• SABATO 30 SETTEMBRE 2023
Interviste

Da Napoli a New York a Milano, faccia a faccia con Sixpm

Abbiamo incontrato Sixpm per la release del suo primo singolo ufficiale 'PUTA' con Ghali & Guè

La storia di Andy Sixpm parte da lontano, e solo dopo lunghi anni adesso sta ricevendo un riscontro davvero importante e meritato. Passare da essere un producer dietro la quinte alla direzione artistica di alcuni dei progetti più rilevanti degli ultimi anni – vedi alla voce ‘GUESUS’ di Guè e ‘IO NON HO PAURA’ di Ernia – non è cosa per tutti.

Eppure Andy sembra averlo attraversato con una certa tranquillità, e consapevolezza del background accumulato e dell’esperienza maturata. L’occasione per conoscerlo è stata la release del suo primo singolo ufficiale ‘PUTA’ che vede le collaborazioni di Ghali e Guè. Un brano interessante e inteso, con una combo che ha fatto molto discutere, a causa dei dissidi più o meno che ci sono stati tra i due rapper nel corso degli ultimi anni.

La conversazione con Sixpm è stata l’occasione per conoscerlo meglio, per capire come affronta la produzione, come vede il suo ruolo uno producer più importanti d’Italia e cosa si aspetta per il futuro.

 

 

Tu negli ultimi tempi passato da essere un producer più “dietro le quinte” a essere al centro dell’attenzione, hai curato prima ‘GUESUS’ e quest’anno il disco di Ernia come main producer. Come stai vivendo tutto questo?
In modo naturale, ci ho messo tanti anni, sono cresciuto in modo graduale, è stato davvero un percorso. Era forse il momento giusto per fare uno step ulteriore e incominciare a seguire la direzione artistica di un intero disco. Sono molto contento, lo aspettavo da tanto. Sentire gli artisti che si fidano, che non mi chiedono soltanto un beat ma  proprio una direzione, è una grande soddisfazione, è forse il mio aspetto preferito del lavoro.
 
Qual è secondo te la principale differenza tra essere un producer da singola traccia e uno che segue la direzione artistica di un intero progetto?
Prima di tutto devi conoscere bene l’artista, Guè lo conosco da tanti anni, mentre per esempio con Ernia ho recuperato della musica sua che non conoscevo. La differenza grossa è che tu puoi entrare in un disco senza conoscere l’artista, perchè l’artista si innamora di quel beat. Mentre seguire la direzione artistica significa vivere insieme all’artista, condividere tante giornate assieme, fare molti ascolti, uscire a pranzo, a cena, stare insieme, far festa, far vacanza. Devi vivere un po’ di vita insieme per allinearti.
 
A proposito di ascolti, di reference, c’è qualcuno o qualcuna a cui in questo momento guardi e pensi “lui/lei sta facendo una cosa interessante”?
Guardo tanto a quello che succede fuori, la Spagna, la Francia, Uk. Rosalia è uno dei progetti più interessanti degli ultimi anni per una questione estetica e di gusto, è di un’eleganza unica. Skrillex ogni volta mi stupisce. Fred Again.. è un altro artista che mi piace molto.
 
 
 
 

Tu vivi a New York ?
Io sono stato di base a New York per otto anni e facevo avanti e indietro dall’Italia. Tutti i miei lavori li ho costruiti lì, infatti molti artisti venivano a trovarmi a NY per lavorare. Nell’ultimissimo periodo sto invece facendo un po’ più base a Milano.

Che cosa ti ha lasciato l’esperienza americana per quanto riguarda il lavoro?
Come approccio alla musica sicuramente l’intenzione internazionale. Mi spiego: quando lavoro a un brano cerco di rapportarmi a un sound che non è solo quello che funziona in Italia ma che va all’estero. E poi anche una prospettiva esterna dell’Italia, ho un modo di guardare a quello che succede qui che è diverso rispetto a qualcuno che sta solo in Italia. Non so se sia un vantaggio, ma è sicuramente un punto di vista diverso. A livello lavorativo ho imparato moltissimo dagli standard alti che hanno per la produzione, per esempio l’utilizzo di tanti strumenti, che in Italia tendiamo a fare meno o a eliminare. Poi c’è anche il discorso dei budget che hanno loro, e che gli permettono di fare di più. Conoscere quel mondo è stato importante per me.
 
