• MERCOLEDì 29 MARZO 2023
Recensioni

Finalmente, Marracash

Attesissimo a Milano come in tutta Italia, il debutto del Persone Tour ci ha consegnato un artista nuovo, grandioso, degno della Champions League della musica italiana

Tutte le foto: Andrea Bianchera

“Finalmente” in molti sensi. Perché questo tour era stato rimandato tante, troppe volte, diventando quasi una leggenda metropolitana. Riassunto delle puntate precedenti: dopo anni di silezio, Marracash torna nel 2020 con ‘Persona’, un album denso, ricco, coeso, maturo, un best seller e un classico istantaneo del rap e della canzone italiana tutta; soprattutto, il punto di svolta di un artista che fin dai suoi esordi aveva fatto capire che il potenziale non era semplicemente quello di un killer del flow e di un bravo giocoliere di rime, che c’era anzi molto di più, ma che ancora non era riuscito a mettere a fuoco il vero capolavoro della carriera, tra ambizioni scivolose (‘Status’ del 2015) e colpi più facili ma ben riusciti (‘King Del Rap’, 2011, o il classico ‘Santeria’ in coppia con Gué nel 2016) – per la cronaca, se pensavamo di aver sentito un album epocale, l’asticella sarebbe stata alzata ulteriormente con ‘Noi, Loro, Gli Altri’, un disco semplicemente perfetto, già nell’olimpo della musica del nostro Paese, di ogni epoca -. Nel 2020, dopo cinque anni di silenzio, Fabio Rizzo da Barona sgancia la bomba: ‘Persona’ è un disco esagerato, un game changer con cui chiunque scriva canzoni con una certa velleità artisica in questo paese dovrà fare i conti. Il successo è immediato, a ogni livello: i vecchi fan impazziscono e trovano un artista maturato insieme a loro; i giovani trovano una lettura universale, condivisibile, in un momento storico particolare. La critica ci arriva, e incensa il disco. E chi non ci arriva, si fida per paura di pestare una merda. Solo che il tour non s’ha da fare: c’è il covid, poi c’è ancora il covid, poi c’è ancora il covid. Sappiamo bene quanto abbiamo vissuto a singhiozzo questi ultimi due anni, nel mondo della musica. E quindi, possiamo dirlo: finalmente, Marracash dal vivo.

Ma “finalmente” anche perché Marra era atteso al varco: dopo due dischi così, non poteva andare in scena con uno spettacolo fiacco, prevedibile, da pilota automatico. Non è solo una questione di rispetto per il pubblico, che è numeroso (quasi 70mila biglietti solo nelle sei date milanesi, oltre 150mila nelle 17 date del tour, e siamo pronti a scommettere che qualcosa verrà aggiunto in corsa): è una questione di statement, di dimostrare che la maturità raggiunta negli ultimi album è totale, quindi anche, parallelamente, sul palco. Ed è la prova più difficile, perché storicamente, tolto Salmo e pochi altri episodi degni di nota, il rap italiano non è mai stato memorabile, dal vivo. Vale per molti big storici e di questi tempi anche per i criticatissimi newcomer. “Ma anche gli americani a volte fanno cagare, pure loro ri-cantano se stessi sulla base” ci dirà Marracash a caldo dopo il concerto. Però, condivide il pensiero: “mi sono allenato come un pazzo, ho preparato questo spettacolo per mesi con la mia squadra, non potevo venire qui e fare qualcosa che non fosse memorabile”.

 

