Retromarcia del governo all’ultimo minuto sul tema delle riaperture dei club. Le consuete anticipazioni delle prime stesure delle bozze del nuovo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri avevano fatto trapelare una sorta di fase 1 per le discoteche, che da lunedì 15 giugno avrebbe consentito a molti locali di riaprire, per quanto in modalità più simili a bar e a ristoranti che non a club veri e propri, per come siamo soliti viverli e interpretarli.
E invece niente da fare: il DPCM che entra in vigore da lunedì 15 giugno stabilisce che “restano sospese fino al 14 luglio 2020 le attività che abbiano luogo in sale da ballo e discoteche e locali assimilati, all’aperto o al chiuso”; resta aperto uno spiraglio, ancora tutto da interpretare, che potrebbe consentire a Regioni e Province Autonome una diversa data di ripresa delle attività e sul quale confidano molti imprenditori in diverse zone d’Italia. In pratica hanno prevalso le perplessità sia dei tecnici sia, soprattutto, del Ministro Della Salute Roberto Speranza, in merito ai rischi che ancora possono comportare gli assembramenti. Il pensiero dominante è uno soltanto, anche se in molti si guardano bene dall’esternarlo pubblicamente: sino a quando gli stadi non torneranno ad avere i tifosi sugli spalti, sarà assai improbabile che le discoteche possano tornare a riempirsi.
Intendiamoci, se ci fosse stato il via lobera alla riapertura di club e locali da ballo, sarebbe comunque stata in forma estremamente light e soprattutto alquanto complicata, come si capisce dalle linee guida circolate ad inizio settimana: tra i vincoli inderogabili, quelli di “assicurare la separazione di almeno un metro tra gli utenti e di almeno due metri tra gli utenti che accedono alla pista da ballo”, “rimodulare la capienza massima” e il divieto “di consumazione di bevande al banco”. Con queste premesse, più che comprensibile la posizione di molti imprenditori che avrebbero preferito comunque rimanere chiusi, così come va altrettanto – se non di più – rispettata la scelta di chi invece preferirebbe aprire rimodulando il proprio tipo di offerta. Proprio come sta avvenendo ad Ibiza, dove il Lìo ha annunciato la sua riapertura con la formula del restaurant cabaret, mentre non si hanno notizie di altre aperture a breve termine e difficilmente se ne avranno. Scelte individuali e d’impresa, sulle quali nessuno deve ergersi a giudicare gli altri soltanto perché la propria situazione gli suggerisca una posizione diversa.

E adesso? Dobbiamo rassegnarci ad un’estate senza club e serate? Quello che le discoteche chiedono è una data di apertura certa, e lo spostamento last minute dal 15 giugno al 14 luglio dimostra che il Governo naviga a vista su questo fronte. Proprio poche ore dopo il flashmob organizzato dal Sindacato Italiano dei Locali da Ballo in Piazza Montecitorio a Roma, promosso per ribadire che se c’è un comparto che possa garantire il divertimento in sicurezza è proprio quello delle discoteche. Impensabile che la gente non si ritrovi per le strade, nelle ville, in location abusive, in attesa che i club riaprano. Se le Istituzioni si mostrano miopi di fronte a questa prospettiva, oltre che davanti agli interessi e alle esigenze di un settore che genera milioni di fatturato e di indotto e occupa quasi 100mila addetti, sarebbe almeno il caso che aprissero gli occhi sui fenomeni abusivi generati dai divieti prolungati e spesso grotteschi. La (mala) movida è fuori dai locali. Non dentro.
12.06.2020