Foto: ufficio stampa Dimmish
Dimmish è un DJ e producer che si è affermato sulla scena elettronica globale non solo per il suo sound in continua evoluzione, ma anche per una presenza consolidata nei club e party più iconici al mondo come il DC-10 di Ibiza, Elrow, Terrace (Ministry of Sound), Eastenderz, Factory Town (Miami), Musica Club NYC (New York) e molti altri.
Cerchiamo di svelare insieme a lui il processo, il mindset e il percorso che lo ha portato ad affermarsi.
Dimmish, il tuo sound è immediatamente riconoscibile per le sue melodie avvolgenti e l’uso distintivo dei synth. Come hai sviluppato questa identità sonora nel corso degli anni?
Fin da bambino ho avuto un’attrazione profonda per la musica. Ho studiato prima musica, poi cinema, e successivamente mi sono specializzato in sound design alla Scuola di Alto Perfezionamento Musicale di Saluzzo. Produco musica prima di tutto per me stesso, non per seguire le mode del mercato. Sono sempre stato affascinato dall’innovazione, sia in ambito musicale che tecnologico, e credo che una traccia debba contenere variazioni e dettagli capaci di sorprendere. È il modo migliore per contrastare la monotonia e mantenere viva la curiosità dell’ascoltatore.
Dimmish, il tuo nome è ormai sinonimo di “minimal deep tech”. Cosa ti ha attratto inizialmente di questo sound, specialmente in un periodo in cui era considerato più di nicchia rispetto ad altri generi elettronici?
In realtà non ho scelto consapevolmente di seguire un genere ben definito. È stato un processo naturale: ascoltando musica su Beatport e confrontandomi con altri appassionati, mi sono ritrovato a produrre sonorità che poi sono state etichettate come “minimal deep tech”. Non è stata una decisione strategica, ma il risultato di un percorso spontaneo e personale.
Come hai vissuto il percorso di sviluppo e affermazione è avvenuto naturalmente step by step oppure c’è stato un momento univoco di svolta?
Sicuramente step by step. È un percorso lungo, fatto di piccoli traguardi e di continui aggiustamenti. Ci sono ancora moltissimi passi da fare, ma guardandomi indietro mi rendo conto che molte delle mete che mi ero prefissato qualche anno fa sono già state superate. Il mercato musicale cambia in fretta, vediamo cosa ci riserva il futuro.

Foto: ufficio stampa Dimmish
C’è stato un momento nella tua carriera di DJ o producer in cui ti sei sentito “tagliato fuori” da determinati contesti o palchi per la tua scelta stilistica? Quanto è stato importante, in quei momenti, mantenere la tua visione e “dire di no” a compromessi?
Assolutamente, in diverse occasioni mi sono sentito fuori posto o poco compreso. Ma con il tempo ho imparato a conoscere i meccanismi di questo mondo e ho capito che, più che l’orgoglio, serve la costanza. Il mio percorso non è mai stato lineare, ma ho sempre cercato di restare coerente con la mia visione della musica elettronica, anche quando questo significava dire di no a opportunità che non sentivo in linea con me.
Molti producer lavorano anni sul proprio sound e sulle proprie release, ma faticano a tradurre la qualità della loro musica in opportunità concrete, come il booking o la proposta di date. Nella tua esperienza, quanto ha inciso la produzione di qualità e quanto i meccanismi in cui sei riuscito a inserirti?
Conosco bene questa dinamica. La perseveranza è fondamentale per alimentare i propri sogni. Sicuramente, la qualità della musica è il punto di partenza, se viene supportata da grandi DJ e si posiziona bene nelle classifiche dei digital store, può aprire delle porte grandi o piccole che siano. Ma serve anche sapersi muovere all’interno del sistema, cogliere le occasioni giuste e costruire relazioni solide nel tempo.
Pensando al futuro: come immagini l’evoluzione del tuo sound e, più in generale, della minimal deep tech? C’è una frontiera sonora che ti entusiasma particolarmente esplorare o una direzione artistica che senti di voler intraprendere, magari anche in relazione all’identità della tua label Denser?
Credo che oggi sia sempre più difficile racchiudere un DJ/producer in un solo genere. I confini tra le categorie musicali si stanno dissolvendo, e ognuno attinge da influenze diverse. Personalmente, sono attratto da sonorità electro, da groove più tech e da produzioni che includano l’uso dei vocal. Non ho una visione rigidamente definita del futuro, ma sicuramente mi interessa esplorare nuove contaminazioni sonore. Anche con Denser stiamo cercando di sviluppare una linea musicale fluida, che rifletta questa evoluzione senza perdere identità.
L’evoluzione sonora sta portando sempre più a limare i confini tra un genere e l’altro e a far emergere il talento a 360 gradi: non c’è più un riferimento stilistico definito, ora più che mai bisogna voler esprimere qualcosa contaminando le produzioni con influenze sonore anche lontane dal proprio punto di partenza. Quello che non passa mai di moda per riuscire ad emergere è sempre la visione solida e lungimirante, dove un “no” detto oggi sarà un “sì” per opportunità di domani.
17.06.2025