• SABATO 07 GIUGNO 2025
Interviste

Jean-Michel Jarre: l’uomo che viene dal futuro

Estate 2025 molto italiana per Jean-Michel Jarre, tra concerti, esposizioni, installazioni. Con tanto da scoprire e da raccontare per quanto riguarda l’intelligenza artificiale

foto: François Rousseau

Pionieri, visionari, avanguardisti: pochissimi artisti nel corso della storia della musica hanno potuto definirsi tali. Il musicista e compositore francese Jean-Michel Jarre è il prototipo in tutte e tre queste categorie: sin dagli anni Settanta ha saputo indicare sempre la retta via a chi volesse dedicarsi alla musica elettronica e anche adesso ha sempre uno sguardo proteso verso il futuro e verso quello che ancora non esiste.

Da sempre Jean-Michel Jarre è molto legato all’Italia, dove in questi mesi sta portanto la sua visione artistica a 360 gradi tra Milano, Venezia e Pompei. Sino a domenica 23 novembre Jarre è presente alla Biennale di Architettura di Venezia con la sua installazione Oxyville; dal 12 giugno al 7 settembre il MEET Digital Culture Center di Milano ospiterà Promptitude, la sua prima mostra di opere visive. E ad inizio luglio sarà live nientemeno che in Piazza San Marco a Venezia (giovedì 3) e all’Anfiteatro degli Scavi di Pompei (sabato 5). Contesti ed opere di altissimo livello, all’altezza di un visionario che continua a portare l’elettronica in giro per il mondo, un’ottima opportunità per intervistare Jarre, sempre originale e profondo in ogni sua considerazione, durante la nostra mezz’ora di chiacchierata live via Zoom.

 

L’Italia che cosa rappresenta per te, personalmente e artisticamente?
L’italia è sempre stata per me una grandissima fonte di ispirazione: opera, pittura, letteratura, cinema. Penso a personalità quali Umberto Eco, Italo Calvino, Federico Fellini, Luchino Visconti, Sergio Leone, Nino Rota, Ennio Morricone e Adriano Celentano. Sin da studente ne sono rimasto affascinato, soprattutto perché certi compositori italiani sono sempre stati in grado di unire sentimenti e sensazioni contrastanti, happiness in a sad song, un concetto che ho sempre cercato di mettere in pratica nelle mie canzoni.

E in Italia sarai questa estate, per due concerti a Venezia e a Pompei.
Due miei sogni da sempre, suonare in Piazza San Marco a Venezia ed all’Anfiteatro degli Scavi di Pompei. L’Anfiteatro di Pompei è una realtà visionaria da ogni punto di vista: architettonico e sonoro soprattutto, qualcosa di assolutamente avanguardistico, con un equilibrio perfetto tra struttura ed acustica. Suonarvi è il modo migliore per omaggiare il genio di chi l’ha concepito e andrò sia a Venezia sia a Pompei con lo stesso spirito di innovazione che avevano le persone di quell’epoca. Un doppio omaggio al fatto che la musica elettronica è nata in Europa, a differenza del jazz e del blues, che hanno origini americane. Dirò più: la musica elettronica è nata in Italia con Luigi Russolo ed il suo manifesto futurista l’Arte dei Rumori del 1913, ideale per definire ed inquadrare al meglio la musica del XX e del XXI Secolo.

In che cosa è stata da subito rivoluzionaria la musica elettronica?
Per la prima volta si è compreso che la musica poteva nascere non soltanto con note e solfeggio ma anche con e attraverso le macchine. E che cosa fa la differenza tra musica e rumore? La mano del musicista, il fattore umano. Tutto questo – ribadisco – è nato in Italia, una nazione dove innovazione e visione nell’arte non sono mai mancate. Come in Francia: entrambi paesi latini. Abbiamo molto in comune.

I tuoi concerti coinvolgeranno l’Intelligenza Artificiale. Riguardo all’AI in che fase siamo? Far West, età dell’oro, rivoluzione?
Tutto quanto. AI significa anche immaginazione, è un’opportunità fantastica per esplorare la creatività: ogni innovazione tecnologica apre davvero tantissime porte, pensiamo ai primi registi, ai primi fotografi. Da dove e da che cosa sono partiti, dove sono arrivati e dove potranno arrivare: una storia infinita. Il progresso non si può fermare, va accolto nel mondo migliore: esplorarlo, trarne vantaggio e combatterne gli aspetti negativi; la tecnologia è sua volta uno strumento, tutto dipende dall’utilizzo che se ne fa. Alla fine è sempre l’uomo che schiaccia il bottone.

