L’industria della musica elettronica è un “club chiuso” dove contano più i follower che la competenza: è la denuncia di oltre il 60% dei produttori e dj emergenti, secondo uno studio della Pete Tong DJ Academy presentato all’International Music Summit. L’analisi, basata su 15.000 interviste, svela un mondo in cui privilegi economici, connessioni e popolarità sui social determinano il successo, lasciando ai margini chi punta solo su creatività e abilità. Il 61% degli artisti ritiene che i numeri su Instagram o TikTok siano più importanti del talento musicale, mentre il 52% ammette di aver sofferto ansia o esaurimento. Non sorprende che il 31% abbia pensato di abbandonare la musica nell’ultimo anno, schiacciato dalla competizione e dalla percezione di un sistema ingiusto.
C’è chi resiste: il 35% crede ancora che perseveranza e resilienza possano aprire le porte del successo, ma per molti la speranza si scontra con realtà come i costi proibitivi delle attrezzature o la necessità di vivere in città come Londra, dove il 57% dei locali rischia di chiudere entro il 2030.
Intanto, segnali positivi arrivano dalle istituzioni: la Pointblank Music School ha inaugurato un campus da 19.000 mq a Shoreditch, con 13 studi per formazione pratica su produzione e DJing. “Vogliamo essere un hub per le nuove generazioni, offrendo strumenti concreti”, spiega il CEO Rob Cowan. Ma senza un cambiamento strutturale, restano dubbi: quanto può durare un’industria che premia l’apparenza e marginalizza l’autenticità?
14.05.2025