo fisicamente alle serate, guidavo e lo accompagnavo come fossi un bodyguard. Nel ’99 mi sono trasferito prima a Riccione e poi a Milano e ho cominciato a lavorare stabilmente con lui, siamo andati ovunque, ma davvero… ovunque! Conta che nel 2003 mi ha portato a Formentera, mi volle a gestire la sicurezza dello Xueño, ero il responsabile e accompagnavo tutti i dj.
E lì nacque anche un tuo famoso soprannome…
Sì, quell’estate Claudio iniziò a chiamarmi “Beppe maglietta”, perché tutti gli sponsor regalavano le magliette, e io le prendevo tutte, anche se non erano della mia taglia, era quasi un vezzo, le collezionavo. Così iniziò a chiamarmi “Beppe maglietta”, e il soprannome mi restò addosso per un bel po’, ma detto da lui faceva ridere, come tutto quello che succedeva con Claudio.
Infatti, a proposito: mi racconti un po’ di cose particolari che vi sono capitate?
Beh, possiamo stare qui fino a domani… io partivo da Milano ogni weekend, andavo a Cassino a prenderlo e partivamo per tutte le serate in programma. Una domenica al mese al New York Bar a Milano, poi Roma al Goa, poi a Torino, i ricordi negli anni sono innumerevoli, mi viene in mente una serata bellissima con anche Marco Mazzi al Sestrière al Tabata, e le risate! Claudio era una persona estremamente divertente… aveva una cultura elevatissima, lo incalzavo, gli chiedevo qualunque cosa, parlavamo di musica, mi ha fatto scoprire dei pezzi bellissimi che mi sono rimasti addosso, e che mi ricorderanno per sempre di lui. Ma proprio perché era colto e intelligente sapeva sempre scherzare e fare battute. Quando volevo spiare i suoi dischi, erano solo white label con il centrino tutto bianco senza titoli, o addirittura a volte faceva dei disegnini con il pennarello che capiva solamente lui, lo faceva apposta, era così, una gag continua. Negli ultimi anni invece il suo divertimento era quando suonava dischi che non potevo scoprire con Shazam perché non erano ancora usciti, e mi guardava soddisfatto. E poi potrei raccontarti le mangiate incredibili, i ristoranti, perché l’amore per il cibo era una nostra prerogativa, il cibo era sacro come i suoi ritardi o come i dischi.
Che rapporto aveva con i dischi e… con i ritardi?
Il ritardo era una costante, anzi una liturgia, come lo era preparare i dischi. Preparava la borsa con una perizia esagerata, e solo lui poteva toccarli. Per dire, io li ho sempre e solo caricati in macchina, non li ho mai toccati. Ero l’incaricato di portare le borse. Però va detto che non ce li siamo mai dimenticati. E poi: mai lasciare i dischi in macchina, d’estate piuttosto me li portavo in casa, aveva paura che il caldo li squagliasse. Una volta tra una serata e l’altra li ha lasciati in auto, si sono tutti un po’ stortati per il caldo, ed è stata come una coltellata al cuore per lui, i dischi li trattava con devozione, lui e Sven sono gli unici due dj che ho visto in vita mia trattare i dischi con quel rispetto sacrale, con quella cura di chi non solo li usa per lavorare, ma li colleziona con amore.

Foto: E.Vittoriosi
Com’era il vostro weekend-tipo?
Molte volte arrivava il giovedì o il venerdì da Cassino a Milano, poi partivamo insieme. Amava tornare a casa, spesso anche se arrivavamo a metà mattinata, o a mezzogiorno, lui amava tornare a casa, stare con la sua famiglia. E io dormivo da lui. Tantissime volte. Quando ho conosciuto i suoi figli erano davvero piccolini. E gli raccomandava “non fate casino che Beppe deve dormire!”. Era molto premuroso, era un fratello maggiore, attentissimo che fossi sempre a mio agio. Poi quando partivamo scattava il tira e molla, la goliardia, una presa in giro continua, e aveva i suoi tempi, su cui dovevo combattere.
Mi racconti quella volta della macchina nuova?
Una volta dovevamo partire per Milano per fare C.O.C.C.O. a Radio Deejay, dovevamo partire alle 15 per essere in radio alle 21.30, mangiare un boccone e iniziare alle 22 la diretta. Lui alle 17 ancora doveva ritirare la macchina nuova, e ci aspettavano 700 km. Io inizio a preoccuparmi: “Claudio non ce la faremo mai, Claudio è tardi, Claudio andiamo”… alle 17.15 finalmente partiamo.
E…?
E siamo arrivati a Radio Deejay alle 21.30, incredibilmente, senza una pausa, tutta una tirata. E sai qual è il bello? Che lui mi dice, sereno: “vedi, sia che partiamo alle tre, sia che partiamo alle cinque, sempre puntuali arriviamo”. Un’altra “storica” è quella volta del Maneggio, un club di Romagnano Sesia, sopra Novara, che oggi non esiste più ma ai tempi era un signor locale. Finiamo tardissimo, Claudio si ferma a parlare con tutti e poi mi dice che vuole tornare a Cassino, una faticaccia ma l’abbiamo fatta.
Ma non vi stancavate mai?
Spesso dormivo in macchina mentre lui suonava perché altrimenti non ce l’avrei fatta, perché era pesante, si dormiva davvero poco. A volte arrivavamo da Fabietto di Disco Inn a Modena all’ora di colazione, a pranzo, non c’erano orari, lui si fermava a parlare con chiunque, poi finiva in ufficio e parlava con i proprietari dei club, si faceva sempre tardi con quel suo piacere di chiacchierare con tutti. Poi diceva “torniamo a casa” oppure “andiamo da Fabietto che ci aspettano!”.
La più clamorosa di queste tirate?
Un Capodanno in cui con un jet e la mia macchina abbiamo fatto quattro date di fila: Reggio Calabria in piazza, Fortezza da Basso a Firenze, poi Il Muretto a Jesolo, e infine il Peter Pan a Riccione. Dovevamo dormire a Riccione, invece mangiamo qualcosa e mi dice “dai andiamo a casa”: siamo arrivati alle 20.30 di sera dell’1 gennaio. Ho il record di chilometri in un giorno con Claudio: 1700.
Però mi sembra di capire che il divertimento fosse molto superiore alla fatica, e che comunque hai trovato la tua dimensione anche grazie alle serate insieme a lui, no?
Ah, certo! È stata una lunga e meravigliosa avventura! Per quanto riguarda “la mia dimensione”, ti racconto questo: a fine anni ’90 al SIB, la mitica fiera di Rimini, lo prendevano in giro perché girava “col bodyguard”, quando invece era il primo ad aver capito di doversi dotare di una figura professionale che gli stesse accanto e pensasse alle cose pratiche: guidare, portare i dischi, prenotare alberghi, ristoranti, gestire le situazioni con i locali e i fan… oggi tutti hanno una figura così accanto, e io grazie a lui ho conosciuto tantissime persone con cui lavoro tutt’oggi. E concludo dicendo una cosa: abbiamo fatto tutto con molta, moltissima gioia, stare con Claudio metteva tantissima gioia.
12.03.2021