Questa è la storia di uno di noi. Cito Celentano – uno che in questo momento è al centro dell’attenzione – per introdurre la storia di uno che in realtà è “uno di noi” nel senso che grazie alla musica ha trovato la sua strada. Ma è anche una storia personale molto peculiare, quella di un artista che dalla provenienza al suono, ai vari cambi di rotta, si è distinto nel mare magnum dei giovani producer che spuntano come funghi nel vasto e apparentemente semplice oceano della trap. GOW Tribe ha iniziato con i rave, si è dato all’EDM, ha remixato Joachim Garraud su Ultra Music, ha aperto la prima data italiana di Skrillex e ora sta dando una deriva molto particolare al genere del momento, insieme al team di NO FACE, la factory guidata da Achille Lauro e Boss Doms (sicuramente due tra i nomi più interessanti del panorama italiano degli ultimi anni). Abbiamo voluto conoscerlo meglio.
Ci racconti brevemente chi sei, come hai iniziato a fare il producer e quali erano i tuoi obiettivi?
Sono Matteo Ciceroni, in arte GOW TRIBE, vengo da Roma e vivo a Milano da due anni. Ho iniziato a produrre nel 2005 suonando e organizzando rave party illegali in giro per l’Italia e l’Europa sotto il nome di Reo, con il collettivo Daje Forte. Suonavamo la nostra musica in luoghi simbolo del degrado urbano, fabbriche abbandonate e dismesse, trasformandoli in punti di aggregazione e socialità. Uno spirito rave che ancora oggi è l’olio che lubrifica gli ingranaggi con cui cerco di fare musica: con etica, nonostante viviamo in un’epoca di iper consumismo. Col passare del tempo il movimento andava sparendo e io ho suonato ovunque. Dopo un’estate a Ibiza cambiai progetto e stile; tornato in Italia insieme al mio ex socio Matteo Scartoni fondai Back2Rave. Era il 2011 e abbiamo girato moltissimi club Italiani ed aperto a tantissime guest di fama mondiale, abbiamo avuto supporto da artisti come Calvin Harris, Don Diablo, un nostro pezzo è finito in ‘Geordie Shore’…
Sono Matteo Ciceroni, in arte GOW TRIBE, vengo da Roma e vivo a Milano da due anni. Ho iniziato a produrre nel 2005 suonando e organizzando rave party illegali in giro per l’Italia e l’Europa sotto il nome di Reo, con il collettivo Daje Forte. Suonavamo la nostra musica in luoghi simbolo del degrado urbano, fabbriche abbandonate e dismesse, trasformandoli in punti di aggregazione e socialità. Uno spirito rave che ancora oggi è l’olio che lubrifica gli ingranaggi con cui cerco di fare musica: con etica, nonostante viviamo in un’epoca di iper consumismo. Col passare del tempo il movimento andava sparendo e io ho suonato ovunque. Dopo un’estate a Ibiza cambiai progetto e stile; tornato in Italia insieme al mio ex socio Matteo Scartoni fondai Back2Rave. Era il 2011 e abbiamo girato moltissimi club Italiani ed aperto a tantissime guest di fama mondiale, abbiamo avuto supporto da artisti come Calvin Harris, Don Diablo, un nostro pezzo è finito in ‘Geordie Shore’…
Poi però hai cambiato di nuovo le carte in tavola. Perché?
Nel 2015 cambia tutto: la musica, l’attitudine, il knowledge. Così sono cambiato anch’io: nel 2015 nasce GOW, un progetto a 360 gradi che coinvolge non solo la musica, ma anche il cinema, la moda e la fotografia; l’obiettivo principale è la ricerca di nuove sonorità e di nuove tendenze in modo da creare suoni e performance dal vivo che hanno l’ambizione di essere diverse da quelle che siamo abituati a vedere.
Ed è stata la scelta giusta?
Da subito la versatilità artistica e le prestazioni dettagliate del progetto e del live-set hanno ricevuto moltissima attenzione da parte del grande pubblico e degli addetti ai lavori.
Il tuo profilo Instagram recita: “HALF ITALIAN/HALF AFRIKAAN MUSIC SQUATTER”. Quali sono le tue origini, come si mischiano alla tua forte romanità e come si esprime tutto questo nella tua musica?
È stata una cosa che sono riuscito ad esprimere con il tempo: ascolto rap da quando ho nove anni, erano gli anni ’90 e in pochissimi sapevano chi erano il Wu Tang, Tribe Called Quest, NAS , Dre e via dicendo; non appena iniziai a fare musica dance (perché ho sempre fatto musica per far ballare) questa forte contaminazione si avvertì fin dal primo momento e caratterizzò in maniera importante il mio percorso artistico. Adesso il fatto dell’Africa lo porto dentro al nome GOW, al logo, all’immagine che porto di fronte al mio pubblico ed anche soprattutto nel concepire la musica che produco. Le drums, il battito, il ritmo, viene tutto dall’Africa. It began in Africa.
