Partecipare per la prima volta al Boiler Room è un’emozione speciale. Hai ascoltato centinaia di dj set in streaming negli anni e ti sembra di esserci stato tante di quelle volte da non perderti neanche un dettaglio, e di mettere piede fisicamente nel party sapendo esattamente cosa aspettarti. Invece no, c’è un mondo dietro che ti fa capire che quella telecamera e quella console sono davvero solo la punta dell’iceberg. Andiamo con ordine.
Arrivo a Napoli verso le 17, abbastanza tardi per parlare di pranzo dal momento che il pre-party ufficiale è fissato alle ore 18. Giusto il tempo di un’incursione in un noto caseificio casertano nel centro di Napoli dunque, tappa d’obbligo, per poi volgere alla volta del pre-party: un esclusivo rinfresco con dj set, accompagnato da sushi e champagne. Inizio a vivere le prime fasi del Boiler Room, e rimango sorpreso: abiti griffati, borse da migliaia di euro, qualche naso rifatto, metà degli ospiti in camicia. Non esattamente quello che ti aspetti dal pubblico-tipo di un party del genere, nonostante ad un certo punto siano affluiti artisti di un certo calibro, tra cui Ilario Alicante. Sorvolo, mi faccio due chiacchiere e due bicchieri, ed improvvisamente è l’ora del grande rendez vous. Entro e non oltre le ore 20 nel parcheggio del cinema MED, per ricevere il bracciale ufficiale ed essere scortati da una navetta nella segretissima location finale. Contando che sono arrivato alle 20:10 (il traffico napoletano è indomabile) e che ho ricevuto il bracciale senza problemi come decine di ragazzi sopraggiunti dopo di me, mi rendo conto che la famosa severità firmata Boiler Room non si respira più di tanto nell’edizione partenopea (anche il pre party è iniziato e finito in tempi ben diversi da quelli annunciati). Tuttavia non ho dato peso alla cosa, come immagino non ne dareste nemmeno voi, d’altronde quel che conta è la festa, no?

Subito dopo aver ricevuto il bracciale saliamo sulla navetta, e qui ho occasione di fare un primo check delle persone con cui condividerò le prossime sei ore. Perlopiù ragazzi tra i 20 e i 25 anni, tutti partenopei ed esaltatissimi per l’occasione conquistata. Qualcuno è un po’ troppo rumoroso, qualcun altro vicino a me dice cose a sproposito, e inizio a temere possa partire qualche coro nella navetta. Grazie a Dio non è successo. Destinazione raggiunta: Duel Beat. La location mi ha esaltato, perché ho tanto sentito parlare del Duel e non avevo ancora avuto occasione di metterci piede, e l’idea di farlo per la prima volta in occasione di Boiler Room non è per niente male, nonostante per il tipico clima underground di questo party mi sarei aspettato qualcosa di più “inusuale”. L’ingresso è rapido e indolore, con il bracciale che viene controllato 4-5 volte prima di metter piede nel Duel. Una volta dentro, ci viene comunicato il divieto assoluto di foto e video e mi compiaccio, perché in realtà mi sarei aspettato il solito muro di smartphone a cui siamo tutti tristemente abituati.
Entro intorno alle 21, c’è Flavio Folco che si sta esibendo con i vinili e nel club ci saranno sì e no cento persone. Con soddisfazione noto il fatto che l’80% di queste si è posizionato in fondo alla sala o sui corridoi laterali, e che solo un discreto gruppetto si è già appollaiato dietro la telecamera per la gioia dei loro amici telespettatori. Il locale si riempie rapidamente, mentre Folco offre un ottimo warm up (probabilmente lui e Markantonio sono i due che ho gradito di più). L’impianto è ottimo, nulla da dire, e l’organizzazione più che efficiente, dall’ingresso al bar. Mi godo il primo cocktail sulle note di Folco, scambio due chiacchiere con qualche addetto ai lavori ed è già l’ora di Gaetano Parisio. Il tempo vola, mi sto divertendo.