Parli di strumenti: in ‘PUTA’, il tuo primo singolo, si sente tanto la chitarra. Sei partito dalla chitarra e ci hai costruito il brano attorno? Oppure l’hai inserita dopo?
Sono partito dalla chitarra! Cerco di sempre di partire dall’idea più forte, il giro melodico, prima anche degli accordi. Nella mia mente scompongo il beat in questo modo: linea melodica, poi accordi che la accompagnano, e poi passo alla sezione ritmica.
 
Ma tu sei chitarrista oppure l’utilizzo dello strumento è un plus che hai aggiunto nel tempo per le produzioni?
No, io nasco come chitarrista, è stato il primo strumento al quale mi sono approcciato. Sono autodidatta, non sono un virtuoso, però la parte di scrittura e di composizione la faccio spesso con la chitarra e a volte anche con la tastiera.
 
Questa cosa che mi stai dicendo è molto interessante, mi ricordo una vecchia intervista di Luchè con Bassi Maestro, dove Luchè consigliava ai giovani producer di imparare a suonare uno strumento fin da subito, perché avrebbe arricchito le produzioni. Ti trovi d’accordo con questa visione?
Secondo me un produttore che conosce gli strumenti è più completo e più autonomo, perchè se hai un’idea, puoi immediatamente svilupparla, se devi chiamare ogni volta qualcuno per suonare,  il processo diventa più lento e macchinoso. Non è obbligatorio, ma è senza dubbio un’arma in più.
 
 
 

Per quanto riguarda gli artisti coinvolti, la scelta di Gué è quasi scontata alla luce di tutti gli anni di fratellanza artistica. Come mai Ghali? E cosa ti piace di lui?
A me Ghali piace molto da sempre, non avevamo però mai avuto modo di collaborare ed erano anni che ci eravamo promessi di lavorare insieme. Poi l’ho rivisto al Love MI, era il periodo in cui stavo per firmare con Capitol, e stavo ragionando sul primo singolo da fare. Guè era il primo nome che volevo coinvolgere, e già con lui avevamo accennato a Ghali, quando ci siamo visti al Love MI ho capito che era l’artista giusto e abbiamo organizzato la session. Ghali ha un linguaggio unico, quasi cartonato, da bambini, però riesce a farlo nel modo più cool possibile. Nel brano dice “uffa”, sta parlando di sesso ma dice “uffa”, una cosa un po’ strana. E lui lo fa spesso, c’è un forte contrasto temi più street e termini giocosi.

Prima parlavi di guardare l’italiana fuori, come vedi l’Italia dalla tua prospettiva?
Io sono arrivato a NY e, da italiano, ad andare in studio con gli americani, mi sentivo un po’ uno sfigato, pensavo: “siamo un mercato piccolo, possiamo solo imparare etc.” Poi proprio mentre ero fuori c’è stata un’evoluzione incredibile in Italia, soprattutto dei produttori. E il livello si è alzato in modo incredibile, si è trovata un’identità e infatti negli ultimi due anni quando mi sono trovato in studio con degli americani, ho fatto sentire delle cose nostre senza problemi, anzi in modo orgoglioso.

 
A cosa stai lavorando? E cosa ci dobbiamo aspettare per il futuro?
Mi sto concentrando molto su Rose Villain, quindi sicuramente usciranno delle cose sue. Ho alcuni progetti a cui sto lavorando e di cui non posso parlare. E ovviamente lavoro anche a cose mie con delle nuove accoppiate strane. Sono tanto concentrato sul campionamento, sull’utilizzo dell’MPC.
 
Questo è molto interessante…
Si,  è un canale che crea delle possibilità che gli strumenti tradizionali non hanno. È un po’ magico l’MPC.
 
Mi piace sempre chiudere l’interviste con una domanda off-topic, è vero che a New York si può trovare una pizza buona quanto quella italiana? 
Assolutamente sì! ’Song E Napule’, gestita dal mitico Ciro. Incredibile. Io sono nato a Napoli, ho mangiato delle pizze fantastiche a Napoli, ma ‘Song E Napule’ non mi fa rimpiangere casa. Tra l’altro un paio di settimane fa sono andati da lui Busta Rhymes e 50 Cent a mangiare la pizza.
 
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