La notizia è arrivata ieri sera, sul tardi, quasi a mezzanotte, un po’ in stile Plastic, lo stile di chi lo stile ce l’ha nel sangue e non deve aspettare gli orari di punta dei social o fare proclami con le fanfare. Il post sul profilo Instagram del club inizia così: “Il 28 giugno 2025 è stata l’ultima serata del Plastic”. Nessuno spazio per interpretazioni o dubbi.
Uno dei locali simobolo di Milano ci lascia, a pochi giorni dallo sgombero di un’altra bandiera della città, il Leoncavallo. Certo, luoghi, motivazioni, pubblico, dinamiche, tutto è agli opposti. Ma è un feeling comune quello che vede la fine di un’epoca nello spegnimento di queste due stelle, un tempo brillantissime, nel firmamento del clubbing meneghino. Milano non sta cambiando, Milano è cambiata, e se tanti nuovi club di notevole livello, organizzazione, programmazione, la stanno scortando in un presente (e, si spera, un futuro) internazionale, perdere le proprie radici è un pericolo da non sottovalutare.
Un po’ di storia: il Plastic apre nel 1980, quando Lucio Nisi e Nicola Guiducci mettono in piedi una specie di club con poche luci, un impianto audio, una consolle, e la voglia di fare festa come si fa a New York in quegli anni. Il Plastic non ha niente a che vedere con i locali dell’epoca: Milano era quella delle balere, di qualche pionieristico club che apriva proprio in quell’alba degli ’80 che significava rinascita dopo i ruvidi ’70 delle bombe, stavano arrivando After Dark, Rolling Stone e compagnia bella ma era ancora la città dei teatri e del Derby, del cabaret. Il Plastic invece propone musica iper cool, un ingresso dove la selezione era naturale, che preferiva le stravaganze alle cravatte, gli outsider ai benpensanti. Infatti, diventa in breve il raduno della gente della Moda, della Musica, delle star internazionali ma quelle vere, tipo Grace Jones, Andy Warhol, Mickey Rourke, Diego Armando Maradona.
Poi i tempi cambiano, arrivano gli anni ’90 e Milano diventa il cuore pulsante di un movimento alternativo che contagia il mainstream, i dj diventano star per la prima volta e il Plastic riesce a cambaire senza cambiare, diventando l’ombelico del mondo per gente come le nuove star della musica, i dj più cool, le modelle, gli studenti di design e i club kids. Diventa un laboratorio sociale e social prima dei social, non un reliquiario della Milano da bere, come tanti, troppi posti sono diventati nel tempo. Un vocazione al futuro, all’essere diverso, laterale, che si esprime alla grande anche durante tutti gli anni dopo il 2000, con serate epiche che ospitavano i migliori nomi della consolle internazionali. E con le serate iconiche del club: London Loves, Juke Box hero, Match à Paris, e ovviamente Club Domani.
La risacca inizia forse con il trasloco in via Gargano, dopo oltre trent’anni in viale Umbria 120. Nelle sede storica ci ho visto e sentito alcuni dei dj più grandi di tutti i tempi, gente come Laurent Garnier, Matthew Herbert o Carl Craig. Ci ho anche suonato, lo dico con orgoglio, e la vibe era davvero intensa. Nella nuova sede ci ho girato alcune parti di un documentario che racconta il clubbing milanese in tutte le sue epoche (Sono In Lista, potete vederlo QUI). Un documentario ideato da Stefano Fontana (che l’ha poi scritto insieme a me), che racconta sempre con grande enfasi e commozione i suoi anni come dj al Plastic, per dire di un altro personaggio seminale della storia del clubbing del nostro Paese. Ricordo che raccontare le storie della Notte milanese dentro le mura di una parte così importante della storia mi aveva lasciato addosso una sensazione magica per diversi giorni, era come se in qualche modo fossi ancora più dentro la storia di Milano, che è la città dove vivo, anche se non ci abito, come mi piace dire; è il posto che mi ha dato e mi dà opportunità meravigliose e che, credo, mi sta facendo diventare parte di un pezzettino della sua storia. Quindi, immaginate quanto mi abbia elettrizzato girare quel documentario proprio lì, tra quelle mura, sotto i neon KILLER PLASTIC O. Roba forte. Come forte era vedere le riprese con Nicola Guiducci, Mariangela Pinky Rossi, Sergio Tavelli e Tommaso Nisi, in un breve pianosequenza che li ritrae come quattro meravigliosi cavalieri dell’apocalisse.
Da stamattina il telefono fiocca di notifiche: “ma tu lo sapevi?” “ma perchè chiude?” “è finita un’epoca!” “la nostra Milano sta scomparendo”. Tutto vero. Non so dire le cause precise della chiusura, di sicuro un po’ di stanchezza era fisiologica, dopo 45 anni. Di sicuro, la meravigliosa squadra del Plastic non aveva trovato un rinnovo vero e proprio, un passaggio di testimone. E di sicuro, anche il ricambio di pubblico non era stato quello del passato. Tutti fattori che non hanno aiutato le ultime stagioni. Però questo non significa che sia colpa del Plastic. Semplicemente, appunto, i tempi cambiano. Un discorso che – con prospettive diversissime, sia chiaro – può valere anche per il Leonka, sgomberato certamente nell’infamia e nella vigliaccheria di una politica becera o, dall’altra parte, cinica e indifferente, ma da tempo molto meno “leone” di quanto non sia stato il magnifico capannone di via Watteau negli anni ’90 e ’00.
Milano cambia sempre, si trasforma, è la forza che la tiene viva e vitale come la conosciamo. Oggi siamo in lutto perché è davvero un pezzo della sua storia ad andarsene, un pezzo del nostro cuore e un pezzo della cultura mondiale (e non esagero). Dal 1980 il Plstic era un universo con le sue regole, un locale dove a non superare la selezione alla porta era il conformismo. Oggi gli spazi per ballare la musica che vogliamo si sono moltiplicati, ma forse manca uno spirito controcorrente, in generale nella società. Siamo meno selvatici e più addomesticati. Io non so dire se in questo scenario non ci sia più posto per il Plastic, o se sarebbe necessario aggrapparsi a un baluardo come lo è stato questo club. Probabilmente, le idee sotterranee sono quelle che ancora non vediamo e porteranno a un nuovo anti-conformismo, e a nuovi club o luoghi dove praticarlo, con orgoglio e vibrazione. La leggenda del Plastic, però, sarà viva per sempre. Grazie. Di cuore.
04.09.2025