Uno di quei nomi che quando li fai, tutti dicono “ah, sì, che mito!”. Jeff Mills non è soltanto un grande dj e uno degli artisti che sono in questo settore, ad altissimi livelli, da più tempo. È davvero un mito, una figura rispettatissima, un vate della techno e un intellettuale dei piatti (e questa intervista ve lo confermerà, perché di fatto, abbiamo fatto della filosofia). Mills è uno dei personaggi che rappresentano l’essenza della parola techno, nel suo significato artistico più intrinseco, certo, ma anche dal punto di vista sociale e culturale. Detroitiano della “seconda generazione” dei producer che hanno dato vita al genere attivo fin dai tardi anni ’80, nel corso dei ’90 è diventato “il” nome techno americano per eccellenza, per poi partire verso sperimentazioni che vanno dal jazz ai dj set in vetrina (The Exhibitionist) e nei musei. E oggi ancora si presta alla sperimentazione, da un lato con il nuovo mix per Apple Music, e poi con il suo nuovo album in uscita il 20 maggio, ‘Mind Power Mind Control’, un concpet sul nostro presente allucinante fatto di manipolazione della mente e delle informazioni, per la sua Axis Records, etichetta cult che compie 30 anni proprio nel 2022. Troppa carne al fuoco? Andiamo con ordine.
Apple Music ha lanciato i DJ mix in Audio Spaziale con Dolby Atmos, offrendo ai fan un’esperienza audio unica grazie a un suono e una definizione multidimensionali. Un ulteriore passo in avanti per Apple Music che rende i DJ mix degli “oggetti sonori” suggestivi e intriganti. A spezzare un’altra lancia nei confronti della piattaforma streaming della Mela va citato il lancio, lo scorso autunno, di un nuovo programma che consente la corretta identificazione dei compensi per i producer coinvolti nella creazione dei mix: in pratica, si possono ascoltare i mix skippando e cliccando sui brani desiderati, dal flusso del mix; non solo: ogni brano può essere “estratto” e ascoltato di per sé. Ma soprattutto, i brani riprodotti vengono conteggiati per gli ascolti e quindi la rendicontazione dei diritti maturati in streaming. In tutto questo, i dj autori dei mix hanno un profilo artista denominato curator, che fa guadagnare a loro volta dei compensi in quanto artisti creativi che hanno compilato e mixato la selezione. Niente male, no? Ma che c’entra Jeff Mills? Il pioniere della techno di Detroit è protagonista su Apple Music di un esclusivo mix ispirato al cosmo, mixato in Audio Spaziale con tecnologia Dolby Atmos. Intitolato ‘Outer to Inner Atmosphere: The Escape Velocity Mix’, il set rilancia ufficialmente la serie One Mix di Apple Music, una selezione dei migliori DJ e produttori al mondo nel mix. È il primo di nuovi mix mensili sulla piattaforma, che ha già in programma tante altre partnership di primissimo piano.
E poi, il disco: ‘Mind Power Mind Control’ è un album ricco di atmosfera, cupo, distopico ma anche con uno sguardo rivolto a un futuro che chissà, potrebbe riservarci delle sorprese in positivo. Ed esce su Axis, etichetta che molti anni fa era parte di un immaginario collettivo tutto rivolto al futuro, quello techno, e che oggi è diventata semplicemente un classico del mondo dei dj e della musica elettronica. Ecco cosa ci ha raccontato un Jeff Mills estremamente in forma, loquace e coinvolto nella nostra intervista.

Sei approdato su Apple Music con ‘Outer to Inner Atmosphere: The Escape Velocity Mix’, un dj mix: una volta li chiamavamo compilation e si vendevano in CD e cassetta, poi sono passati al download dai siti e quindi allo streaming, di solito su YouTube, Soundcloud o Mixcloud. Ora Apple sta dando una nuova forma e un nuovo senso a questo formato: perché secondo te i dj mix su Apple Music sono così differenti da tutto ciò che c’è in giro?
Beh, innanzitutto per le caratteristiche implementate da Apple nell’individuare le tracce e le modalità di ascolto, e per il ruolo creativo riconosciuto ai dj. Spostando la risposta più sul personale, questo mix è un passo più in là rispetto al tipico dj mix da stereo, per allacciarmi al tuo discorso che parte dal passato in cui appunto mettevamo la cassetta o il CD nello stereo e lo lasciavamo andare. Visto che tutto si è trasformato, io stesso ho trasformato la mia idea di dj mix, quindi si tratta di un’idea che incorpora non solo la classica “sequenza di tracce mixate a tempo” ma anche gli “strumenti” che la tecnologia e la piattaforma mettono a disposizione: sono intervenuto direttamente sui brani che ho incluso, sulla produzione, sulla post-produzione, e poi il Dolby Atmos mi ha permesso di dare un’ulteriore profondità e personalità al tutto.
