• DOMENICA 24 SETTEMBRE 2023
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La fantastica storia dei Justice e il nuovo album

 

 

Chissà se il tempo renderà giustizia ai Justice. Forse quel tempo è arrivato e giustizia sarà fatta. Sapete che amo i calembour, i giochi di parole, e con Xavier de Rosnay e Gaspard Augé potrei andare avanti per giorni. Ma i calembour in questo caso dicono una grande verità:  i Justice meritano giustizia, e con questo nuovo album ‘Woman’ probabilmente il loro posto sulla mappa della musica verrà riassegnato e legittimato. Ma prima di parlarvi di ‘Woman’, voglio argomentare questa mia introduzione all’articolo che state leggendo, e il modo più semplice per farlo è ripercorrere l’intensa storia del duo parigino.

 

 


Ve lo ricordate il 2003?
Una storia che parte col botto. Anche se a scoppio ritardato. Ve lo ricordate il 2003? La musica da club non se la passava troppo bene, diciamo che le acque ristagnavano un po’. In Francia però c’è un certo Pedro Winter, già manager dei Daft Punk e sgamatissimo personaggio a metà tra l’artista (dj e producer), il manager di razza, il catalizzatore di fenomeni da consolle, che sta mettendo in piedi una sua etichetta. Si chiama Ed Banger (anche questo un gioco di parole: si pronuncia infatti come head banger, colui che pratica headbanging, il modo di ballare scuotendo la testa tipicamente metallaro) e vuole raccogliere l’eredità del French Touch prima maniera, quello – tra l’altro – della filtered house pompata dalla Roulé e dalla Crydamoure, label dei suoi compagnucci Daft Punk, appunto. Ma non solo. Vuole andare oltre, vuole captare tutti gli impulsi e i suoni nuovi che girano nel sottobosco della scena francese e riunirli sotto lo stesso tetto. Riuscendoci: Ed Banger nel giro di tre anni diventa un riferimento per tutta l’Europa, con forti ambizioni americane. Nel 2003 Pedro pubblica un EP con tre tracce di diversi artisti, collaborazioni tra i ragazzi del roster di Ed Banger. Su tutte spicca quella tra i Justice e Simian. Si intitola ‘Never be alone’, passa piuttosto inosservata ma desta l’attenzione di DJ Hell, ai tempi vate indiscusso dell’electroclash, genere che imperava, e padre-padrone di International Deejay Gigolo, etichetta culto del tempo e forse unico vero trend setter del periodo. Hell decide di stampare su IDG ’Never be alone’, con nuovi remix e una maggiore distribuzione.

 

 

 

 

Noi siamo tuoi amici

I dj e i clubber più svegli si accorgono subito del pezzo, che diventa un piccolo inno. Accompagnato da un’ulteriore stampa, questa volta nuovamente su Ed Banger con il definitivo titolo ‘We Are Your Friends’, e da un video che fa il giro del mondo, la versione finale del pezzo di Justice vs Simian esplode una vota per tutte, lanciando in orbita Gaspard e Xavier e alimentando in radio e in TV il fuoco che già bruciava forte in Rete. È l’era dei blog e di Myspace, e i Justice sono tra i protagonisti assoluti di quel periodo rivoluzionario, dove la nuova dance diventa indie sia perché indipendente nella mentalità, correndo e distribuendosi in free download bypassando spesso etichette e negozi, sia perché flirta con il rock, il rap, e tutto quel mondo alternativo che ribolle di novità. Così ‘We Are Your Friends’ diventa uno dei pilastri su cui si costruisce la leggenda del suono duro, electro, quasi rock, dei Justice, insieme a una manciata di tracce mitiche come ‘Waters Of Nazareth’, ‘Phantom’, i remix per Daft Punk, Franz Ferdinand, Death From Above 1979, Mr. Oizo (il take su ‘Nazis’ è una fotografia perfetta degli anni ’00).

 

 

 

 

Crocifissi
L’hype sui Justice è così forte che in breve riempiono club, palazzetti, festival, diventando le prime vere star 2.0 della club culture. Figliocci dei Daft Punk da un lato, cool e modaioli dall’altro, estremi ma fighetti, Xavi e Gasp diventano due icone istantanee. Inevitabile, arriva l’album di debutto, ‘†’, ovviamente su Ed Banger. È l’estate del 2007 ed è il momento magico dei due. ‘DVNO’ e ‘D.A.N.C.E.’ sono singoli appetibili per le radio, e il tour spinge al massimo, tra eccessi, bagni di folle, e tutto quanto verrà documentato nel live ‘A Cross The Universe’ del 2008. Lo zenith, il mezzogiorno dei Justice. Senza nessuna ombra intorno. Il problema è che la terra gira, e il sole cala. Il duo si mette in pausa e inizia a lavorare al nuovo disco, con una sicurezza di sé spavalda, frutto di un successo clamoroso e senza precedenti. Ma il cielo sta cambiando, e mentre Rosnay e Augé preparano un rientro più arty, dove la muscolosità degli inizi è mischiata a una vena di ricerca rock che rischia derive quasi progressive, il seme indie dance ed electro è germogliato dando frutti inaspettati, ancora più spinti ed espliciti. Nel 2011, quando arriva ‘Audio, Video, Disco’, il mondo sta già ballando l’EDM.

 

 

 

 

Certo, il singolo ‘Civilization’ con Ali Love va bene, l’album riscuote tutto sommato un buon successo, ma si percepisce una totale mancanza di quell’interesse spasmodico verso i Justice, proprio quell’interesse maniacale che li aveva investiti solo qualche anno prima, consacrandoli subito a superstar dell’era electro e del mondo dei blog, della nuova dance. Quando si sale troppo in alto, ci si brucia le ali al sole. Il mito di Icaro. I Justice hanno goduto di un così grande amore e hanno rappresentato in modo così iconico un periodo musicale da diventarne feticcio, da esserne indissolubilmente legati nei ricordi di tutti noi, come Aphex Twin a un certo mood anni ’90 o Fiorello alla parola karaoke. Crocifissi alla loro stessa croce. Nel 2011, semplicemente, erano fuori moda, e non avevano l’appeal necessario per superare questo scoglio (bisogna essere come minimo i Daft Punk, che infatti sbancano due anni dopo con un album come RAM, lontanissimo dal loro sound abituale).

 

 

 

 

Una rigenerazione
Deve passare ancora qualche anno prima che le cose si aggiustino. E si deve aggiustare anche il tiro. ‘Woman’ arriva alla fine del 2016, dopo cinque anni di attesa. Nei mesi scorsi abbiamo ascoltato prima ‘Safe And Sound’, che non ci aveva convinti molto proprio perché, ancora una volta, andava nella direzione ostinata di quel suono ‘a là Justice’ che sembra ormai troppo lontano nel tempo per darci l’idea della freschezza. E poi ‘Randy’, che invece ha delle caratteristiche diverse e curiose (e un suggestivo video, un’installazione dell’artista Thomas Jumin). Pare che il duo abbia preso le misure delle proprie potenzialità, delle qualità e dei limiti, e questo nuovo album sarà un calibrato respiro tra consueto e inaspettato, tra comfort zone e territori vergini. Un mese ci separa dall’uscita di ‘Woman’. Io l’ho ascoltato, ma ve ne potrò parlare solo su DJ Mag in edicola a novembre. Intanto, vi ho raccontato la storia dei Justice, una delle avventure più affascinanti ed epiche della storia della musica. Non solo dance.

 

 

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Albi Scotti
Giornalista di DJ Mag Italia e responsabile dei contenuti web della rivista. DJ. Speaker e autore radiofonico.

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