Foto: Francesco Prandoni
Un dj, per la prima volta nella storia della musica, dell’intrattenimento, dei concerti, ha suonato nella più importante, iconica venue italiana: lo stadio Giuseppe Meazza di Milano. Per tutti, soprattutto quando si parla di concerti, San Siro. Quel dj è Gabry Ponte. Con 56mila persone presenti, il Tempio della musica italiana si è trasformato in una cattedrale della musica elettronica. Seduti qui con gli amici a San Siro ci accorgiamo di quanto i concerti rivelino molto più della semplice musica. È qui, nella Scala del Calcio trasformata nella discoteca più grande del mondo, che abbiamo iniziato a notare una differenza generazionale che racconta l’Italia musicale degli ultimi trent’anni.
Lo show è iniziato alle 20:10 ed è finito verso le 23:30, più di 3 ore di spettacolo con la ciliegina sulla torta di qualche ospite che ha reso la serata ancora più speciale. Paola Iezzi ha cantato ‘Vamos a Bailar’ con una grinta che ha fatto impazzire il pubblico, poi è stata la volta di Kel, la cantante di ‘Tarantella’, che ha infiammato l’atmosfera. Andrea Bonomo ed Edwyn Roberts hanno cantato ‘Tutta L’Italia’, concludendo anche a cappella con tutto lo stadio che cantava insieme in un momento di pura magia collettiva, mentre Danti ha eseguito ‘Tu Sei’ portando quella carica emotiva che solo certi brani sanno dare e restando in scena per qualche minuto per la leggendaria ‘Ma Che Ne Sanno i 2000’. I laser dipingono geometrie luminose nel cielo milanese, i video sono all’altezza di una produzione da stadio (talvolta, meglio di tante produzioni pop più opulente), creando un’esperienza visiva mozzafiato. Gabry appare emozionato ma felice, consapevole di vivere un momento storico della sua carriera e anche della musica dance, che si trova per la prima volta protagonista di uno spazio così significativo (il Tempio, appunto). Durante la conferenza stampa prima dell’evento, nel pomeriggio, si percepiva l’importanza del momento. Dopo Sanremo, San Marino (Eurovision), ora San Siro: Gabry santo subito. Osservando questo fenomeno dal punto di vista privilegiato di San Siro, mi rendo conto di come la musica italiana riesca a parlare simultaneamente a generazioni diverse, ognuna con le proprie aspettative e i propri codici. Gabry Ponte rappresenta l’energia perpetua della gioventù, quella voglia di ballare che non conosce età ma che trova la sua espressione più autentica nelle nuove generazioni. C’è qualcosa di profondamente italiano in questa manifestazione di affetto verso un artista che ha saputo portare la nostra dance nel mondo, come una specie di riconoscimento da profeta in patria.

Foto: Francesco Prandoni
Durante il concerto di Gabry Ponte l’energia che pervade lo stadio è stata palpabile e fortemente giovanile, nonostante intorno a me ci fossero principalmente volti tra i venti e i cinquant’anni, dunque non solo giovanissimi, ma anche sì, teenager che conoscono a memoria brani che sono nati prima di loro. È affascinante osservare come ‘Blue (Da Ba Dee)’ degli Eiffel 65, ‘Ma Che Ne Sanno i 2000’ o ‘La Danza delle Streghe’ riescano ancora a far saltare migliaia di persone, creando un link temporale tra chi quella canzone l’ha vissuta e chi l’ha scoperta su TikTok o Spotify. Il pubblico si muove con un’energia frenetica, le braccia alzate seguono il ritmo senza sosta o cali. La forza (una delle forze) di Gabry Ponte è che ha saputo rinnovarsi senza mai tradire la sua matrice dance. Quando fa risuonare brani di vent’anni, l’emozione è davvero intensa. Quelle melodie che hanno accompagnato intere generazioni riecheggiavano nello stadio con una forza nostalgica incredibile, facendo rivivere momenti che sembravano sepolti nella memoria. Ma allo stesso modo, quando si vira su tracce più schiettamente da club (o da festival) con cassa hard techno e basso acid di 303, la gente di Gabry lo segue entusiasta, e sono alcui dei momenti migliori perché oltre alla dance più pop, è emozionante vedere la musica elettronica più spinta suonare forte e potente dentro uno stadio dove di soluto cantiamo canzoni super famose.
Gabry Ponte ha dimostrato di saper evolvere dal semplice ruolo di dj a quello di produttore musicale, poi di popstar e infine a quello di imprenditore del proprio nome, trasformando la propria identità artistica in un asset commerciale duraturo e riconoscibile. Questa parte del racconto proababilmente è meno romantica delle braccia al cielo e dei cori sui pezzi, dei braccialetti che rendono San Siro un grande tappeto colorato o dei bassi che hanno portato la musica da club nel più prestigioso luogo della musica live nel nostro Paese. Ma è necessaria per far capire una volta per tutte quanto sia tosta la costruzione di una carriera lunga, solida, gloriosa. Fatta di visione, di obiettivi a lungo termine, di squadre vincenti perché basate su fiducia e capacità (citiamo per tutti Andrea Corelli, persona di enorme capacità e umanità e professionista serio e preparatissimo). Sull’intelligenza di lavorare in una direzione anche quando sembra fuori moda, poco cool, perché è la propria direzione, ed è la base della propria identità. Non a caso, quando abbiamo chiesto a Gabry, in conferenza stampa, quando aveva capito di poter fare San Siro, ci ha risposto che “è una serie di elementi che si accumulano, non sono solo i numeri sui social o in streaming: è una comunità di fan che mi segue negli anni, è vedere come un Forum si è trasformato in diversi palazzetti, è avere un team che sa consigliare nel modo giusto senza fare passi più lunghi della gamba, è anche voglia di sognare e correre il rischio”. Un rischio calcolato, visto che dei 55mila biglietti venduti per questa data, più di 20mila erano stati comprati nelle primissime settimane di vendita, un dato confortante che prioetta una ragionevole certezza sulla buona riuscita dell’evento.

Foto: Francesco Prandoni
Ecco, volendo chiudere con una nota di attualità, Gabry Ponte – che qualcuno, anche nell’ambiente musicale, faticava ad accettare come protagonista di San Siro, con un inaccetabile snobismo, anzi diciamo pure con un razzismo musicale che ci ha sempre fatto schifo – ha fatto concretamente capire come si possono raggiungere risultati strabilianti lavorando sodo, a testa bassa, per 25 anni, senza cercare salti mortali inutili che portano allo schianto. Perché San Siro sold out si fa quando si è capaci di saltare molto in alto, con gambe allenate e muscoli robusti, non sulle proiezioni fatte con i follower, gli anticipi, le hit virali. San Siro è un Tempio, dicevamo, e a profanarlo con è un dj diventato rockstar, ma chi vuole riempirlo senza averne i numeri (e sono tanti, non pensiamo sempre e solo a Elodie che in queste settimane è un capro espiatorio). Il concerto di Gabry Ponte è istruttivo, se volete fare questo mestiere. 10 e lode.
29.06.2025