Foto: sinestésiainc
Lo scorso weekend Kappa Futur Festival ha incendiato il Parco Dora a Torino. Ormai, non è una novità. Vi raccontiamo ciò che abbiamo visto al festival e le nostre considerazioni su una delle più importanti realtà italiane e internazionali.
Scalare la montagna – di Albi Scotti
Non è semplice arrivare in alto. Ancora più difficile è rimanerci, migliorarsi, restare in cima. Un signore molto saggio e pragmatico (mio padre) dice spesso: “la scalata non è facile, ma nessuno ti vede. Quando sei in cima, tutti ti vedono, e voglio buttarti giù. Stare in cima è molto più difficile che scalare”. Kappa FuturFestival è la dimostrazione concreta della perla di saggezza appena citata. La creatura techno torinese è cresciuta negli anni, è partita circondata da tanti pregiudizi sul tipo di pubblico, sul tipo di evento, sul modo di entrare in un sistema, quello italiano, piuttosto chiuso e abituato a festival di dimensioni e modalità decisamente differenti. Per arrivare, nelle ultime tre, quattro edizioni, a uno status di enorme rispetto, e un successo di pubblico che ne fa uno dei principali festival italiani, e certamente uno dei pesi massimi mondiali di settore, se guardiamo a techno e house. Merito di un lavoro costante, intelligente, di messa a fuoco; di un percorso di crescita senza azzardi ma con una pianificazione e una strategia che guarda lontano; di una grande capacità di coinvolgere sponsor di peso, di creare partnership sensate, di legare a sè nomi molto importanti dal punto di vista artistico. Un festival che riesce a non far pesare nemmeno per un secondo l’assenza all’utimo minuto di uno dei nomi più caldi del momento è un festival che vince perché ha una sua forza a prescindere, e questo dice tutto. Quanto a Peggy Gou, assente last minute, imbarazza un po’ sapere che il forfait è comunicato prima sui propri social che all’organizzazione, con la classica “intossicazione alimentare” che è la versione per dj famosi di “è stata male mia nonna” degli studenti delle medie. E comunque, non ne abbiamo sentito la mancanza. Ecco invece come sono andati i due giorni di festival.

FuturFestival Day 1 – di Dan McSword
La giornata di sabato si apre alle 12 in punto con i set dei vincitori di BURN Residency, Anabel Sigel e Lollino, quest’ultimo prossimo a presentare il suo nuovo progetto #danceforchange che partirà in autunno e sarà dedicato al 100% alla ecosostenibilità. Sempre perfetti, quasi chirurgici nei loro set Patrick Topping, Solomun e Jamie Jones ( Jäger Stage), energia ai massimi livelli nel Seat Stage con Amelie Lens e a seguire Carl Cox. A scrivere di Carl Cox si rischia di essere sempre ripetitivi ma c’è poco da fare, il re è sempre e soltanto lui. Amelie Lens ha suonato sia sabato che domenica, quando è stata chiamata ad una seconda sessione causa il forfait di Peggy Gou, messa k.o. nella notte da – pare – un’intossicazione alimentare. La Lens sta vivendo senza dubbio alcuno la migliore stagione della sua carriera, ogni traccia che suona è sempre quella giusta al momento giusto. Da sottolineare anche le performance di Capofortuna, live nel pomeriggio; di HAAi; e di un Derrick May che chiude il grande Jäger Stage com’è giusto che sia: siamo a un festival techno e uno dei fondatori del genere è il naturale headliner del main stage.
FuturFestival Day 2 – di Albi Scotti
La cappa si fa sentire al Kappa. Perdonate il gioco di parole ma il sole picchia forte sulla domenica estiva torinese. Ma nulla ferma un pubblico numeroso come non mai. Il programma è particolarmente gustoso, e le superstar non mancano. Nella ricchissima line up spicca una Charlotte De Witte in versione bombardamento pesante, che non molla il colpo e suona un set che supera allegramente i 140 bpm. Per la serie “donne dalla battuta alta” c’è da segnalare anche Nina Kraviz, che devasta lo Jäger Stage davanti a un pubblico impazzito nel prime time serale, spingendosi fino ai 160 bpm e sempre più coraggiosamente verso territori hard trance e techno da rave anni ’90. Molto bene anche Modeselektor in chiusura, con slogan sacrosanti nei visual (“Contro al razzismo”, “Contro il fascismo”) e un finale epico con ‘Born Slippy’ degli Underworld e ‘Out Of Space’ dei Prodigy. Ma la palma dei vincitori va a due artisti apparentemente molto diversi tra loro: Ricardo Villalobos, che ci ha regalato uno dei suoi set da leggenda, con i dischi tenuti in loop per dieci minuti mentre lui cazzeggia allegramente con la claque in consolle (tra cui suo padre, diventato immediatamente star della serata) e quel modo coraggioso di giocare con il pubblico fino a sfinirlo, con i mix accennati e mai partiti, le casse sospese per lunghi minuti, e quel modo di preparare un drop degno dei migliori duelli di Sergio Leone al cinema, dove la tensione è tenuta così a lungo da diventare essa stessa godimento prima della sparatoria. E poi, Enrico Sangiuliano, che ha iniziato il suo set sul Seat Stage davanti a venti persone scarse, e ha riempito uno spazio enorme nel giro di dieci minuti, con scene da superstar come gli striscioni e le scritte tipo “Enrico sposami”. Set perfetto, un po’ di bombe tirate in puro stile Drumcode, un po’ di aperture trancey com’è nel suo stile mentale e onirico. Al Kappa Sangiuliano si è preso la medaglia di superstar. Non più emergente, non più promessa in ascesa. Enrico è uno dei big della techno mondiale. Punto.

The day after
Kappa Futurfestival non solo conferma il suo status di riferimento italiano ed europeo tra i festival techno (e house). Lo fa rilanciando in modo pesante sul quarto stage, ampliato e di fatto “secondo main stage” per presene e line up. E arrivando a un’edizione da record: 60mila spettatori e una macchina organizzativa che compete serenamente con le migliori del settore. Che ne è parte, di fatto. In un’estate in cui molti faticano a fare numeri, KFF resta un colosso. Con un pubblico e un’attenzione mediatica sempre più trasversali, con un appeal e una credibilità che sono palpabili. Proprio Enrico Sangiuliano, reduce dai successi di Awakenings, ci raccontava di come all’estero FuturFestival sia percepito come una delle migliori situazioni del settore, sia da parte del pubblico sia da parte di artisti, management, label e agenzie. E questo dice praticamente tutto.
09.07.2019