Nel momento di Parisio, verso le 22, il Duel è quasi gremito, ma gli ingressi continuano (non si doveva entrare e non oltre le 21:30?). Inizio ad osservare chi ho intorno e noto tanta eterogeneità. Il pubblico copre tutte le età, dai 18 in su, il che può essere considerato un bene ma non per forza. Un gruppetto di quattro o cinque clubbers si è posizionato da mezzora dietro la telecamera e balla energicamente battendo le mani e facendo partire qualche fischio. Nelle “retrovie”, su un palco rialzato, si notano camicie, rossetti, selfie e bocche a cuore (per un attimo la dietro ho pensato al Fellini), non proprio quel che mi aspettavo di trovare. Allo stesso tempo però noto elementi più che azzeccati, che ballano con educazione qualche metro dietro la console, o nei pressi di essa, ascoltando i dischi con attenzione e bevendo qualcosa. Il minestrone c’è, ma l’atmosfera è comunque ottima. La musica fa da padrona assoluta, e su questo non c’è nulla da dire.

Luigi Madonna inizia intorno alle 23, quando possiamo dichiarare il Duel ufficialmente pieno. Mischiati tra gli appassionati ci sono Coccoluto, Alicante, un mio ex professore di produzione musicale, tanti giornalisti e chissà quanti altri noti mi sono perso. Si balla forte e chiaro, si beve qualcosa in più e l’entusiasmo è sempre più alle stelle. Dopo due ore di festa, la situazione si è stabilizzata: davanti alla telecamera c’è sempre quel gruppetto di ragazzi, stavolta accompagnati da qualche ragazza che si è unita ai primi piani per i fans di Youtube, e più si scorre indietro con la vista e più la fascia d’età del pubblico sale. Bravo Madonna, che inaugura le prime note della tipica techno partenopea incalzante ed energica, anche se quello che forse mi è piaciuto di più è Markantonio. Se non sbaglio in console a partire dalle 23:30, infiamma letteralmente il pubblico di Boiler Room, che si aggira intorno alle 400 persone. Iniziano anche i primi flash proibiti, d’altronde era poco realistico riuscire a trattenere una folla di 400 cristiani (italiani!) dal non farsi selfie con sfondo console (io giuro di non averlo fatto).
A pochi minuti dalla chiusura di Markantonio, compare Capriati in console e c’è il boato. Nelle prime file lo abbracciano e lo baciano e chi stava dietro inizia a farsi vicino al dj booth armato di smartphone. So cosa sta per succedere, e lo sapete anche voi. Dalla mia ottima posizione su un corridoio laterale rialzato, mi godo perfettamente la scena. Cento iphone si alzano, il buttafuori neanche ci prova a farli abbassare, ed inizia il set di Capriati. Una cassa che sale dal nulla lentamente, come un battito cardiaco, per poi diventare il metronomo del Duel. I primi cinque minuti non rendono, secondo me per un inconveniente tecnico dovuto al cambio di attrezzatura in console, a causa del quale il volume sembrava notevolmente più basso. Più tardi si è stabilizzato e Capriati è potuto proseguire a pieno regime. Joseph si esibisce perfettamente nei suoi standard, con una cassa dritta che più dritta non si può, e accende il Duel accompagnato dai laser del club e dall’energia implacabile della folla. Ho resistito fino alle due, poi le gambe hanno iniziato a cedere ed il pensiero di rimettermi in macchina per tornare a Roma ha iniziato a sussurrarmi di abbandonare la nave.
Riflessioni time. La seconda tappa italiana di Boiler Room nel complesso è riuscita. L’organizzazione non ha fatto acqua – quelle imprecisioni sugli orari sono sciocchezze, in fondo – ed il pubblico per quanto eterogeneo non ha influenzato il corretto svolgimento di uno dei party underground più affascinanti del pianeta. Certo, la super esclusività nella selezione non so quanto fosse realmente accurata, perché un paio di individui non so proprio come ci siano finiti là dentro, ma se stessimo a guardare il puntiglioso dettaglio l’analisi riuscirebbe quasi sempre negativa (oltre che piuttosto pedante). La voce della scena techno napoletana ha ricevuto il suo massimo amplificatore e di questo c’è solo da esser soddisfatti, che a te piaccia la line up o meno. E’ giudizio di tanti il fatto che si sarebbe potuta sfruttare questa occasione per valorizzare talenti partenopei nascosti invece di esporre i “soliti noti”, ma sono d’accordo solamente in parte. Ne parlavo con il proprietario del caseificio dove ho fatto tappa prima del pre-party: quando si parla di italiani sotto riflettori così grandi ed importanti, esultare è d’obbligo, e a notizia di Boiler Room Napoli io l’ho fatto come un goal di Totti nella finale di Champions League (permettetemi di sognare). Non ci resta che augurarci un nuovo episodio italiano nella capitale, quel che forse potrebbe essere l’esame finale per la nostra scena.
14.12.2015