foto Gabriele Canfora
Venerdì 13 e sabato 14 ottobre l’Amnesia Milano festeggia il suo quindicesimo anniversario, con il ritorno della one-night TheBaseCrash e il b2b di Davide Squillace e Matthias Tanzmann, affiancati dal dj resident dell’Amnesia Stefano Di Miceli. Dal numero di ottobre di DJ Mag Italia, Riccardo Lai, direttore artistico dell’Amnesia Milano, firma in esclusiva la rubrica Backstage, una serie di articoli che raccontano segreti, curiosità e retroscena del mondo clubbing. Ecco il testo integrale del suo primo articolo.

foto Fra_909
Negli ultimi dieci anni qualcosa è cambiato. I locali funzionavano, le persone andavano nei club per incontrarne altre, tutti riuscivano a ricordarsi la traccia giusta suonata dal dj al momento giusto. La figura del dj ha assunto sempre più importanza; in Italia i grandi nomi erano sempre gli stessi, sempre nelle stesse situazioni. Ci si rivolgeva soprattutto agli Stati Uniti, ai top dj House quali Frankie Knuckles, David Morales, Tony Humphries e Louie Vega, dj molto costosi causa le spese di trasferta e il loro calendario fittissimo, che non consentivano ai club di coprire una programmazione stagionale di almeno quaranta serate. Così è nata l’esigenza di iniziare a collaborare anche con nomi differenti provenienti da tutta Europa, grazie anche al fenomeno della minimal techno, arrivata nel nostro territorio proprio in quegli anni; si è iniziato a collaborare con i primi artisti sopportando costi ancora abbordabili. Poco dopo i dj hanno iniziato a guadagnare in base alla capacità dei club. Un esempio? 1.000 persone di capienza, 30 euro il biglietto d’ingresso, totale lordo 30mila euro: i 20mila euro a budget per il dj erano tanti, troppi, ma sostenibili, in quanto il club poteva contare sugli incassi di bar, guardaroba e parcheggio. Il gioco quindi stava ancora in piedi. È poi partita la guerra tra i club per avere i migliori artisti. Con quale effetto collaterale? L’aumento della domanda di sempre più locali ed eventi in location alternative, le richieste dei dj e delle loro agenzie in conseguente crescita, l’aumento delle richieste, dei cachet, dei costi, del prezzo dei ticket d’ingresso. Una vera e propria inversione di marcia.

E adesso? Lo schema cachet del dj/capienza del locale/prezzo d’ingresso è saltato. Gli ingressi a 30/35 euro non esistono più se non per festival ed eventi speciali (del resto amiamo complicarci la vita). L’ingresso costa in media 10/15 euro, in rari casi arriva a 20 e i dj cosa fanno? Nulla, perché ai dj tutto questo non interessa. L’equazione sulla quale si reggeva tutto il sistema non funziona più e tutti i club sono al collasso: ogni schema è destinato a saltare, non ci si deve stupire se in futuro vedremo artisti techno in discoteche commerciali o viceversa, oppure locali con capienza ridotta o in periferia con una direzione artistica totalmente altisonante, club che molti dj sino a poco tempo fa non avrebbero mai preso in considerazione. Negli ultimi anni ci siamo inventati di tutto: eventi sempre più grandi, sponsorizzazioni, tagli alle spese, ma nel frattempo le pretese degli artisti sono cresciute sempre di più. Di questo passo spariranno sogni, motivazioni e passione per un lavoro come il nostro che non può prescindere dal contatto con il pubblico. Allora sì, saranno problemi veri.
Molti grandi club inizieranno a dire NO a queste richieste sempre più esorbitanti; si sta aprendo così un mercato parallelo per certi locali e certi artisti, utili forse per il cosiddetto hype, ma con un rischio ulteriore: inflazione. La maggior parte dei nomi disponibili sul nostro territorio si sta o è già fortemente inflazionata, il valore dell’artista è destinato ad abbassarsi sempre più, gestori e promoter pagheranno cachet dal valore sproporzionato. Le soluzioni? Scegliere artisti dal miglior rapporto qualità/prezzo, che non prosciughino le risorse dei club, impossibilitati così ad investire in servizi, luci, audio, sicurezza, qualità dell’intrattenimento. Il cliente deve vivere un’esperienza, un’emozione, non deve accontentarsi di un set di un paio d’ore che dimenticherà appena uscito dal locale. In sintesi, si deve tornare ad investire il giusto per la consolle, ma è sempre il club che deve essere ricordato e che vale sempre la pena di essere vissuto.
12.10.2017