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Festival

Fat Fat Fat Festival 2018: You can’t download the experience

Il racconto di un festival che non è più semplicemente un piccolo miracolo in Italia, ma un evento attesissimo con una posizione consolidata all'interno del panorama internazionale

Potremmo introdurvi FAT FAT FAT Festival con un lungo preambolo dedicato a quel piccolo miracolo che ogni estate prende vita tra i colli marchigiani. Giunti però all’edizione 2018 di questo evento vi sveliamo sin da subito che non si tratta più di qualcosa di “piccolo” ne tantomeno di un miracolo. È vero, una componente importante di questa esperienza resta il suo legame con il territorio, la sensazione sin dal primo giorno di essere parte di una famiglia allargata e una selezione di location davvero notevoli, ma oramai FAT FAT FAT ha fatto un passo oltre questi elementi. Si comincia dunque da Piazza Vittorio Emanuele a Morrovalle dove per la serata di apertura del festival, in collaborazione con Jazz:Re:Found, salgono sul palco Noego, Jaxx Medicine, Dego & Kaidi e Hunee in chiusura. L’ensemble capitanata dal membro dei 4Hero e da Mr. Tatham si dimostra mattatrice assoluta ed il supporto del pubblico, oltre ad essere spontaneo, è anche incredibilmente numeroso testimoniando il livello di consapevolezza raggiunto dall’audience del festival. Proprio per questo motivo l’unico act che delude è Hunee, il dj coreano infatti si è trovato nella classica situazione in cui, grazie al live precedente, avrebbe potuto dare libero sfogo a tutto il suo estro. Purtroppo la scelta ricade su un set da peak time che sarebbe potuto andare bene in qualsiasi contesto ma qui, dove il clima era propizio ad una maggiore libertà espressiva, si poteva fare di più.

 

La seconda giornata del festival ci porta a Corridonia, nella suggestiva cornice della Grancia di Sarrocciano, in cui sono presenti i due stage oltre all’allestimento di diversi corner food & beverage che coprono quasi integralmente l’area. Ancora una volta l’ambiente circostante premia e viene valorizzato con cura da parte dello staff di FAT FAT FAT. In giardino si inizia dal pomeriggio con l’extended set di Volcov che offre un’esperienza di ascolto per palati fini. Il main stage invece si apre con il dj set di Floating Points, quattro ore in cui Sam Shepherd delizia i presenti con rare grooves prima di aumentare il ritmo portando il dancefloor in clima party. Ge-ology non deve far altro che proseguire la linea intrapresa aumentando progressivamente il passo prima di chiudere in grande stile con la sua ‘Moon Circuitry’, traccia nata dalla collaborazione con Mark De Clive. Si anima anche il dancefloor del giardino della Grancia grazie al set di LTJ Experience, un viaggio stilisticamente perfetto e incalzante frutto di un dj che raramente delude le aspettative. Spiazzante in senso positivo la performance di Egyptian Lover, sempre incredibilmente carismatico sul palco e prestante con la sua Roland 808 tra le mani. Chiude di fronte ad un main stage gremito Ben UFO, autore di un set in cui si incastrano percussioni, ritmiche sbilenche e qualche chicca targata Hessle Audio. Il suo un set tecnicamente indiscutibile, e fin qui nulla di nuovo, capace di farci spendere le ultime energie della nottata.

 

L’ultima giornata di FAT FAT FAT comincia con leggero anticipo ed è sempre un italiano a regalare le prime suggestioni. Questa volta tocca a Jolly Mare che ha il merito di spostarsi in territori sino ad ora inesplorati dagli artisti coinvolti. Il suo è un viaggio che metterebbe a proprio agio chiunque, compreso Bradley Zero, dj che gli succede in consolle. L’artista di Peckham non può far altro che ringraziare e sfoggiare i suoi dischi migliori per non sfigurare. ‘Movin On’ di Scott Grooves e i vocal di Vikter Duplaix in ‘Message’ sono perfetti per portare a compimento la missione, dimostrando ancora una volta che Bradley è divenuto uno dei dj più completi in circolazione. Dopo di lui è la volta dell’attesissimo duo Nu Guinea, vecchie conoscenze del clubbing nostrano, tornate con una veste inedita e di grande impatto su critica e pubblico. Il duo si esibisce in un dj set con alcuni elementi live di fronte ad un dancefloor molto coinvolto, sintomo di un grande potenziale in essere e divenire. Il main stage è tutto per il back to back tra Sadar Bahar e Lee Collins, un sodalizio rodato che raramente delude le aspettative e anche in questo caso non fa eccezione. Il fattore nostalgia è forte ma anche i più giovani sembrano aver oramai metabolizzato, almeno in superficie, il retaggio della black music. Di Larry Heard e del suo live abbiamo già parlato in diverse occasioni sin dal suo esordio/ritorno in Croazia. Ci limitiamo a ribadire che la sua performance è precisa, elegante e spoglia di tanti inutili orpelli che spesso servono solo a distrarre quando manca la sostanza, ancora una volta chapeau. Marcellus Pittmann ci riporta nel mood Detroit oriented con un set fruibile ma non per questo scontato, spaziando tra le varie declinazioni proprie di uno dei Fab Four della Motor City, versante house. Il closing è la festa nella festa con un FAT FAT FAT Soundsystem in grande forma che ricalibra tutto sulla house di grande qualità per un grand final più che meritato.

 

Quanto detto in apertura di articolo suggerisce alcuni degli elementi caratteristici di questo festival, i quali però non sono gli unici pregi che a conti fatti rendono FAT FAT FAT un’importante scommessa in Italia. Il numero di presenze è aumentato significativamente rispetto alla scorsa edizione e dopo pochi anni si è già arrivati alla fase in cui bisogna rifinire i dettagli invece che rimediare errori clamorosi. Questo significa che alle spalle c’è una produzione, seppur giovane, con voglia di crescere ancora. Crescere senza però raggiungere quelle dimensioni che renderebbero l’evento privo di quella passione e genuinità che lo ha reso se non unico quantomeno molto raro in un mondo di colossi, spesso privi di concept, che provano a raccontarci una storia con qualche inserzione sponsorizzata.

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
22.08.2018

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