Domenica scorsa è terminato il Dimensions Festival, uno degli appuntamenti più importanti di fine estate per gli amanti della club culture in Europa. Giunto alla sua terza edizione, il festival croato (organizzato dal team inglese già al timone di Outlook) vanta come ogni anno una line up ampia, capace di appagare tutti i gusti. Si comincia già il mercoledì sera con l’opening concert nella suggestiva arena di Pola, mentre il festival vero e proprio si vive attraverso gli stage che vengono strutturati nell’area boschiva vicina al Forte Punta Christo. Parlare di house e techno per un evento del genere sarebbe francamente riduttivo e proprio per questo motivo raccontare la nostra esperienza perdendo l’eterogeneità che questo festival offre ci sembra azzardato.
Così abbiamo deciso di descrivere questa esperienza attraverso alcuni dei brani che l’hanno caratterizzata senza però evitare di soffermarci su alcune importanti considerazioni sulla struttura dell’evento stesso in conclusione di questo articolo. Procediamo dunque:
“Afrogente” – Glenn Underground – suonato da Tama Sumo:
Ogni dj si trova nel corso della sua carriera ad affrontare una serata storta. L’impianto che non ti aiuta, la mancanza di empatia con il pubblico presente e tanti altri fattori che possono rendere questo mestiere estremamente difficile. E’ successo anche a Tama Sumo nel corso di un set non proprio indimenticabile. Al netto del risultato complessivo questo disco rappresenta comunque il coniglio bianco estratto dal cilindro al momento giusto.
“Smalltown Boy” – Bronski Beat – suonato da Space Dimension Controller:
Il live di Space Dimension Controller ha preso vita nell’Arija Stage, non proprio la location migliore del festival ma poco importa se a ballare fossimo pochi intimi giunti appositamente per lui. Al termine di un live trasversale questa è stata una degna chiusura che rispetta perfettamente l’attitude di questo personaggio sempre disposto a prendersi poco sul serio in barba ai nerd puristi a bordo pista.
“Galactic Transit” – Oliverwho Factory – suonato da Fred P:
Nella fossa dei leoni, il suggestivo Moat, Fred P inizia il suo set con “Desire” di Nina Kraviz. Nel nostro volto la delusione ed il timore di un set scontato e facilone che strizza l’occhiolino ai clubber dell’ultim’ora. Delusione cancellata in pochi istanti con questa release che anno dopo anno continua a dare qualità a moltissimi dj set. Mood che poi l’americano ha sviluppato nel corso di una performance sinceramente sorprendente sia da un punto di vista tecnico che qualitativo.
“Love Story” – Layo & Bushwacka! – suonato da Move D
Un set solido, piacevole e calzante come “warm up” all’esibizione di Theo Parrish. Move D ancora una volta si dimostra un professionista attento e capace di tenere a bada l’ego di fronte alle circa mille persone che affollano lo stage Void. I primi due minuti di questa traccia tradiscono le intenzioni ma il groove e la classe di “Love Story” sono noti a chi vive i dancefloor da quel lontano 2002 in cui questa traccia venne prodotta. Thumbs up for Move D!
“Ike’s Rap II” – Isaac Hayes – suonato da Moodymann
Sulla performance di Moodymann non ci soffermeremo. C’è chi ha vissuto l’estasi e chi invece ha trovato tutto troppo scontato e banale, ma questo disco sicuramente si è fatto notare. Nel 1994 i Portishead furono protagonisti di aspre critiche per averlo campionato nella realizzazione della celebre hit “Glory Box”. Dal 1971 con furore.
“Nobody’s Gonna Love You” – Norma Jean Bell – suonato da San Soda
Un set interessante e molto sottovalutato quello di San Soda che gioca con il pubblico tra old school house e funky d’annata, dimostrando che il mixer djr 400 può essere usato anche in modo essenziale senza obbligarci ad ascoltare dischi interi privati di alcune frequenze solo perché “ora va così!”.
“Let Me Be me” – The Other People Place – suonato da David Martin
Dover fare un warm up di qualità a Juan Atkins e Moritz Von Osvald è un grande onore ma allo stesso tempo un’enorme responsabilità. Misurarsi con chi ha contribuito in maniera essenziale alla nascita della techno negli USA ed in Europa non è una sfida che tutti accetterebbero di buon grado. David Martin con grande semplicità ci immerge in una miscela di dub techno (si, ha suonato anche dei Basic Channel) e chiude il suo set così, senza troppi fronzoli.
“I Never Knew Love” – Chez Damier – suonato da Floating Points
Floating Points riparte alla grande dopo la brutale tempeste che aveva interrotto la serata di chiusura del festival. Per non farsi mancare nulla si concede anche un lungo back to back con Motor City Drum Ensemble e tra tutte le chicche che concesse al pubblico con questo disco regala il momento dei sorrisi e delle braccia al cielo.
“People Make The World Go Round” – Angela Bofill – suonato da Josey Rebelle
Uno dei set più interessanti del pomeriggio in spiaggia. Josey abituata a ritmiche ben diverse da queste sorprende con un set di grande esperienza ed amore per le sonorità disco (e non solo). Ci piacerebbe vederla in stage maggiori e sentire il suo nome più spesso in circolazione. Nel frattempo ci godiamo le bassline di Angela Bofill e ripensiamo, con grande nostalgia, ai tramonti in spiaggia.
“One Year Later” – Mr. G – suonato da My Love Is Underground
Un mio amico diceva spesso: “Quando sei in difficoltà durante un set tira fuori Mr.G, funziona!”. Al Moat durante questo set di difficoltà non ce ne sono state ma il groove di Colin McBean è stato un valore aggiunto con una traccia tanto cara alla scuola americana quanto a quella inglese (Tutta la Hessle Audio ha suonato almeno una volta questo disco).
In conclusione:
Come promesso dopo questa carrellata di istantanee sul Dimensions Festival è tempo per qualche considerazione prettamente “tecnica”. Quest’anno purtroppo il fato non ha reso la vita facile all’organizzazione del festival soprattutto l’ultimo giorno con un quadro metereologico estratto direttamente dal film “La Tempesta Perfetta”. C’è però da dire che ci sono stati degli errori piuttosto evidenti nel momento in cui per circa un’ora il festival è stato interrotto con l’annullamento di diverse performance di spessore.
Com’è possibile che un’organizzazione presente nello stesso identico luogo per sette edizioni di Outlook e tre del Dimensions Festival non abbia ancora trovato una soluzione al fattore pioggia?
Nel momento in cui Forte Punta Christo è stato investito dalla tempesta si sono visti molteplici episodi in cui l’incolumità di alcuni dei presenti era palesemente a rischio. Per non parlare del trattamento riservato alle persone con difficoltà motorie, non solo clienti in questo caso ma anche artisti, basti pensare a Moritz Von Osvald costretto a camminare in mezzo alla ghiaia e alle pietre in condizioni fisiche davvero precarie.
Ci piace sottolineare la magia e la qualità di eventi come questo perché alimentano il fuoco della nostra passione ma forse dovremo chiederci con molta onesta se questo festival non abbia subito una crescita eccessiva negli ultimi tre anni. Ai posteri l’ardua sentenza.
photo credist: Dan Medhurst
08.09.2014