Sei ormai parte stabile del gruppo di artisti di NO FACE, ma che cos’è di preciso NO FACE e chi sono le persone coinvolte in questa squadra?
No Face è un etichetta discografica che si occupa di management di artisti, di booking e sviluppa contenuti creativi (dai video, ai film, alle grafiche, ai documentari, etc). Una società dove a capo ci sono Lauro e Nicolò (Pitch), una direzione artistica gestita da Doms e me, più nuovi talenti comprensivi di produttori e cantanti della scena trap italiana. Lavorano inoltre con noi collaboratori di vario genere: videomakers, fotografi e stilisti. Ma oltre a tutto questo No Face è diventato in primis un gruppo di amici e una famiglia con cui oltre al lavoro condivido affetti e amicizie. Il 14 dicembre è uscito il primo disco dell’etichetta “NO FACE FOREVER” dove all’interno puoi trovare tutti i membri del nostro collettivo.
Achille Lauro e Boss Doms sono senza dubbio le due figure più in vista di NO FACE, come vi siete conosciuti e che rapporto c’è tra voi?
Doms lo conosco da tanto, dal 2011/2012 circa: ci siamo conosciuti ad un contest musicale dove arrivammo primi a pari merito. Lo contattai e diventammo subito amici. Negli anni abbiamo prodotto tanta musica insieme e per un anno siamo stati coinquilini qui a Milano dove è diventato come un fratello. Lauro l’ho conosciuto 3/4 anni fa proprio nello studio di Edoardo dove subito è scattato un imprinting artistico che ci ha permesso di partorire tracce sperimentali e all’avanguardia come ‘Occhiali Da Donna’ e in seguito ‘Midnight Carnival’ e ‘Roba Francese’. Tralasciando il lato professionale, nell’ultimo anno ci siamo legati moltissimo e, come dicevo, ormai viviamo tutti insieme come una famiglia. Con Lauro e il resto del team ci lavoro, ci esco, ci rido, ci piango, ci mangio e ci dormo.
Sei una voce fuori dal coro nel panorama dei producer italiani. Mi spiego: il tuo suono non è esattamente riconducibile alla trap, che nel giro di pochissimo è diventata una formuletta sempre identica, e nemmeno sei incasellabile in un suono più esplicitamente dance. Quali sono gli elementi che ti portano al tuo stile così unico?
Diciamo che secondo me a differenza di tutti i producer trap Italiani, io,come peraltro Doms, vengo totalmente da tutta un’altra scuola. Entrambi abbiamo una visione a 360 gradi della musica elettronica avendone prodotta tantissima e in molti stili diversi. Dalle mie produzioni puoi aspettarti di sentire un pezzo techno/house, un pezzo trap, disco, o puoi sentire una canzone che ha un vero e proprio drop come nei dischi club. Cerco sempre di vedere oltre, di non seguire la moda del momento anche se spesso questa cosa è controproducente; ma dopotutto sono un artista spontaneo e questo è ciò che mi viene naturale fare. È sempre stato così: nel 2012 in anticipo alle tendenze future cominciai a sperimentare e a lavorare sulla musica trap e nel momento in cui tutti cominciarono a produrla, annoiato dalle formulette delle quali parli, cominciai a fare nuovi esperimenti musicali techno/house, pur non abbandondando il bagaglio tecnico che mi ero creato negli anni precedenti con i generi su cui avevo lavorato. È come se vivessi in avanti rispetto a quello che il mercato richiede. Per questo dico che talvolta è stato controproducente.
Domanda da un milione di dollari: come vedi l’evoluzione dello scenario italiano di rap/trap e dintorni nei prossimi mesi?
La situazione ora come ora mi sembra in stallo. C’è un genere solido che prevale su tutti gli altri in tutto il mondo e rimane così forte perchè oltre alla muscia porta con sé un vero e proprio stile di vita, una tendenza nel vestirsi, nel parlare, nell’atteggiarsi; è una cultura che nasce ormai da prima degli anni ’90 e che negli ultimi tempi ha dominato in modo massiccio la nostra generazione. Posso dirti che, a mio parere, sicuramente vedremo elementi femminili crescere e consolidarsi anche nel mercato nostrano e vedremo anche un refresh del movimento: verranno mischiate sempre più sonorità, come la wave 80’s o techno/house, per non scadere sul banale o sul ripetitivo.
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30.01.2019
30.01.2019