Succede in Canada. Il Figures è un club di Toronto che ogni venerdì permette al pubblico di votare il pezzo che il dj suonerà, traccia dopo traccia, attraverso una app di nome PSLY. A maggioranza, verrà deciso quale brano sarà poi suonato dal dj nel suo set. L’applicazione era stata testata sempre a Toronto, al Love Child Social House, il mese scorso, e ora pare che l’esperimento diverrà regolare al Figures. Non è una puntata di Black Mirror, anche se tutta questa storia sembra davvero frutto della creatività di qualche sceneggiatore amante di futuri tecnologici e distopici.
PSLY è in fase di test, alcune modifiche verranno introdotte all’app, ma già così l’idea suona sinistra. Non solo perché è il peggior incubo di ogni dj, la messa in pratica sistematica del classico “scusa, ce l’hai quella che fa…?” puntualmente richiesto dai clienti più assillanti e sfacciati. Ma anche perché mina l’essenza stessa di un’arte che proprio sul gusto e sulla conoscenza e cultura del dj basa la sua stessa ragion d’essere: il dj è dj perché rispetto al pubblico si assume la responsabilità di far ballare e divertire le persone con le proprie scelte, siano esse la top 40 del momento in un club iper-generalista o una ricercatissima selezione di novità nel club underround più blasonato del mondo. In qualsiasi caso, il dj è la persona che pilota le danze. Non il contrario.
Sempre citando Black Mirror, sono il regista e gli sceneggiatori a decidere una trama e a svilupparla, non gli spettatori. ‘Bandersnatch’, l’episodio con i finali aperti scelti dagli spettatori, è probabilmente il meno amato della serie cult. Paragoni cinematografici a parte, il caso sembra leggero, e con ogni probabilità l’esperimento finirà nel giro di pochi mesi. Ma è comunque un altro inquietante segnale della direzione sempre più invadente che sta prendendo la tecnologia, anche applicata alla musica.
22.07.2019