E l’uomo si è sempre evoluto attraverso tentativi e anche errori.
Ogni rivoluzione porta con sé il caos ma tante opportunità: nei prossimi vent’anni l’AI farà lo stesso percorso della cinematografia degli inizi, quando i film erano in bianco e nero e senza sonoro. Gli errori erano all’ordine del giorno ma proprio grazie a loro si è progredito e si sono create opere uniche. Ricordo ad esempio il mio primo sampler, il Fairlight: negli anni Ottanta era considerato la Rolls Royce di categoria; potevo farci soltanto sample da otto secondi con otto bit. Mi ha permesso di realizzare album fantastici, con un sound molto specifico, difficile da riprodurre altrimenti. Questo è il progresso: aprirsi al futuro e andare per territori inesplorati.

 

Anche per quanto concerne i social network, tutto dipende dall’utilizzo che se ne fa?
Si. Del resto ogni nuovo media nella storia è sempre stato accolto con sospetto. Della televisione si disse che avrebbe distrutto le nuove generazioni, lo stesso accadde con i videogiochi, più di recente con i social network. I giovani saranno sempre attratti da quello che è nuovo, sta a noi adulti creare filtri, limiti, monitorare i pericoli e far ben presente le regole, perché non è vero che le regole inibiscano e limitino le libertà: è vero il contrario. Pensiamo alle patenti di guida: ci permettono di guidare liberamente ma con regole ben precise. Del resto gli antichi romani ci hanno insegnato che la differenza tra caos e democrazia sta sempre nelle leggi, nelle regole.

Adesso è più facile o più difficile comporre un brano?
È tutto come sempre, è sempre una questione di ispirazione. Vero che adesso tutti possono produrre musica dalla propria stanza da letto e distribuirla direttamente su Internet e questa è una fantastica democratizzazione della creatività. Il rovescio della medaglia? Da quando è iniziata la nostra intervista sanno uscite almeno 10mila tracce, grandissima parte delle quali finirà quasi subito nel dimenticatoio. Siamo ottimisti e speriamo che mentre ne discorriamo stiano nascendo nuovi talenti. Magari non saranno i nuovi Miles Davis, Billie Eilish o Adriano Celentano, ma bisogna sempre essere ottimisti.

Quale sarà il futuro della musica?
Che cosa è il bello della musica e delle arti in generale? Le emozioni che sanno suscitare: Leonardo da Vinci, Federico Fellini, Ennio Morricone hanno sempre saputo tradurre le emozioni nelle loro opere, con tutti i loro contrasti: felicità e tristezza, bianco e nero, amore e odio. Ogni generazione utilizza gli strumenti che ha a disposizione, ma le emozioni sono sempre le stesse, la tecnologia servirà sempre per dare le risposte a quello che il genere umano chiederà di volta in volta.

 

Sei sempre in perfetta forma. Come fai?
Merito del Bellini e del Carpaccio da Cipriani (ride – ndr). Tutto merito loro. Scherzi a parte, credo sia innanzitutto una questione genetica, poi certo lo stile di vita conta molto: il corpo con il passare degli anni non risponde più come prima e va trattato come una macchina; io non fumo, non bevo – a parte il Bellini e un po’ di vino – e faccio ginnastica tutti i giorni. E faccio molta attenzione a quello che mangio: in Francia e in Italia siamo molto fortunati a poter disporre di così tanta varietà e fantasia a tavola: l’importante è saper bilanciare tutto quanto, senza integralismi. Non credo ai dogmatici che dicono niente pane o niente carne, ad esempio: ci vuole un poco di tutto.

Il segreto per una buona vita: l’alimentazione.
Tutto sta nella differenza tra internazionale ed universale. Internazionale significa Coca Cola, Mc Donald’s, trovare ovunque comuni denominatori che ci rendano tutti eguali; universale è trovare nel proprio giardino quel qualcosa di unico che possa piacere a brasiliani, cinesi, americani. L’Italia ha tutto questo, ha radici locali e regionali e per questo è amata in tutto il mondo: una grande fortuna essere così, anche con la giusta dose di caos. E la creatività dove si sviluppa meglio? Proprio nel caos.

 

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Dan Mc Sword
Dal 1996 segue, racconta e divulga eventi dance e djset in ogni angolo del globo terracqueo: da Hong Kong a San Paolo, da Miami ad Ibiza, per lui non esistono consolle che abbiano segreti. Sempre teso a capire quale sia la magia che rende i deejays ed il clubbing la nuova frontiera del divertimento musicale, si dichiara in missione costante in nome e per conto della dance; dà forfeit soltanto se si materializzano altri notti magiche, quelle della Juventus.
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