Torniamo ad analizzare la norma cosiddetta “anti-rave”, questa volta per commentare il testo finale che la legge n. 199 del 30 dicembre 2022 (legge di conversione del decreto legge n. 162 del 31 ottobre 2022) ha inserito nel nostro codice penale.
Il nuovo articolo 633-bis del codice penale italiano, rubricato “Invasione di terreni o edifici con pericolo per la salute pubblica o l’incolumità pubblica”, punisce chiunque organizza o promuove l‘invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di realizzare un raduno musicale o avente altro scopo di intrattenimento, con la reclusione da tre a sei anni e con la multa da euro 1.000 a euro 10.000, quando dall’invasione deriva un concreto pericolo per la salute pubblica o per l’incolumità pubblica a causa dell’inosservanza delle norme in materia di sostanze stupefacenti ovvero in materia di sicurezza o di igiene degli spettacoli e delle manifestazioni pubbliche di intrattenimento, anche in ragione del numero dei partecipanti ovvero dello stato dei luoghi.
La legge di conversione ha di fatto riscritto la norma, optando anche per una ricollocazione della stessa dal Titolo VI – Dei delitti contro l’incolumità pubblica al Titolo XIII – Dei delitti contro il patrimonio.
I soggetti puniti dalla norma sono i promotori o organizzatori dell’invasione arbitraria, mentre vengono esclusi dall’applicazione della stessa i semplici partecipanti al rave.
Viene eliminato dal legislatore anche il numero di persone indicato nella versione precedente in superiore a cinquanta, optando per un generico riferimento “in ragione del numero dei partecipanti” per qualificare la sussistenza del concreto pericolo per la salute pubblica o per l’incolumità pubblica, che dunque andrà valutata caso per caso.
A differenza del reato già previsto dall’art. 633 del codice penale in materia di “Invasione di terreni e edifici”, la presente fattispecie prevede l’elemento psicologico del dolo specifico dell’invasione diretta a realizzare “un raduno musicale o avente altro scopo di intrattenimento”, escludendo così ogni altro fine.
Il reato è integrato solo a condizione che vi sia un “concreto pericolo” alla salute pubblica e all’incolumità pubblica, eliminando il riferimento all’ordine pubblico indicato invece nella precedente versione, in relazione all’inosservanza delle norme in materia di sostanze stupefacenti, di sicurezza o di igiene degli spettacoli e delle manifestazioni pubbliche di intrattenimento, nonchè tenendo conto anche dello stato dei luoghi e del numero di partecipanti.
Rimane immutata la pena della reclusione da tre a sei anni e la multa da euro 1.000 a euro 10.000, mentre è eliminata l’applicabilità delle misure di prevenzione del codice delle leggi antimafia (D.Lgs. n. 159/2011).
Il comma secondo prevede, poi, la confisca obbligatoria oltre che delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e di quelle per realizzare le finalità dell’occupazione, anche di quelle che ne sono il prodotto o il profitto.
Ciò che emerge dalla lettura della norma è un tentativo di superare i dubbi di legittimità costituzionale sulla formulazione precedente ma, a parere di chi scrive, rimane la criticità centrale che è quella di voler punire con una nuova fattispecie penale delle singole condotte già previste in altre norme, direzionandone l’intento all’organizzazione di un raduno, che nel caso di evento musicale, è comunemente indicato con il termine anglosassone di “rave”.
Continua ad essere, dunque, piuttosto arduo comprendere le motivazioni che abbiano spinto il Governo a mettere tra le proprie priorità una modifica del codice penale in tal senso, senza, probabilmente, una adeguata comprensione del fenomeno dei rave e dei suoi fattori scatenanti. Come noto, con il termine “rave” si intende un party organizzato illegalmente quale espressione di un fenomeno sociale che nasce, a livello internazionale, come controcultura giovanile dedita al ballo e all’ascolto della musica solitamente del genere techno-trance.
Siamo sicuri che l’approccio del legislatore italiano diretto ad arginare tale fenomeno sociale, ricostruendolo come fattispecie tipica di reato, sia la scelta politica migliore per contrastare condotte che erano già contemplate dalle norme penali?
02.02.2023