All’inizio di dicembre è uscito ‘The Island‘, album che giunge dopo il successo di ‘Solchi‘ e dopo tre anni in cui Godblesscomputers ha sfruttato pienamente il tempo a sua disposizione in studio. Tanti progetti, tante idee, tante demo che sembrano trovare con il tempo la loro naturale collocazione. Anche ‘The Island’ come i precedenti lavori ha delle finalità artistiche esplicite ed implicite, motivo per cui abbiamo analizzato questo nuovo lavoro in studio direttamente con il suo creatore.
‘The Island’ è un’esperienza inedita per te, come per decine di altri produttori, in un contesto storico delicato e complesso. Come ha inciso sul lavoro dietro questo album la situazione in cui ci troviamo a vivere da un anno ormai?
Dal punto di vista produttivo ha inciso meno di quanto si possa pensare, in quanto la maggior parte della produzione è stata terminata prima dello scoppio della pandemia. È stato un percorso diverso a livello di contenuti dove sono andato a costruire idealmente il concept di un album organico, adatto ad un ascolto integrale. A livello promozionale invece ha inciso molto poiché non è stato possibile presentare l’album al pubblico, parlarne o avere delle interazioni sociali al riguardo. Nel corso degli anni sono sempre fedele all’attività in studio, più una necessità che un lavoro, e per la prima volta non avere feedback da parte del pubblico o degli addetti ai lavori è stato piuttosto straniante. Ma è stato comunque un periodo denso in cui ho prodotto molto materiale oltre a quello contenuto in ‘The Island’, sperimentando quotidianamente e sfruttando il molto tempo a disposizione derivante dall’assenza obbligata di eventi.
In questo album ci sono alcune collaborazioni notevoli, tra cui cito quella con Glenn Astro che, similmente al tuo percorso, ha sperimentato il beatmaking passando poi ad una dimensione live e continuando anche in veste di dj e producer. Come hai scelto con chi collaborare nell’album?
Sono collaborazioni che sono nate spesso se non sempre attraverso incontri durante i festival o i tour. Nel caso di Glenn Astro ci siamo conosciuti in Sicilia proprio durante un festival. La musica come sempre unisce e condividere i nostri gusti e le nostre influenze ci ha spinti ad andare naturalmente d’accordo, scoprendo di avere molte cose in comune. Da questo rispetto reciproco umano e artistico è nata la volontà di lavorare assieme in ‘Rocks’. Ma il fattore umano è stato la discriminante anche con i Technoir, per esempio. Con loro ci siamo incontrati a Roma durante una data del tour di ‘Solchi’ e parlando abbiamo scoperto affinità e gusti complementari. È stato un piacere avere occasione di collaborare anche con loro in ‘Pacific Sound’, altra traccia dell’album.
Il progetto grafico dell’artwork mi ha incuriosito parecchio e tra l’altro c’è il tuo zampino anche in questo caso. Com’è nato e come lo avete sviluppato?
L’artwork è nato assieme ad un mio amico di vecchia data, Guido Garotti, selezionando una foto di Valerio Venturi scattata durante un viaggio in India. In questa particolare foto si creava un gioco visivo in cui degli uccelli si specchiano su un corso d’acqua che ha lo stesso colore del cielo. Quando ci siamo resi conto di questa doppia visione dell’immagine è nata l’idea di capovolgerla dando l’idea di uno stormo in volo e questa dualità può essere ampliata a diversi aspetti della nostra vita, che spesso cambia in base alla prospettiva da cui osserviamo. Io stesso ho cercato di immedesimarmi molto negli altri, di cercare di capire prospettive differenti. Quanto al concept in senso più ampio ‘The Island’ racconta di una isola immaginaria, una sorta di viaggio onirico, un’astrazione da ciò che ci circonda. Una cosa che mi ha fatto molto ridere con il senno di poi è che se ci fai caso tutti i miei dischi hanno una comunanza cromatica se metti le loro copertine vicine.
E quindi i brani intervallano i vari momenti dell’album come se ‘Pillow’ fosse, per esempio, il momento in cui mi risveglio con la testa sul cuscino, dopo un lungo sogno?
Esatto, si tratta di un viaggio in questo luogo scandito da diversi momenti che rappresentano varie fasi dell’esplorazione di esso dal punto di vista della scoperta dell’isola, ed al contempo di alcuni aspetti di noi stessi. ‘Pillow’ è proprio il risveglio al termine del viaggio, quel momento in cui si aprono gli occhi dopo un sogno profondo.
“All’inizio alcune dinamiche me le vivevo male ma oggi il mio pensiero è cambiato, sono io il primo a mettermi in discussione. Non voglio essere vincolato alle aspettative altrui.”
Come dicevi prima, però, in questo caso manca il feedback del pubblico. In questo periodo hai voluto provare ad ipotizzare quando potrai tornare ad esibirti dal vivo?
Spero che per l’estate 2021 si possa partecipare a qualche evento estivo. Quando abbiamo preso coscienza del problema Covid-19 molti eventi sono stati spostati in autunno e poi successivamente a marzo del 2021, e ora molti promoter stanno valutando la stagione calda come prima occasione utile per ripartire con calma e con le dovute precauzioni. Le persone che mi seguono lavorativamente sono state molto determinate sin da subito ma ovviamente siamo sul chi va là, in speranzosa attesa. È indubbio che economicamente le conseguenze saranno e sono comunque molto gravi per tutto il settore.
In questo scenario di futura e auspicabile ripartenza come credi sarà la scena che troveremo?
Sinceramente mi aspettavo che ci sarebbe stata maggior attenzione agli artisti italiani, o comunque a quelli artisti meno considerati in determinate logiche di mercato. Ho paura che la scena sia molto divisa e frammentata e ciò, in un momento del genere, non può che essere un problema. Non so se le cose continueranno ad essere come sono sempre state ma spero che si possa valorizzare tanti talenti che fino ad oggi non hanno avuto giusta attenzione, non certo per scarso valore artistico. Io dal canto mio continuerò ad andare in studio e fare ciò per cui ho questo senso di urgenza artistica. All’inizio alcune dinamiche me le vivevo male ma oggi il mio pensiero è cambiato, sono io il primo a mettermi in discussione. Non voglio essere vincolato alle aspettative altrui, e spero che lo stesso percorso possa essere fatto anche da altri che stanno vivendo le mie stesse sensazioni degli inizi.

Per chi si approccia la prima volta a ‘The Island’ c’è un consiglio che ti senti di dare per apprezzare al meglio il viaggio?
Mi rendo conto che viviamo nell’epoca delle playlist, dello shuffle e della fruizione compulsiva della musica. Oggi è difficile che si ascolti un album, è molto più facile estrapolare tante tracce che ci piacciono singolarmente da vari lavori degli artisti che seguiamo. Ecco, se potessi dare un suggerimento a chi vuole ascoltare ‘The Island’, è quello di concedersi almeno un ascolto integrale dell’album. Sicuramente ci saranno delle tracce che piaceranno più o meno in base ai gusti e alle esperienze di ciascuno di noi. Questo però resta un viaggio che ho cercato di costruire organicamente e che ha sicuramente più senso e completezza se ascoltato in questo modo, magari con un paio di buone cuffie chiudendo gli occhi e provando ad immaginare di svegliarsi su quell’isola.
06.01.2021