Cosa pensi ci sia di buono, o anche di migliore, nello streaming rispetto al modo in cui fruivamo della musica in passato? E cosa abbiamo perso, o rischiamo di perdere?
Questa immensa, infinita accessibilità a ogni informazione, musica inclusa, è qualcosa che guardandomi indietro, agli anni ’70 per dire, non avrei nemmeno potuto immaginare. Oggi è così facile trovare la musica che ci interessa, cliccare un tasto e ascoltarla, che rifletterci su mi disarma. E queste infinte possibilità le stiamo ancora esplorando, bada bene, un fatto che è affascinante ma allo stesso tempo un po’ spaventoso. Stiamo ancora cercando di capire bene come sfruttare al meglio tutto questo potenziale. E qui arriva l’altro lato della medaglia: francamente, non siamo in grado di gestire questa mole di informazioni. Non ne abbiamo fisicamente il tempo, e mentalmente la capacità di calcolo, no? Io vengo da una generazione in cui per andare a suonare in un club si era costretti a scegliere 60 dischi da mettere nella borsa, e al massimo potevamo portarci due, tre borse di dischi… immagina! Ora in una chiavetta USB, o in un hard disk o in qualsiasi spazio dove vogliamo immagazzinare musica, possiamo avere tutti i pezzi che vogliamo, addirittura mixare in streaming. Ma è naturale che in tutto questo accesso libero e immediato, senza sforzi, senza necessità di ricerca anche faticosa e proprio fisica, qualcosa si perda per strada. Perché è troppo per noi. Ci sovrasta. E diamo per scontate molte cose, non pensiamo più allo sforzo che era andare al negozio, ascoltare tutto, perderci delle ore, spendere parecchi soldi per avere i dischi che ci interessavano ed eccellere rispetto ai nostri amici e colleghi in consolle. Non dobbiamo dimenticarlo.
Poco fa hai detto “spaventoso”. Cos’è che ti spaventa in questo scenario?
Io credo che si tratti proprio di saper leggere un quadro più grande, generale, per riuscire a darci delle priorità nelle nostre vite. La tecnologia così correlata a ogni aspetto della nostra vita – e quello che ti ho raccontato poco fa è solo un aspetto pratico di gente come me o te che con la musica ci lavora – è entusiasmante ma è difficile da controllare. Ecco, dobbiamo mantenere un controllo su tutto questo, perché ci sta portando sicuramente in una direzione precisa. Ma dobbiamo capire noi in quale direzione, e se è quella giusta. Chiaramente, torno a sottolineare una cosa: la tecnologia è spesso messa a punto per favorirci, è un aiuto enorme alle nostre vite, in tantissimi modi. Pensa solo al Dolby Atmos, per citare di nuovo una tecnologia con cui abbiamo a che fare: è un’esperienza che migliora l’ascolto, che trasforma il lavoro di chi produce e finalizza la musica. Non può che essere un’innovazione buona, giusta, se pensiamo alla fruizione della musica. E ci migliora la vita, no? Ecco, sta a noi capire cosa può essere positivo e cosa dannoso, e come utilizzare questi doni al meglio.
La tua leggendaria etichetta Axis quest’anno compie 30 anni. Nel 1992 la musica techno era qualcosa di nuovo, un fermento artistico strettamente legato a una filosofia e a una cultura che avevano un immaginario ben preciso: era tutto rivolto al futuro, a un’idea di futuro. Oggi che ne è stato di quella idea di futuro? È ancora lì? È cambiata? Sei disilluso, deluso, entusiasta, soddisfatto, sognatore?
