• SABATO 03 GIUGNO 2023
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Berlino e Londra hanno un piano per proteggere e supportare i club. E in Italia?

Nelle grandi città internazionali le istituzioni lavorano per supportare i club e la nightlife

Nei giorni scorsi sono apparse due notizie simili a breve distanza tra loro. Riguardano lo stesso tema. Nel 2017 i club non si possono più permettere di disturbare la quiete pubblica in una grande città. Non è nemmeno possibile, però, chiudere tutti i locali ubicati in un’area urbana abitata e residenziale. Allora che succede? Succede che le amministrazioni di metropoli come Berlino e Londra siano abbastanza lungimiranti da comprendere bene che i club sono ormai parte integrante del tessuto sociale, culturale ed economico delle città: sono fonte di impiego, sono fonte di guadagno, sono fonte di sicurezza, perchè se di notte ci sono in giro tante persone significa tenere vivo un quartiere e non lasciarlo preda della micro criminalità. Sono anche fonte di turismo, perchè il fabric, il Ministry Of Sound, il Watergate o il Berghain, per citare i nomi più illustri, portano ogni weekend parecchie persone a Londra e Berlino. Quindi bisogna fare in modo che i club si dotino di sistemi di insonorizzazione adeguati. Così l’amministrazione di Berlino ha annunciato che stanzierà 1 milione di euro per permettere ai locali di dotarsi di impianti adeguati (con l’approvazione del Parlamento), mentre il sindaco di Londra Sadiq Khan ha discusso alcune misure analoghe per i pub, i club e i locali notturni che “costituiscono una risorsa, sono il cuore della vita londinese e hanno un grande valore storico”. E va aggiunto che queste non sono delle novità assolute in alcune città estere di caratura internazionale. Amsterdam, New York, Londra hanno il “sindaco della notte”, una persona e un team dedicati alla gestione istituzionale delle questioni legate ai locali, alle attività e alla vita notturna della città. A Berlino la notizia del milione di euro di fondi è stata data da Lutz Leichsenring, il portavoce della Club Commission. Uno scenario che sembra fantascientifico visto e raccontato dall’Italia. Ma che va considerato da diverse prospettive.

In primis, non è tutto oro quel che luccica. È vero che le commissioni dedicate e le iniziative come il sindaco della notte sono assolutamente e indiscutibilmente pregevoli esempi di dialogo tra le istituzioni e quelle strane imprese che sono i club; è vero che un’economia così anomala, legata alla cultura e all’intrattenimento, è pur sempre un’economia, cresciuta negli anni e diventata importante e molto consistente, che addirittura sta vivendo un momento di parabola discendente e va dunque sostenuta a aiutata. Ma il rischio è che diventi un’operazione superficiale, dall’esterno vista come qualcosa di estremamente civile e all’interno solo una mossa per tenere buoni gli animi di una serie di imprenditori che chiedono rivendicazioni e tutele. Non credo sia così, ma non credo nemmeno alla storia dell’erba del vicino che è sempre più verde. In alcuni casi sicuramente lo è, in altri no. E in una cosa in Italia siamo molto bravi: a piangerci addosso e ad essere esterofili. Certo, pensare che le grandi metropoli europee e americane prevedano un ente che si occupi solo di nightlife ci deve dare da pensare.

E infatti l’altra prospettiva da cui guardare è piuttosto sconsolante, perché negli ultimi due anni le uniche (o quasi) notizie legate a club e istituzioni che abbiamo potuto dare relative al nostro Paese sono quelle relative a chiusure forzate, revoche di permessi, divieti, e allarmismi. Già non è facile pensare a realtà italiane che abbiano una scena cittadina forte, a parte Milano. Molti dei club italiani più prestigiosi si trovano in provincia, e se guardiamo ai luoghi cult della club culture mondiale contemporanea quelli situati nel nostro Paese sono davvero pochissimi, e sempre in diminuzione. Delle problematiche legate alle dinamiche della gestione, della mancanza di lungimiranza e di strategia da parte di manager e proprietari di locali abbiamo parlato tante volte – senza puntare il dito contro nessuno, non è il nostro mestiere né vogliamo sostituirci a chi fa il proprio -, e lo stesso della scarsa ricettività del grande pubblico. In questa sede però credo sia opportuno mettere l’accento sulle opportunità che può offrire una situazione di maggiore dialogo tra imprese e istituzioni come quelle citate per l’estero. La cultura, l’arte, l’intrattenimento ricevono dei fondi, in Italia. Li riceve il cinema, il teatro, molti settori che talvolta mostrano di avere ancora meno ritorno rispetto a quanto potrebbe avere un incentivo ai club. Perché è chiaro che la cultura va supportata e spinta sempre, però è davvero sconsolante quando ciò avviene con dei distinguo che creano ambiti di serie A e di serie B. Nel 2018 la musica elettronica dovrebbe essere considerata di pari dignità rispetto a tutte le altre forme d’arte tutelate dalle leggi, dai bandi, dai fondi pubblici. Specialmente in un Paese che ha dimostrato ampiamente di essere appassionato a questa musica, alla sua cultura, e che ha prodotto negli anni fantastici successi in termini di artisti e di locali divenuti leggendari. Sarebbe dunque bello vedere questo tipo di apertura anche dalle nostre parti, perché significa soltanto opportunità di crescita, significa civilizzazione allineata ai grandi Paesi che tracciano le linee guida del mondo, e significa vantaggi per tutti. Pensiamoci.

 

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Albi Scotti
Giornalista di DJ Mag Italia e responsabile dei contenuti web della rivista. DJ. Speaker e autore radiofonico.

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