E in effetti, lo show è decisamente memorabile. Sia perché vedere un Forum pieno in ogni ordine di posto è uno spettacolo a cui ancora dobbiamo tornare ad abituarci, sia perché la risposta del pubblico è semplicemente impressionante, un boato continuo, un coro infinito. Sia, soprattutto, perché si capisce che Marracash ha accettato il fatto inconfutabile che lui non gioca più nel campionato del rap, gioca nella Champions League della musica italiana tutta e pure con ambizioni da finalista. Un impianto scenico di alto livello, con un grande ledwall a proiettare quella che di volta in volta non è soltanto un accompagnamento visivo ma un vero e proprio contrappunto narrativo alle canzoni, quasi sempre azzeccatissimo nell’ampliare, spiegare, arricchire testi e significati dei brani. Un tour che – ce lo conferma l’artista – porta in scena per buona parte del tempo brani di ‘Persona’ e di ‘Noi, Loro, Gli Altri’ perché “si chiama Persone Tour, e tutta l’idea, il concept alla base è incentrato su questi due album, il resto della mia discografia compare nel momento del dj set di TY1 perché ci sono successi storici ma non è un tour da best of, è un tour che vuole mettere al conetro il materiale nuovo, non sono ancora al momento di dover grattare il barile del repertorio”. E certo alcune soluzioni scenografiche ricordano da vicino i grandi modelli americani, quelli alti, Kanye West, Kendrick Lamar, le giuste reference. Ma nell’ingresso in controluce sulla pedana che cala dall’alto e nella scritta (proprio nel font e nell’animazione) “Butta fuori i tuoi oensieri o finiranno per ucciderti” la citazione va al mitico ZooTV Tour degli U2, primi anni ’90 (dovremmo chiedere a Lorenzo De Pascalis, art director dello show, sempre più bravo e maturo nel suo lavoro). Pure il primo outfit di Marra, total black in pelle con occhiali neri come la notte, ci ricorda il Bono di The Fly.

 

Persone Tour è uno show che scorre via come una spettacolare sequenza di fuochi d’artificio, mai un calo, mai un momento di stanca, ma con l’intelligenza di mettere insieme una scaletta che alterna momenti e temperature diverse tra loro, in grado di bilanciare bene la durata del concerto (e sono 25 pezzi per circa due ore). Ad accompagnare, una band di fuoco con Jacopo Volpe, Drago, Claudio Guarcello, Eugenio Cattini e pure lo sfizio di portare un tenore vero, l’ucraino Vassily Solodkyy, in ‘Pagliaccio’. E infatti, a voler proprio fare un appunto, è un peccato che un band così sia tenuta dietro lo schermo per buona parte del concerto. Anche questa, una soluzione molto americana, che richiama da vicino Kendrick Lamar, ma forse è più bello e sensato che in un concerto i suonatori abbiano l’onore e lo spazio del palco. Comprensibilissima la scelta di privilegiare la narrazione, e se devo portarla sul gusto personale, non c’è niente di meglio al mondo che vedere uno spettacolo concepito in maniera totale e totalizzante, audio luci visual scenografia costumi (anche qui, molto bene, prima il total black, poi l’elegante completo bianco, un po’ meno il lungo vestaglione verde, perfetto in chiusura il cambio casual con maglietta merchandising e jeans, come a rompere la quarta parete e dire “ok, siamo alla fine, non servono più personaggi, questo sono io”). Ma appunto, non vedere la band toglie un pochino di calore al tutto. Sono scelte di linguaggio. E va bene così. Così come vanno benissimo gli ospiti, centellinati e con il giusto peso in scena. Bravissima Elisa in due episodi, ovazione per Massimo Pericolo che arriva in tuta e birra in mano; e poi, immenso il momento condiviso con Gué per un finale mozzafiato con ‘Brivido’ e ‘∞ LOVE’, i cori “Milano siamo noi” e la generosità di un cantante che sta facendo il concerto della vita ma decide di avere con sé sul palco l’amico di sempre. Un momento magico, perfetto.

Persone Tour è appena partito, è destinato a lasciar eil segno nella memoria di chi va a vederlo e nella storia della musica italiana. Marracash ha fatto il grande salto, un salto quantico, per qualità dello show, per maturità artistica e capacità di mettere in scena uno spettacolo all’altezza dei suoi dischi. Lo attende un futuro luminoso, qualcuno nel brindisi post- concerto chiede già di un San Siro ma “meglio sei Forum di uno stadio, ora” dice Marra “perché gli stadi si fanno in tutta Italia, un San Siro da solo non ha senso, è solo ego” e non potrei essere più d’accordo, specie in un’epoca di stadi fatti per status senza avere numeri né preparazione. Sei Forum sono una cosa, con un peso ben preciso. Ma ancor più hanno un peso i palasport sold out nel resto d’Italia. E un tour così serve per mettere bene a fuoco gli stadi del futuro. Un futuro in cui Marracash sarà protagonista, dopo la prova di forza di queste sere. 

 

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Albi Scotti
Giornalista di DJ Mag Italia e responsabile dei contenuti web della rivista. DJ. Speaker e autore radiofonico.

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