Nel video musicale di ‘Alone’, il singolo che ha lanciato Marshmello sotto i riflettori del mondo, il dj interpreta un ragazzo goffo e solitario che viene deriso dai compagni di scuola, ma che finisce a farli ballare tutti. Due anni dopo, quel video è stato visto per oltre 150 milioni di volte, la totalità dei suoi progetti video arriva quasi al miliardo di visualizzazioni e, tra dischi e live, Marshmello oggi guadagna oltre 20 milioni di dollari all’anno. Il suo giovane manager, Moe Shalizi, la mente dietro l’intera operazione, ha scommesso che nel 2019 il suo assistito arriverà a guadagnare 50 milioni di dollari, raggiungendo così Calvin Harris in testa alla classifica dei dj più pagati al mondo. Le ragioni di un successo così strepitoso non sono casuali e rispondono ad una certosina strategia di marketing che ha permesso a Chris Comstock – questo il suo nome di battesimo – di arrivare in copertina su Forbes e nella classifica dei “Migliori 30 Under 30” del 2018, a fianco, ovviamente, di Moe Shalizi.
“Non mi levo il casco perchè non mi interessa l’ego, il casco rende me Marshmello ma anche voi. Siamo tutti Marshmello“. Questo è il tweet con cui nel 2017 Marshmello andava a spiegare il motivo per cui, per il momento, la strategia del suo team sarebbe rimasta quella di mantenere il mistero sulla sua reale fisionomia. È ancora così. Forbes ed altre testate – anche noi abbiamo fatto la nostra parte – hanno da tempo svelato quella che al 99,9% è l’identità dell’uomo mascherato più famoso della dance, ovvero il 26enne Chris Comstock, nome di battesimo del produttore statunitense Dotcom, che nel 2015 ha deciso di dare una svolta secca alla propria carriera investendo idee e denaro in un progetto artistico completamente nuovo. Poco importa che Chris abbia scelto di tenersi il casco in testa a vita (le comodità d’altronde ci sono, tra aria condizionata e sistemi LED è costato più di 55mila dollari), dal momento che oggi la mello head costituisce uno dei simboli più iconici del movimento pop dance. La strategia di base è stata ideata da Moe Shalizi, artist manager americano classe 1990, il cui roster, oltre a Marshmello – che ha conosciuto via Soundcloud – comprende nomi altisonanti della scena come Tiësto, Jauz, Ookay, Slushii, Borgeous, Ghastly. Ex addetto vendite, Moe sa benissimo come rendere invitante alla perfezione un artista appena lanciato. Quindi, il primo motivo per il successo planetario di Chris è l’identità. Il nome marshmello riporta all’omonimo sfizio gommoso con cui si esprime la sonorità “dolciastra” del dj, il casco e la “mellogang” trasmettono la volontà di comunicare, con la musica, un sentimento di appartenenza e condivisione intorno a tematiche come le delusioni d’amore, l’emarginazione, le insicurezze adolescenziali e il bullismo; l’immaginario di riferimento di Marshmello è sempre chiarissimo e mai casuale. Anche per questo motivo la crescita dell’artista è stata orientata secondo una logica di indipendenza discografica. Marshmello, infatti, non ha contratti con alcuna major label: i singoli accordi vengono presi in merito a specifiche opere musicali, senza mai chiudere intese contrattuali a lungo termine. Ecco perchè un giorno potresti sentire Marshmello su OWSLA, un altro con Selena Gomez su Interscope. Il succo, in ogni caso, non cambia. Il mello sound è sempre lì.
