Agli Mtv Digital Days, lo scorso settembre, ho incontrato gli artisti selezionati per il premio New Generation Electro, artisti che si sono poi esibiti in apertura delle Electro Night alla Venaria Reale. I Pelussje sono una coppia sul palco e nella vita, come si suol dire; suoni violenti, attitudine rock’n’roll, maschere da lottatori messicani e stilosissimi outfit sono i loro marchi di fabbrica.
I due produttori e dj lombardi si sono raccontati per DJ Mag, prima di esibirsi in un set micidiale, tra piatti e incisioni al microfono. Dandoci anche una notizia in anteprima, che li vedrà presto (mini spoiler) collaborare con l’etichetta di Skrillex.
Il vostro percorso è anomalo, siete partiti dall’hardcore e poi avete intrapreso una strada che si è spostata verso i canoni electro-house e poi ancora oltre, sia in quanto a stilemi sonori sia per l’immagine, con le maschere da luchadores che riprendono un topos consolidato nel mondo di un certo tipo di dance. Ma in tutto questo, siete sempre riusciti a farvi riconoscere per uno stile personale.
James: Secondo noi sono stati tutti pezzetti di un puzzle, un quadro che visto da vicino forse ha poco senso, ma da maggiore distanza compone una figura ben precisa. E’ un percorso fatto di piccoli passi verso una direzione che a noi stessi era ignota, dalla musica che ascoltavamo e ci ispirava agli inizi, come Sonic Youth e Mogwai, o Aphex Twin, a quello che abbiamo suonato e prodotto in questi anni. Un percorso che ci ha fatto passare attraverso diversi stili; a un certo punto la musica ha fatto un passo in avanti, lo strumento live non è stato più strettamente necessario, né in studio né dal vivo, ed è stato un passaggio cruciale, avvertito più o meno contemporaneamente da molti artisti, basti pensare a Justice, Bob Rifo o Congorock. Così anche per noi è diventato naturale orientarci verso la produzione.
Chiara: Siamo musicisti che si annoiano in fretta, ascoltiamo moltissima musica e questo ci ispira per cimentarci avidamente con nuovi stili, generi, non ci piace focalizzarci troppo a lungo sulla stessa cosa. Ora, per esempio, stiamo lavorando anche a colonne sonore e musica per pubblicità. E’ uno stimolo in più, una sfida nuova. Non siamo mai stati a nostro agio seduti su quanto abbiamo fatto, anche quando il riscontro è stato buono.
J: Quel nostro stile personale che dicevi è una conseguenza di questo. Sperimentiamo di continuo, e così abbiamo scavalcato gradini e barriere.

Come avete inziato?
C: Noi siamo una coppia, ci siamo messi insieme molto giovani, poi io mi sono trasferita a Milano da Ravenna per l’università, e così siamo andati a vivere insieme. La musica è nata come un gioco.
J: Io ho iniziate a usare le macchine a metà anni ’90, smanettavo con i campionatori ai tempi della prima ondata hip hop. Il passaggio è stato essenzialmente quello di crescere insieme, cambiando appunto direzione di volta in volta.
C: All’inizio si trattava di una specie di synth-pop, anche dal vivo usavamo parecchie macchinette e strumenti. A un certo punto stava diventando difficile muoversi con quella strumentazione, le date si facevano numerose, e abbiamo via via semplificato il set up.
J: Anche perché la tecnologia iniziava a permetterlo. Adesso portiamo in giro un dj set che concepiamo come uno showcase, suoniamo molte nostre produzioni. Siamo più performer che dj, in realtà.
Un esempio lampante della trasformazione del dj: il dj set è spesso, ormai, un concerto, dove l’artista si mette in consolle e suona le proprie produzioni e i propri successi…
J: Nel nostro set suoniamo delle versioni dei nostri pezzi e remix preparate apposta per i live, sono ulteriori riarrangiamenti, su cui cantiamo dal vivo; ci piace interagire con il pubblico, vogliamo che ci guardi, non siamo dj nell’accezione classica del termine, statici dietro la consolle. E’ un’attitudine rock che abbiamo conservato.
E che nasce proprio da questa trasformazione, no? Gli stessi Justice, Bob Rifo, è tutta gente che al momento giusto ha capito come unire dance e rock. Anche uno come Steve Aoki, per dire, ha contribuito alla trasformazione della figura del dj. Dieci anni fa uno come lui non sarebbe stato proponibile.
C: Esatto! Siamo saltati su questo treno, ci è venuto naturale perché era proprio quello che sentivamo anche noi. Il punto d’incontro tra il dj e il frontman.
Quali sono state le vostre produzioni più forti, tra gli ultimi lavori?
C: Quest’anno siamo usciti su Ultra, è stata una bella soddisfazione; ci hanno contattati per realizzare dei remix di pezzi del catalogo Salsoul Records, con ampia libertà di scelta. Figurati, un fold pieno zeppo dei file originali della Salsoul!
J: Anche lavorare con le piccole etichette per le quali sei importante è molto appagante. In questi casi il rapporto umano e l’obiettivo comune sono in primo piano, ed è possibile costruire insieme un percorso che tutela le nostre scelte e la loro integrità artistica, la loro visione.
C: E’ ciò che succede con SPVN, l’etichetta di I Am Orkid, ad esempio. Con lui abbiamo pubblicato un pezzo a cui ha collaborato Justin Pearson dei Locust, e uno con il cantante Max Zanotti. Ci ha dato la possibilità di sperimentare, senza badare troppo ai calcoli, anche quando abbiamo proposto cose che la nostra fan base non ha gradito o capito molto, perché lontane da ciò a cui li avevamo abituati.
E’ il discorso della etichette indipendenti e delle major, che rispetto agli anni d’oro della discografia è ribaltato: prima con la major cercavi la sicurezza economica, loro avevano i soldi e il tempo di investire sull’artista e di farlo crescere; ora i soldi non ci sono da nessuna parte e accade il contrario: con la major sbagli un colpo e sei fuori, con le indie invece hai l’opportunità di costruire un percorso.
C: Infatti, proprio così. Un’altra label con cui ci stiamo relazionando in questo modo è Top Billin, loro hanno una forte credibilità e ci troviamo a nostro agio. il 3 novembre usciremo poi con The Nest/OWSLA, l’etichetta di Skrillex! L’ep si intitola “Ah-ite” e conterrà tre tracce. Siamo molto contenti e speriamo di spaccare, anche qui vale il discorso dell’importanza dell’etichetta indipendente.
J: Anche perché a noi piace sempre cambiare strada e fare cose che non abbiamo mai fatto prima. Ora stiamo tornando verso la future garage, quasi a chiudere il cerchio con ciò che ci piaceva fare agli inizi, ai tempi della fidget.
Photo by Marco Zanolin
Putfit by Alfa Omega Brand
08.10.2014