Sul numero 42 di DJ Mag, in edicola a luglio, trovate un ampio servizio sulla “Giovine Italia”, citazione mazziniana (nientemeno) per definire tutta la generazione di produttori che attraverso un suono nuovo e molto personale stanno ridefinendo la musica elettronica di questi anni ’10, facendo parlare di sè dentro e fuori i confini nazionali. Dalle numerose interviste presenti nell’articolo, abbiamo per forza di cose estrapolato solo delle parti; lo spazio sulle pagine stampate è tiranno e così abbiamo deciso di pubblicare le interviste integrali qui sul sito, una per volta. Si parte oggi con Go Dugong.
Il tuo è uno dei nomi in maggiore evidenza in questa nuova ondata di producer italiani, quali sono le caratteristiche che ritieni più personali e identificative del tuo suono?
Credo che il mio vantaggio sia stato quello di provenire da un mondo totalmente differente a quello dell’elettronica e quindi di avere un orecchio meno contaminato e molto aperto. Mi sono avvicinato alla musica con l’hip hop ma durante il mio percorso artistico ho esplorato e suonato diversi generi musicali. Questo ha fatto sì che la mia musica diventasse una sorta di miscela “originale” di quello che è stato il mio background musicale. Dentro ai miei pezzi puoi trovarci davvero di tutto e sono sempre alla ricerca di un suono più personale.
Ho la sensazione che l’Italia sia terreno fertile per questi genere di sound, sono molti i producer che si stanno costruendo una reputazione solida anche su una “mappa internazionale”. Perchè, secondo te?
Credo che non siamo ancora ai livelli di U.S.A., UK o Germania. Lì nascono le cose e arrivano qui da noi in ritardo. Noi siamo molto bravi a prendere le novità, rielaborarle a modo nostro e ogni tanto esce qualche fuoriclasse che dimostra di sapersi vendere anche all’estero e di saper stare in mezzo a nomi di fama internazionale. Credo che l’Italia sia terreno fertile per questo genere di sound, ma né più né meno di altri paesi europei. La musica elettronica in generale sta crescendo in tutta Europa come nel mondo e l’Italia dà il suo contributo. Grazie al web poi c’è la possibilità di creare molte connessioni con altre realtà all’estero e di collaborare con gente che vive dall’altro capo del mondo.
Credi che tutto questo fermento possa in futuro svilupparsi in qualcosa che raccolga un pubblico più ampio e trasversale?
In Italia la “scena” è molto giovane. La gente sta cominciando solo ora a conoscersi, a collaborare e a muoversi in modo compatto per raccogliere sempre più pubblico a livello nazionale. Ma si sa, siamo un Paese piccolo, il pubblico è limitato e non c’è speranza se non si ragiona guardando e aprendosi al mercato estero e, perché no, anche verso altri generi musicali.
Un problema molto italiano è quello di “non sapersi vendere”. È un peccato perché abbiamo un tot di gente brava ma che non cura minimamente alcuni aspetti estetici e di marketing (come i social ad esempio) comunque importanti. Sarebbe fighissimo fare i duri e puri ma solo pochi se lo possono permettere. Per il resto, se si vuol suonare e farsi conoscere è fondamentale curare anche altri aspetti. Per rispondere alla tua domanda, c’è ancora tanto lavoro da fare ed è un po’ presto per fare previsioni. Secondo me però potremmo essere sulla buona strada.

Si parla sempre in termini lusinghieri dei tuoi set, oltre che delle tue produzioni. Come ti esibisci dal vivo? Live o dj set? Che tipo di sound ami proporre?
Dal vivo esco principalmente come live, con laptop, controller vari e tanta energia positiva… Ahahah! Ogni tanto faccio dj set ma suono più che altro vinili usati di musica africana, caraibica, sudamericana che raccolgo ai mercatini ma anche tanto funk, soul, jazz, raggae e old school hip hop. Rendo comunque decisamente meglio come live, come dj credo di avere un buon gusto ma poca tecnica. Il mio set è cambiato molto nel corso del tempo. Ora propongo roba più basata sul sampling e mischio un po’tutti i generi elencati sopra. Il risultato è una miscela eclettica tra musica etnica, funk e hip hop, curiosa ma anche divertente e ballabile.
In studio quali sono le tue fonti di ispirazione? Intendo come artisti di riferimento ma anche in senso generale, cosa ti dà l’input e ti fa “scattare la molla”?
Ultimamente non ascolto praticamente nulla di nuovo. Sono ignorante su tutti i nuovi nomi del panorama elettronico internazionale. Ho pochissimo tempo e preferisco passarlo a fare le mie ricerche, ascoltando tanto materiale del passato, di qualsiasi tipo e genere, cercando parti da campionare. Quindi è da queste ricerche che scatta l’input. Parto da un sample, lo spezzetto, lo risuono e ci costruisco tutto il resto attorno. Non sono interessato ad ascoltare molta roba del mio genere, preferisco mantenere l’orecchio più incontaminato possibile da eventuali influenze in modo da personalizzare sempre di più il mio sound.
07.07.2014