• MERCOLEDì 04 OTTOBRE 2023
Interviste

Hardwell: al Nameless Festival il ritorno in Italia

L'artista olandese torna finalmente in Italia, e domenica chiude il mainstage di Nameless Festival.

Foto: Gerard Henninger

Hardwell è stato uno dei promotori del “movimento” che negli anni ’10 è riuscito a portare al successo tutto il filone EDM. Artisti della stessa generazione come Avicii, Alesso, o personaggi già importanti come il trio della Swedish House Mafia o David Guetta, sono riusciti in pochi anni a fare conoscere un un genere musicale al grande pubblico, rendendo il ruolo del deejay una figura di importanza assoluta agli occhi di tutti e cambiando per sempre la percezione spettacolare di chi sta in consolle a mettere dischi.

Dopo un successo raggiunto rapidamente, nel 2018 Hardwell ha scelto di prendersi una pausa dai live, elemento che insieme ad altri più o meno contemporanei ha di fatto sancito “la fine dell’EDM”, cioè di quella narrazione della club culture. L’olandese si è defilato per un po’, riprendendo ad esibirsi solo lo scorso anno come secret guest ad Ultra Miami. Finalmente, dopo diverso tempo, torna in Italia con una data al Nameless Festival. Abbiamo potuto parlare con lui dei primi momenti, del successo iniziale, della pausa, del ritorno sui palchi e della sua visione dell’industria musicale. Ne è uscita una chiacchierata interessante e matura da parte di un artista che ha scritto un pezzo della storia recente della musica elettronica.

 

Domenica sarai l’headliner del mainstage di Nameless Festival. Sei felice di tornare in Italia? Qual è il ricordo più bello che hai del pubblico italiano?
Assolutamente! Adoro l’Italia! È un Paese con una grande cultura, cibo incredibile, un’importante storia. Ma l’Italia è anche un Paese che sa come divertirsi. I miei fan italiani sono tra i più scatenati e appasionati, quindi sono entusiasta di tornare. Ogni volta è stata incredibile, ma portare il mio primo tour mondiale ‘I Am Hardwell’ è stata per me l’occasione più speciale.

Come ti senti a essere tornato a pieno regime nei festival e nei club?
Sai una cosa, ci si sente davvero bene! Sono contento di essermi preso un po’ di tempo per me stesso, avevo bisogno di ricaricare la mia creatività in studio e ritrovare il mio groove con la musica che volevo fare. 

‘Endocoded’, ‘Call Me A Spaceman’, ‘How We Do’, ‘Apollo’ sono alcuni esempi dei successi che hai pubblicato tra il 2011 e il 2012. In quegli anni hai collezionato una serie di brani che hanno plasmato il tuo sound e ti hanno portato a vincere la DJ MAG Top 100 Djs per la prima volta nel 2013. Cosa hai provato ad essere sul tetto del mondo così giovane?
È stato fantastico, ma è successo tutto così in fretta che durante quel momento non ho dedicato abbastanza tempo a me stesso per assimilare e godermi completamente tutto ciò che stava accadendo. È stata una corsa frenetica, ma sono molto orgoglioso della musica e dei successi di quel periodo. Tantissimi miei sogni erano diventati realtà. 

 

Il sogno di diventare un DJ è sempre più diffuso, e a volte basta una canzone per diventare virale. Ragazzi giovanissimi si ritrovano catapultati in un nuovo mondo che non sono pronti ad affrontare. Spesso non vengono “protetti”. Management e booking cercano di sfruttare la situazione spremendoli il più possibile. Cosa ne pensi, dato che sei diventato famoso molto giovane e poi hai deciso di smettere e ripensare a tutto?
Non posso parlare per altri artisti, ma per quanto riguarda me, il mio team e il mio management mi hanno sempre supportato in ogni fase della mia carriera. Sono stato io il responsabile della pressione a cui ero sottoposto. È l’industria musicale, quindi non ho dubbi che la gente venga sfruttata ma, parlando per me, sono fortunato perché ho un manager e una squadra che hanno a cuore me e i miei interessi. I nuovi artisti hanno bisogno di circondarsi di persone fidate che possano aiutarli a raggiungere vette sempre più alte.

Se potessi tornare alla tua scelta del ritiro, lo rifaresti?
Si, al 100%.

La scomparsa di Avicii è stata ovviamente un duro colpo per tutti i fan. Anche la tua decisione di ritirarti per un po’ è stata un annuncio scioccante, ma penso che abbia fatto riflettere a lungo artisti e in generale l’industria, e abbia aiutato a cambiare un po’ la visione. Come hai vissuto quella situazione e come vedi l’intero ambiente del music business oggi?
Il mio non è stato un “ritiro”, ma solo una pausa dal tour, perché facevo ancora musica in studio. Avevo però bisogno di stare anche con la famiglia e gli amici e vivere una “vita normale” per un po’. Penso che l’intero settore abbia fatto molta strada in questi ultimi anni, in particolare dalla pandemia. È importante capire di più che tutti, non solo gli artisti, hanno bisogno di disconnettersi di tanto in tanto per ricaricarsi.

Nel 2022 hai fatto il tuo ritorno sui palchi esibendoti ad Ultra Miami. Cosa ti ha spinto a iniziare a suonare di nuovo e come sei uscito dal duro periodo precedente?
Volevo tornare in tour una volta pronto. Ho usato il mio tempo libero per concentrarmi sul mio sound e trovare una nuova direzione che mi entusiasmasse. Dopo un po’, mi sono ritrovato con tanta nuova musica e una chiara visione di come volevo portarla sul palco dal vivo sotto forma di una produzione speciale.

Foto: Rudgr.com

Qual è lo spirito con cui vivi ora la tua carriera? Le tue priorità, i tuoi sogni?

Lo spirito è sempre lo stesso, fare musica che trasmetta profondi sentimenti e ricordi indimenticabili per tutti coloro che stanno ballando. 

L’evoluzione delle tue produzioni nel corso degli anni è evidente. Qual era il tuo obiettivo prima e cosa vuoi o hai bisogno di comunicare attraverso la tua musica ora?
Ho riordinato i miei obiettivi. Prima avevo molte ambizioni che sono diventate realtà. Oggi voglio sentirmi libero dai tanti obiettivi e semplicemente fare musica e godermi il percorso e ogni minuto con i fan.

Se potessi plasmare il mercato musicale, come vorresti si sviluppasse in futuro?
Mi piacerebbe vedere più equità nel settore e un ritorno al valore di ciò che la musica significa per tutti noi. Sfortunatamente, i social media e la cultura del “mi piace” hanno spostato un po’ l’attenzione di tutti nel corso degli anni. Credo però che stiamo tutti lentamente tornando al cuore di ciò che spinge la passione di ognuno di noi verso la musica.

 

 

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