• VENERDì 09 GIUGNO 2023
Interviste

Daphni arriva in Italia e ci racconta il nuovo album e qualche sorpresa

L'ultimo lavoro del producer candase si intitola 'Joli Mai' e in questa intervista ce lo racconta insieme ad altre novità

Con l’uscita del suo ultimo lavoro ‘Joli Mai’ Dan Snaith aka Daphni conferma la sua solidità come producer ed è pronto a tornare in Italia per due date. Lo vedremo infatti il 2 febbraio a Roma per Spring Attitude Waves e sabato 3 febbraio a Milano al Dude Club. Quale occasione migliore per intervistarlo e scoprire qualcosa di più sul nuovo album e sui prossimi progetti del musicista canadese? Lo abbiamo raggiunto per una chiacchiera sui suoi progetti e sul suo affascinante universo artistico personale.



Cominciamo da ‘Joli Mai’ , il tuo nuovo album. Si tratta di un lavoro molto ampio che espande nuovamente i confini del tuo sound. Come lo descriveresti?

Questo album è nato mentre stavo raccogliendo le idee per il mix per Fabriclive. All’inizio la ragione per cui producevo con l’alias Daphni era per creare tracce ed edit da inserire nei miei dj set e così ho fatto anche per questa compilation. Quando però ho terminato il progetto mi sono ritrovato con in mano del materiale che mi sarebbe piaciuto integrare in un lavoro più ampio. Così ho iniziato a comporre nuove tracce ed il fatto che il mix per Fabriclive fosse stato concepito per essere eclettico ha influenzato anche il risultato finale di ‘Joli Mai’. Non ho mai avuto una visione precisa di cosa voglio dalla musica che produco, diciamo che mi sporco le mani volentieri per essa e questo rende tutto sempre molto emozionante e imprevidibile.

Con  ‘Joli Mai’ ed i tuoi precedenti lavori hai dimostrato che sei in grado di toccare differenti sonorità ed influenze. Come riesci ad essere così vario stilisticamente mantenendo un tocco personale e inconfondibile?
Penso che ci sia una spiegazione semplice a questo fatto. Prima di tutto resto sempre un grande appassionato della musica, un fan che ascolta dozzine di dischi nuovi e vecchi ogni giorno. La mia sete di ascolto non è mai scomparsa, anzi. In tutto questo ho la possibilità di essere sempre ispirato da differenti generi e quindi anche la mia musica spazia molto in modo assolutamente spontaneo. Non cerco consapevolmente di inserire un tocco unico e mio quando lavoro a nuovi brani, so solo che accade e basta. Alla fine credo che dipenda dal fatto che ho raffinato per una vita le mie abitudini e le mie preferenze. Quando suono il piano mi viene naturale per esempio cercare un certo tipo di accordi. Quando invece lavoro sulla batteria ho ben chiari i miei parametri. Spero che questo contribuisca ad ottenere musica più personale ma non è un processo su cui esercito del potere, succede naturalmente.

Parlando della serie fabriclive di cui sei stato protagonista con il mix 93 quale era il tuo obiettivo ed il tuo discorso musicale?
fabric mi stava chiedendo da tempo se avrei voluto preparare uno dei loro mix. Ero scettico perché credo sia molto difficile proporre al pubblico di comprare un dj mix oggi quando online si trovano tantissime registrazioni gratis di alta qualità artistica e tecnica. Quindi ho pensato che l’approccio più intelligente fosse quello adottato da Villalobos, Shackleton e Omar S, ovvero inserire materiale inedito prodotto unicamente in funzione di quel lavoro, rendendolo unico ed estremamente personale. Così ho composto ed editato le tracce una ad una e devo ammettere che è stata una sfida inaspettatamente difficile ma stimolante. 74 minuti di musica nuova che dovesse creare un discorso lineare in un dj set mi ha insegnato un nuovo approccio alla produzione. Alla fine avevo paura che fosse troppo omogeneo e invece riascoltandolo a freddo ne sono rimasto molto soddisfatto.

Dopo molti anni sei ancora interessato a riprenderti il tuo primo alias “Manitoba”? Ci puoi raccontare la storia dietro questo nome e progetto?
Ad essere onesto mi ero completamente dimenticato del fatto che una volta tutti mi chiamassero con quel moniker. Quando ho sentito la tua domanda ho pensato “Ah sì, Manitoba!”. Mi sembra sia passata un’eternità da allora. In quel periodo un musicista punk chiamato Handsome Dick Manitoba mi aveva fatto causa affermando che avrei dovuto cambiare nome. Oggi purtroppo online non si trovano molti dettagli della vicenda ma lui fu molto aggressivo nelle accuse e io sinceramente non avevo i soldi per sostenere una causa di quel tipo. Fu molto frustrante ma alla fine credo non avesse molta importanza chiamarsi Manitoba o Caribou per il pubblico. Per me entrambi i nomi evocano lo stesso concetto di libertà selvaggia nella natura canadese inoltre quando ti abitui ad un nome si arricchisce di nuovi significati perdendo quelli iniziali. La stessa cosa è successa quando ho dovuto dare un nome ai miei figli. All’inizio ero a disagio con l’idea di imporre a degli essere umani questa mia volontà, ma molto presto non avrei potuto immaginarli con qualsiasi altro nome come se quella scelta fosse stata il loro destino. Per essere breve adesso sono Caribou, il passato non conta!

Dopo il ritorno di Daphni ci possiamo aspettare qualcosa di nuovo anche sul versante Caribou? Ci puoi anticipare qualcosa?
Sto lavorando ad un nuovo album come Caribou in questi giorni ma sfortunatamente siamo un po’ più lenti del previsto, quindi l’idea è che l’anno prossimo possa vedere la luce il nuovo album.

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