“For the past 2 years Fabric has operated without incident but tragically in the past 9 weeks two 18 year old boys have died as a consequence of drug overdoses. In order to understand how this has happened we have agreed with the police and other agencies to suspend our operation whilst we investigate. The club will therefore be closed this weekend”.
Durante gli ultimi 2 anni il Fabric non ha avuto incidenti ma tragicamente, nei passati 9 mesi due ragazzi di 18 anni sono morti a causa di overdose di droghe. Con l’obiettivo di capire come sia potuto accadere, ci siamo accordati con la polizia e con altre agenzie per sospendere le nostre attività durante le investigazioni. Il club resterà perciò chiuso questo wekend.
E’ il comunicato diramato dal Fabric di Londra dopo che, appunto, si sono verificate due morti – durante gli ultimi mesi – all’interno del locale. Un gesto che fa sicuramente scalpore, perchè il Fabric è una vera istituzione del clubbing mondiale, capace di fare tendenza non soltanto per le scelte musicali e di programmazione, ma anche di politiche manageriali, e decidere di tenerlo chiuso per delle indagini è un avvenimento che crea una notizia molto importante nel settore. Ma attenzione, proprio qui sta l’aspetto importante della faccenda: nella scelta. Stando al comunicato, infatti, pare che la direzione del club abbia deciso di propria iniziativa di tenere chiuso il Fabric. Non è stata un’ordinanza della polizia o di altri organi di forze dell’ordine a costringere la chiusura del locale (seppure nel comunicato si legge di un accordo) ma la volontà dello stesso Fabric. Le cose stanno davvero così? I rapporti del Fabric con le istituzioni londinesi non sono prorpio idilliaci, ricorderete gli attriti per le licenze di un paio di anni fa, quando addirittura si pavnetò la chiusra dello storico club. Ma in ogni caso, il modo con cui la questione è trattata in questi giorni ci porta a una serie di considerazioni che ci fanno constatare la maturità nell’atteggiamento di una società che vive la musica – e la club culture – non come qualcosa di potenzialmente pericoloso o come una semplice attrattiva di svago, ma con tutta la serietà e il rispetto che un ambito professionale – oltre che artistico e culturale – merita. Scegliere di tenere chiuse le porte di un club è molto differente dall’essere costretti a farlo da un provvedimento, come accadde lo scorso anno per il Cocoricò con tutto il polverone mediatico che ne seguì e che investì diversi club di tutta Italia durante la scorsa estate, con una cattiva pubblicità durata mesi. Con questo non si vuole mancare di rispetto a Lamberto Lucaccioni, scomparso proprio fuori dal locale riccionese, né agli organi competenti che disposero le indagini e la chiusura del club; ma è pur vero che quanto riferito dal comunicato del Fabric sembra mettere in luce un modo totalmente differente, più maturo e consapevole, di gestire situazioni sicuramente spiacevoli e a cui porre rimedio. D’altro canto, icordiamoci che Londra è la città che sta promuovendo la figura istituzionale del “sindaco della notte”.
Trovate le differenze?
12.08.2016