Foto: Francesco Prandoni
Quella di Milano doveva essere una festa di fine tour. In realtà era una sfida. Cosmo ci prova con il palazzetto. E un conto è programmarlo, un palazzetto, o un tour nei palazzetti, un altro è avere la sfacciata presunzione di chiudere un’avventura andata benissimo con un passo così rischioso. Dopo un anno di club di grandi dimensioni, di festival e serate estive sempre pienissime, Cosmo e il suo team decidono di suonare al Forum di Assago, “il” palasport per eccellenza, per concludere il pecorso di ‘Cosmotronic’, album bello e di successo. Non solo: decidono di alzare – giustamente – il tiro con gli allestimenti, portando un upgrade adeguato di scenografie e visual (curati da Pfadfinderei, lo studio berlinese di fiducia di Paul Kalkbrenner, Moderat/Modeselektor, Ellen Alien, Boysnoize e molti altri), di chiamare una manciata di ospiti e soprattutto di calcare decisamente la mano sugli elementi di novità che Cosmo ha portato in questi mesi nel pop italiano. Quindi, in apertura Myss Keta e il dj set di Ivreatronic, il collettivo che orbita intorno a Cosmo e al suo lato più clubbing. E poi la consueta tempesta di beat. Come a sottolineare che questo concerto non vuole edulcorarsi, smussare gli angoli perché si fa il Forum e allora si deve diventare nazional-popolari. Al contrario, gli elementi club-oriented sono accentuati, e non si risparmiano certe prese di posizione, anche forti. Una sfida, dunque. Quella di andare a prendersi, fisicamente e simbolicamente, il posto che ti fa fare il salto di categoria, soprattutto nell’immaginario collettivo. Nota: negli ultimi due anni c’è stata una vera frenesia verso il Forum. Il palazzetto “va fatto” e così diversi artisti in rampa di lancio – e i loro management e agenzie – pensano che buttare lì la data grossa, dichiarare il sold out con un anello chiuso e spammare la notizia in ogni dove sia figo. Non lo è. È uno specchietto per le allodole. E fare il Forum quando non si ha ancora “il fisico” è molto pericoloso. Ci sono caduti in tanti.
Cosmo no. Cosmo ha scritto una pagina importante della musica italiana. E della musica in Italia. In primo luogo, perché come dicevo non ha limato di una virgola il suo show, anzi l’ha caricato ancora di più nella dimensione a lui congeniale, ed è ciò che deve fare un artista: non essere paraculo per forza, ma trovare, capire le proprie qualità e accentuarle. Infatti il concerto è un upgrade di quelli del tour, con un palco più grande e ben strutturato nelle proporzioni e nel design di luci e scenografia. Nei visual, giocati benissimo. Una produzione da palasport, degna, non eccessiva, non sfarzosa ma sicuramente non cheap, e soprattutto coerente con lo stile dell’artista, a riprova che la qualità non va per forza di pari passo con il budget: se hai le idee riesci a portare in scena una figata. Nei costumi, assolutamente spaziali e assolutamente contemporanei, la moda e l’abito di scena. Perfetti per rappresentare il clubber che diventa superstar ma resta clubber, si muove si dimena, balla, sbaglia, ride sugli errori, riprende il tempo e coinvolge tutti.
Il concerto di Cosmo è un dj set con un live incorporato, a voler parlare chiaro. I pezzi si fondono l’uno nell’altro, il set up è tutto elettronico, non c’è tregua, ma ci sono le canzoni. Ecco, se dovessi fare una breve analisi del motivo di un successo così clamoroso, la risposta è qui: Cosmo ha il grandissimo pregio di saper produrre delle strumentali che sarebbero credibilissime a un festival techno, e parliamo del genere più popolare oggi (infatti ha spaccato al Movement lo scorso ottobre) e di saper scrivere belle canzoni. Con il ritornello killer, la melodia tipicamente italiana e delle parole splendide, profonde, che raccontano il nostro tempo, l’intimo e il pubblico, il rapporto con l’amore, la famiglia, lo svago, lo sballo, la necessità di uscire dalle gabbie. Tutto. Detto bene, raccontato da un amico che ti guarda negli occhi e un secondo dopo è sparito a ballare con una bottiglietta d’acqua brillante (molto “brillante”) in mano. È un concerto liberatorio, fisicamente, spiritualmente, e anche simbolicamente. Liberatorio per il pubblico e liberatorio per la musica italiana, tutta. Perché se è vero che c’è una nuova generazione di artisti che si stanno prendendo gli spazi importanti, nessuno l’ha fatto come lui, finora. La qualità del suo show è infinitamente migliore degli indie, dei trapper, di tutti gli altri. Se la gioca già con quelli seri a livello di live (e in Italia non sono moltissimi). Nonostante le sbavature. Anzi, quelle fanno parte della bellezza di Cosmo. Così, la prima parte è un warm up, c’è qualche hit, c’è un clamoroso Marracash che sbuca dal nulla (ci manchi, Marra!) sul lungo ponte di ‘Le Voci’. Poi arriva il momento del palco B, in mezzo all’arena, un po’ più teso, più schiettamente dj set, e potenzialmente potrebbe essere una carta vincente ma invece soffre di qualche incertezza, anche se qui le luci sono al meglio. E poi parte la lunga cavalcata finale, arrivano le hit, finalmente il Forum esplode a cantare i ritornelloni in coro; Achille Lauro e Boss Doms on fire in ‘Angelo Blu’ (l’impressione è che questi due siano arrivati al momento di svolta vera, Sanremo sarà tutto per loro, pare); Calcutta che interviene a fare il cazzone sul finale e fa partire ‘L’Ultima Festa’. Le hit sono hit: ‘L’Amore’ (un pezzo di quelli che andrebbero cantati con le braccia al cielo, sempre, anche se siete in casa da soli: “arriva l’amore e non capisco più niente” è una frase da tatuarsi sul cuore), ‘Animali’, ‘Turbo’, ‘L’Ultima Festa’, il finale orgiastico con ‘Disordine’ e tutti sul palco.
È un concerto liberatorio ed è un concerto importante. Politico. Perchè la musica è politica, lo è intrinsecamente, è una presa di posizione più forte della politica vera e propria, lo è a maggior ragione in questi tempi in cui la politica si cura più dei like e degli hashtag che di contare davvero, si bada più di essere sensazionalista che lungimirante. Ma Cosmo è anche esplicitamente politico. A un certo punto su un visual e sulla sua voce registrata arriva questa frase, forte, chiara, netta:
“Il mondo non è della finanza, né dei fascisti. Dobbiamo aprire i porti, dobbiamo aprire le gambe”
ed è un momento di una forza e di una limpidezza disarmanti. In un tempo in cui molti hanno paura della risacca social, della shitstorm, lui se ne frega e parla chiaro. Politica. Anche il visual che si “scioglie” nella scritta MDMA è esplicito e non lascia nulla di sottinteso. E va bene così, niente ipocrisie. Liberarsi, avere voglia di ballare, di gridare, di essere nudi e sinceri con se stessi e con il mondo. Ieri al Forum di Assago, Milano, è andato in scena uno spettacolo bellissimo, che porta qualità alla musica italiana, alla musica da club. Ma soprattutto, c’era nell’aria, a un certo punto, la sensazione che si stesse abbattendo una barriera, si stesse oltrepassando una soglia. Si è rotto un argine. Un momento magico.
Foto: Francesco Prandoni
03.02.2019