La coppia formata da Tungevaag e Raaban (per metà norvegese e per metà svedese, all’anagrafe Martin Tungevaag e Robbin Söderlund), dopo aver viaggiato per il mondo l’anno scorso, sulla scia del successo internazionale del singolo “Samsara”, uscito per Sony Music (70 milioni di contatti su Spotify e disco di platino in diversi Paesi in tutta Europa), ha recentemente collaborato con le stelle nascenti del pop made in Sweden, i Charlie Who?. Ne è scaturito un nuovo e interessante singolo, “Russian Roulette”, che mette d’accordo l’intera Scandinavia. Il tandem, che gioca d’azzardo con nuovi suoni e soluzioni melodiche accattivanti, è abile nel fondere il freddo suono EDM big room in 4/4 al bollente e spezzato mood della bass music che va dalla trap al dubstep. I due puntano come tanti colleghi al pop e al crossover, ovviamente. Reduci da una colorata festa di Carnevale al Fabrique di Milano, a ridosso di un live degli Eiffel65 (…), i due (immortalati nell’immagine in apertura da Bruno Gareffa) raccontano come stia cambiando la propria vita da produttori.
Avete una sequenza infinita di serate. E’ dura tenere il ritmo?
Siamo sempre in giro e quindi è un semplice alternare la pianificazione del lavoro in studio al suonare. La casa ce la siamo dimenticata: siamo sempre in hotel e aeroporti. Se vuoi fare questo mestiere, a questi livelli, oggi è così: diventi cittadino del mondo. Un sacrificio infinito.
L’organizzazione dietro alle vostre spalle è molto attenta. Cosa rispondete a coloro che pensano che con una manciata di singoli in classifica si ci possa davvero affermare, oggi?
Rispondiamo che non basta. Noi non pensiamo in realtà a fare un vero album, vogliamo solo, passo per passo, centrare i nostri obiettivi. I singoli sono comunque importanti per avere un suono personale durante i nostri set.
Cosa state producendo di nuovo?
A marzo uscirà il nostro nuovo singolo, si intitolerà “Wolf”. È nuovamente frutto della sola nostra testa: siamo tornati a fare tutto da soli, senza l’intervento esterno di turnisti o cantanti pop. Un ritorno alle origini.
Notate un lieve calo di interesse nei confronti dell’EDM big room durante i vostri live?
Dipende dal paese in cui suoniamo. Ci piace spaziare in stili nuovi, in sottogeneri che sono nelle nostre corde, che rientrano nel nostro gusto. Ultimamente ci piacciono le cose influenzate dalla bass music. Tuttavia abbiamo sempre un orecchio di riguardo alle melodie.
Il suono dance ormai ha totalmente sconfinato nel pop?
Sicuro. Guardiamo a progetti come Major Lazer o ad artisti come Justin Bieber: sì, il pop è dance. E anche il contrario (Avicii o il nostro connazionale Kygo ne sono un esempio). Ai primi incontri tra pop e dance ha ormai fatto seguito un vero e solido matrimonio. Noi, nel nostro piccolo, sogniamo: magari di produrre un brano a Rihanna o allo stesso Bieber. Ci piace poi la visione di Armin van Buuren, sulla dance in generale: lui ha uno stile molto personale e coerente, mantiene sempre saldi i propri propositi della trance anche quando è chiamato in causa in contesti molto popolari, spesso legati ai festival.
Si parla poco di Norvegia, nel settore.
Ed è un peccato. Il nostro paese segue uno stile molto elegante e rigoroso, stilistico, pensando poco alle cose più mainstream. Abbiamo pochi club e l’alternativa sono festival di musica indipendente. Ma la scena sta cambiando.
18.02.2016