Nel 1994 i Jamiroquai sono un gruppo in rapida ascesa nel panorama musicale britannico; sono il gruppo-ariete della nuova musica inglese verso le radio, in quel momento straordinario e lussureggiante che sono i primi anni ’90 a Londra e in tutto il Regno Unito, in cui stavano sbocciando l’eleganza dell’acid jazz, il torpore del trip hop, gli esperimenti ritmici della jungle e dell’UK hardcore, mentre acid house e brit pop erano già ampiamente popolari. Se il successo globale, per Jason Kay e soci, arriverà nel 1996 con ‘Virtual Insanity’ e ‘Cosmic Girl’, le super hit dell’album ‘Travelling Without Moving’ che proiettano il gruppo nelle classifiche di mezzo mondo, nel ’94 i Jamiro sono ancora in una fase di messa a fuoco che gli vale lo status di band più cool in circolazione, un po’ grazie al sound imbattibile che porta l’acid jazz in una dimensione meno leccata e più frizzante, un po’ per l’evidente carisma del leader della band, che fa di copricapi pellerossa, Adidas Gazelle e maglioni oversize il suo stile inconfondibile, con un corredo di video in snowboard e foglie di marijuana ben in mostra.
Dall’altra parte dell’oceano, il 1994 è un momento magico per un dj e producer di New York City, David Morales. Nato e cresciuto a Brooklyn, Morales è parte di quel tessuto sociale di musicisti e dj di origine portoricana che negli anni ’90 lasciano un segno profondissimo nella storia della house mondiale. Mentre piazza club hit come ‘In The Ghetto’, Morales diventa famosissimo come remixer. Mette le mani su molti nomi del circuito dance, sui pezzi delle principali voci black dell’epoca e poi fa il salto e arriva all’attenzione delle grandi case discografiche, che capiscono l’importanza di produrre versioni da club dei maggiori successi stagionali, e a quel punto David Morales diventa una figura chiave dello scenario internazionale. Se nel corso del decennio remixerà tutte le star più grandi dell’epoca, da Mariah Carey agli U2, da Michael Jackson a Britney Spears, dai Pet Shop Boys a Whitney Houston, è il remix di ’Space Cowboy’ dei Jamiroquai a diventare un vero cult planetario. Tanto da diventare un “classic” non soltanto nelle borse dei dj, ma anche nella storia della musica da club (e non solo).
‘Space Cowboy’, nella sua versione originale, è una bella canzone, curiosa per come alcuni dei tratti tipici dell’acid jazz si uniscono al funk. È il primo singolo del secondo album dei Jamiroquai, ‘The Return Of The Space Cowboy’, destinato a buoni risultati di vendita e a consolidare l’interesse intorno alla band. ‘Space Cowboy’ è una bella canzone, ma non è fortissima. Serve qualcosa che le dia una spinta ulteriore, e nel 1994 la dance è uno dei generi più popolari in Inghilterra e in Europa. Così la ‘Classic Club Mix’ firmata da David Morales per il mercato americano diventa popolarissima anche nel Vecchio Continente. Un po’ perché la versione di Morales ha elementi molto più famigliari e “digeribili” per le orecchie dell’ascoltatore medio: una struttura più ordinata tra strofa e ritornello, la scatola ritmica regolare della cassa in quattro, il sax e i suoni house; un po’ perché qui Morales si supera. L’uomo della Def Mix è in un momento d’oro, ma il lavoro che compie su ’Space Cowboy’ è qualcosa di sublime. Una destrutturazione e un’operazione chirurgica di restyling che danno al pezzo una vita nuova, una luce e un’identità che nulla hanno a che vedere con l’originale, pur senza tradirne lo spirito. E migliorando di parecchio la versione degli stessi Jamiroquai.
David Morales compie un’impresa riuscita in rari casi: far diventare il remix della canzone più bello e popolare della versione originale, farla diventare un successo grazie alla sua versione, che diventa “la” versione. Quella più conosciuta e suonata. Non solo moltissimi i remix che possono vantare questa condizione. Così al volo viene in mente ‘Day’N Nite’ di Kid Cui nel take dei Crookers, ‘I Follow Rivers’ di Lykke Li nella versione di The Magician, ‘Brimful Of Asha’ dei Cornershop nel remix di Fatboy Slim, e ‘Missing’ degli Everything But The Girl rivisitata da Todd Terry. A dirla tutta, ‘Missing’ e ‘Space Cowboy’ si giocano la medaglia di miglior remix di tutti i tempi (io personalmente ho una leggera preferenza per ’Space Cowboy’ ma anche ‘Missing’ è un capolavoro senza tempo).
Tra il 1994 e la prima parte del 1995 il remix dei Jamiroquai conosce il grande successo nei club e poi nelle radio. Gli ingredienti della ricetta sono un beat house, una linea di basso pulita e dinamica, un giro di synth che diventa iconico quanto il “para-para-parapara-para” di Jay Kay (sfruttato in maniera furbissima da Morales), e poi fiati veri, un flauto e un sax che mandano in orbita il pezzo nella seconda parte, un viaggio da cui non si torna più indietro, spaziale per davvero. Un gioiello che rimane prezioso e brilla anche dopo venticinque anni. Ascoltare per credere. I Jamiroquai conosceranno il successo mondiale e il loro funk prenderà una rotta sempre più dance, anche grazie a questo esperimento che gli ha fatto capire come questa cosa funzionasse sulla loro musica. David Morales avrebbe messo a segno altri colpacci, dai remix citati sopra a hit come ’Needin U’ a nome The Face per poi diventare un’icona della consolle, inspiegabilmente appannato nelle produzioni ma sempre valido e divertente in consolle. Ma questo incontro, questo remix, è culto. Un classico, appunto.
04.07.2019