Uh, che bella domanda. Negli anni ’90 avevamo questa fascinazione per il futuro, è vero. Ma nel tempo quello che ho capito e realizzato è che quell’attrazione non era tanto per il futuro, quanto più per un concetto, per un’idea di futuro, hai detto bene. Riguardava “noi”, in senso ampio di comunità umana. Voglio dire, il modo in cui pensiamo alla musica, e il motivo per cui facciamo musica, riguarda il futuro, perché dipende da noi, e si tratta di creare qualcosa che amiamo, che resti, piuttosto che cercare di “dare forma al futuro attraverso un sound”, che suona pure un po’ pretenzioso col senno di poi. L’idea che mi rimane oggi è quella di creare un giusto equilibrio e una mentalità che guardi avanti. In questo senso sono ancora convinto che la musica giochi un ruolo importante nel creare un’idea di futuro. La musica è quell’arte che non ha bisogno di spiegarsi per avere senso e arrivare al cuore delle persone, e si adatta ad ogni contesto, situazione, persona, perché è talmente universale da essere introiettata in modo identico e differente per ciascuno di noi, e attraverso queste sensazioni possiamo pensare di veicolare un senso comune, una mentalità condivisa. La musica è la cosa più importante di questa nostra società, e dobbiamo preservarla, proteggerla, valorizzarla.
Mi piacerebbe spostare il focus sul tuo nuovo album, ‘Mind Power Mind Control’, perché in qualche modo prosegue proprio questo discorso che stiamo facendo, perlomeno da quello che leggo nel comunicato che me lo presenta, che dice: “è un album sulla persuasione mentale, una sorta di concept su questo tema e molto oltre questo tema”. Ascoltandolo alla luce di questa spiegazione mi sono fatto una mia idea, ma per te che cosa significa?
Innanzitutto ti devo un po’ spiegare il contesto in cui questo disco è nato, e puoi intuirlo abbastanza facilmente: arriviamo da due anni in cui una pandemia senza precedenti nella storia recente ci ha costretti a stare in casa, ad annullare gli impegni e a diradare quasi ogni contatto sociale e umano. D’altro canto, chi come me viveva perennemente in tour tra club, hotel e aerei ha tratto qualche vantaggio dalla situazione. Il mio vantaggio è stato quello di prendermi del tempo, senza stress, senza corse, e stare in studio per produrre un disco con assoluta calma. Però, durante quel periodo mi accorgevo ogni giorno di più di quanto moltissime persone non fossero assolutamente preparate al periodo transitorio che stavamo affrontando, ed è proprio quello che ho realizzato e cercato di mettere dentro a questo lavoro. Ancora più a fondo, la vera ragione credo abbia a che fare con me stesso, con l’essere capace di affrontare psicologicamente tutto ciò che ci doveva addosso ogni giorno attraverso l’informazione, i media, e le distorsioni che altri media come i social provocavano continuamente, le opinioni, i filtri che ognuno di noi dev’essere culturalmente in grado di applicare per non cadere nel tranello nella cattiva fede di certi mezzi d’informazione che fanno proselitismo attraverso fake news e manipolazione della realtà. Bisogna essere in grado di dare rilevanza a ciò che davvero conta, e lasciare tutto il resto sullo sfondo, ma quanto ne siamo capaci? Ne abbiamo i mezzi? ‘Mind Power Mind Control’, in fondo, è un concept album su tutto questo.
Che poi, permettimi, si riallaccia con tutto quel discorso sull’idea di futuro di cui parlavamo prima e sul senso di responsabilità verso una mentalità e un senso di comunità, credo.
Esattamente. È così. Infatti, ancora una volta, è la musica che mi permette di esprimere le mie idee, e di veicolarle verso chi vuole ascoltarmi.
Ma oggi sei ancora tanto fiducioso verso questa idea di futuro o no?
Guarda, ti posso dire che gli ultimi anni mettono a dura prova ogni entusiasta, perché siamo sinceri, lo vedi ogni giorno, la manipolazione e la distorsione della realtà, quindi proprio il controllo mentale, è qualcosa con cui dobbiamo fare i conti in modo molto più subdolo e ingannevole di quanto immaginavamo anche nei più drammatici libri o film di fantascienza. Poi mettici pandemia e guerre, e il panorama non è certo confortante. Però allo stesso tempo sono fiducioso perché abbiamo mezzi e strumenti per fronteggiare tutto questo e per uscirne bene, per guardare in modo positivo al tempo che verrà. Poi dipende anche dalle persone, dall’umanità stessa, da come ci evolveremo, da come vorremo sfruttare o rispettare noi stessi, il pianeta, il tipo di sviluppo che vorremo seguire. Forse un 50% di umanità sceglierà uno sviluppo sostenibile, forse meno. In definitiva, non ci aspetta un tempo facile, ma possiamo farcela.
16.05.2022