Poi ci sono gli influencer. Il portale web di Forbes.com sottolinea che una tappa decisiva per l’ascesa di Chris Comstock sia stata il Coachella 2016. No, non ci ha suonato. Chris ha passato l’intera edizione del 2016 a girare per i palchi con due guardie del corpo e un fotografo, a colpi di selfie con celebrità e altro materiale interessante per i social. Un’esperienza che gli ha permesso di guadagnare, di rendita, oltre un milione di followers aggiuntivi in un anno, per un totale (oggi) di quasi 14 milioni di utenti. Inutile dire che nel 2017 si è esibito nella Sahara Tent del festival. Curiosando sul profilo Instagram dell’artista, è possibile constatare quanto la sua comunicazione sia pianificata in ogni dettaglio, dalla qualità degli scatti alla viralità dei contenuti, dalle comunicazioni per i fan alla promozione del merchandising. L’immagine di Marshmello è semplicemente impeccabile, così come quella di Moe Shalizi, che a sua volta lavora tantissimo sulla sua presenza Instagram (tra lusso e auto da corsa, una specie di Dan Bilzerian della dance). Ignorare il ruolo determinante del supporto degli influencer e soprattutto dei social media nella crescita di un musicista (che vede nella fama un obiettivo da raggiungere, sia chiaro) sarebbe assolutamente da matti, e spero che nel 2018 questo sia ormai chiaro a tutti, che piaccia o meno. “Marshmello ha avuto un fotografo personale ancor prima di un tour manager” rivela Shalizi. Ne parlavamo giusto un anno fa, di questo genere di cose. Inutile poi citare la manfrina “Who’s Marshmello?!” che ha coinvolto star della televisione e dj acclamati, permettendo all’hype di lievitare a dismisura. Il primo big a supportare Marshmello – nel vero senso del termine, non nelle derivazioni del mondo dei bedroom producer – è stato Skrillex. “La sua musica mi sta aiutando in una fase difficile della mia vita e per questo ho assoluto bisogno di sapere chi sia” diceva qualche anno fa, prima dell’incontro con il giovane Chris, che tra l’altro in Sonny Moore ha il suo più grande mito e che, per questo, ha temporeggiato molto a conoscere di persona.

Robb McDaniels, CEO di Beatport, afferma che “Marshmello al momento è l’unico che sta facendo la differenza per questa generazione”, alludendo al fatto che il pubblico del producer sia del tutto globale, con particolare appeal – aggiungo io – nel Sudamerica e nell’Oriente. Il 20% degli ascoltatori medi dello statunitense sono ragazzini under12, come confermato dal suo manager, e la già citata indipendenza discografica permette a Marshmello di poter prendere decisioni creative totalmente autonome e sottostanti a nessuna imposizione o necessità. Quindi via libera per le release su OWSLA e Mostercat ma porta aperta anche a Universal Music, in singolo, in collaborazione o con featuring: Selena Gomez, Migos, Logic, Bastille, Lil Peep e Khalid sono solo alcune delle stelle con cui ha diviso lo studio dal 2017 in poi. Allo stesso tempo, il controllo dei diritti economici sulle opere pubblicate ha permesso a Shalizi e al suo team di concedere agli Youtuber – su tutti sicuramente Ninja, il più famoso gamer di Fortnite – i permessi necessari per avere la musica di Marshmello nei propri video, e questo ha contribuito di rendere Chris una presenza costante nei canali più seguiti dal pubblico dei giovanissimi che popola il portale video di Google. Guarda un po’, il canale di Marshmello è nella top50 dei più seguiti in tutto il mondo, con 1.4 milioni di nuovi iscritti e più di 250mila visualizzazioni ogni mese, alimentato costantemente da format divertenti come il recente ‘Cooking with Marshmello’. “L’obiettivo che ci siamo posti è stato: come si crea un personaggio universale?“ spiega Shalizi. A partire dal 2015, con la musica in free download su Soundcloud, fino alla recente hit ‘Happier‘ con i Bastille – attualmente in quinta posizione nella classifica globale di Spotify – la manovra è stata impeccabile.

Per arrivare sul tetto del mondo, il mello team ha inventato un brand. E lo ha fatto in un circuito, quello dell’electro mainstream, in cui i protagonisti sorti negli ultimi quattro o cinque anni sono identici nell’aspetto e molto simili nel sound. La condanna del movimento (e il motivo per cui tantissime star stanno sperimentando così tanto negli ultimi mesi) è senza dubbio l’aver toccato il punto massimo di saturazione da circa un anno. “Stiamo pensando se rendere pubblico il suo volto, non so dire se in futuro si farà“, dice Moe, in una delle dichiarazioni lasciate a Forbes, “ma quel che certo è che al momento [Chris] può fare quel che vuole”. Se in America Marshmello è l’idolo delle folle e sinonimo della dance sui grandi schermi – su Youtube è pieno di sue comparsate televisive – in Europa la sua popolarità necessita di essere consacrata da una hit definitiva; non che non venga riconosciuto tra i maggiori dance act del momento (lo dice anche la DJ Mag Top 100 Djs, che lo rinnova in top10) ma non gode ancora dello strapotere lui concesso negli States. Probabilmente perchè in Europa senza una massiccia dose di sostanza – in questo caso, hit planetarie – certe strategie di marketing riescono ad attecchire solo in parte. Ma con un finale di 2018 così strabiliante, nel 2019 è lecito aspettarsi di essere smentiti.
14.11.2018