Una rubrica che si chiama Classic non può che inaugurare parlando di una delle più grandi icone della consolle di ogni tempo. Un dj che ha trasformato quest’arte dalle radici fino alla modernità. Quando pronunciamo il nome di Frankie Knuckles, stiamo raccontando in poche sillabe la storia della house e l’evoluzione della discoteca, del club e del concetto stesso di dj. Perché Knuckles è l’inventore di questo concetto. Sì, c’erano stati David Mancuso e il Loft, Nicky Siano, Larry Levan. Ma Frankie Knuckles ha messo il dj al centro del club in modo nuovo, diventando un tutt’uno con il dancefloor ma senza perdere l’aura sciamanica, da guida spirituale, che caratterizza i grandissimi del mixer. E ha messo, soprattutto, il mixer e la consolle al centro del club.
La vita di Frankie Kncukles, nato Francis Nicholls, comincia a New York il 18 gennaio del 1955. Ma quello che ci interessa sapere di lui è l’approccio alla vita artistica. Alla musica. E ovviamente, alla consolle. Frankie Knuckles, come sempre succede nelle storie dei Grandi, con la G maiuscola, ha un talento folle, aiutato da un destino che ci mette il sale. Perché presi per conto proprio, gli elementi della storia non sembrano destinati a dare frutti gustosi: la provenienza popolare, l’appartenenza alla comunità afroamericana, il college nel Bronx. Poi però arriva la moda, con la frequentazione del Fashion Insitute of Technology nella più centrale e brillante Manhattan, il cuore pulsante di New York City, anni prima che la gentrification passasse una mano di coolness anche su Brooklyn e Harlem. E la passione per la musica, con i primi dj set all’inizio degli anni ’70. Nel 1972 è resident al Gallery, locale di proprietà di Nicky Siano, che suonava lì insieme a un altro personaggio il cui nome ha significato qualcosina in questo mondo: Larry Levan. Affiancare i due più importanti dj del tempo voleva dire avere addosso una benedizione dall’alto e lo status di giovane promessa in un settore che era ancora fortemente pionieristico. Il legame con i maestri è molto forte, specialmente con Levan, con il quale nasce un’amicizia solida e lunga. Tanto che Frankie Knuckles lo segue in diversi locali della città, condividendo con lui anche la console del leggendario Paradise Garage.
Ma il vero colpo di fortuna per Francis arriva nel 1977. Larry Levan viene contattato da un club di Chicago, il Warehouse, che apre proprio allora e che vuole subito imporsi come un posto di qualità, come non ce ne sono in città. Ma Larry non vuole lasciare New York (giustamente, visto che ne è il re), e passa la palla al suo delfino. Frankie non si fa scappare l’opportunità. Perché se è vero che Chicago è una città piuttosto periferica rispetto ai grandi centri nevralgici della musica americana, è proprio lì che è possibile sperimentare con maggiore libertà le novità musicali e tecnologiche che si stavano affacciando sul mercato. Campionatori, sintetizzatori, tastiere, e soprattutto i primi giradischi con il pitch control regolabile e i mixer che permettevano di mescolare i brani tra loro. Stava nascendo il mix, quel flusso musicale creato dal dj durante la serata, con una sequenza continua di musica che non si deve interrompere tra un disco e l’altro e che va straordinariamente a tempo, rendendo il dj uno stregone capace di qualcosa mai sentito prima. Frankie Knuckles diventa il simbolo di questa nuova stirpe di disc jockey, che osano, hanno perizia tecnica e voglia di andare oltre i confini del mestiere per farlo diventare arte. L’artista rimbalza tra Chicago e New York, suona in molti club, mentre arrivano gli anni ’80 e arriva un nuovo genere musicale, appena nato e ancora embrionale.
Ancora una volta il destino gioca il suo tiro di dadi e scompagina tutto. E così proprio Chicago, a metà degli anni ’80 del ventesimo secolo, da città ai margini dell’impero diventa il teatro di una formidabile ascesa. Quella della musica house, un esperimento sonoro fatto in casa da ragazzi che giocano con delle macchine elettroniche a cui spremono ogni circuito per ottenere delle tracce monotone, poco più che batterie e linee di basso elementari su cui poggiano melodie facili facili. Eppure, in quella semplicità c’è una forza che si impone subito all’attenzione dei dj più attenti e del pubblico più curioso e alternativo della città. Che significa omosessuali, afroamericani, chicanos, italiani. Un vasto campionario di outsider, insomma. I dj all’epoca sono personaggi assolutamente fuori di giochi della discografia, ancora intenti a uscire dalla loro accezione primigenia di semplici mettitori-di-dischi, ma ci vuole poco per cambiare l’asse della situazione. I club funzionano, la house esplode nelle radio più avanguardiste e nella cultura giovanile, i primi dischi con un piglio più pop entrano subito in classifica. È un fenomeno che genera una rivoluzione potente come non si vedeva da tempo. Gli anni ’80, a dirla tutta, sono stati il decennio in cui sono nati gli ultimi due grandi fenomeni che hanno rivoluzionato la musica, fino ad oggi: la dance (house e techno) e l’hip hop.
Naturalmente, Knuckles non resta a guardare e si mette a produrre anche in studio, diventando di fatto uno dei primi dj ad avere successo come producer. In quegli anni era successo a Jellybean Benitez, a Francois Kevorkian, e sarebbe successo di lì a poco a diversi nomi tra quella prima generazione dance. Ma tutto accade grazie a un ragazzo di Chicago che si intestardisce su arpeggio di synth che ha qualcosa di speciale, è accattivante e anche se non è semplicissimo da incastrare sulla metrica quadrata della house, è un’idea “giusta”. Il ragazzo si chiama Jamie Principle e non è un dj, ma proprio uno di quegli smanettoni che amano produrre musica con quelle nuove macchine elettroniche, e il pezzo si sviluppa grazie a dei versi che Jamie ha scritto per la sua ragazza e ha cantato sul beat. Jose Gomez, un suo amico, registra il brano su un nastro e lo consegna a Frankie Knuckles quando va a sentirlo suonare. Knuckles se ne innamora e inizia a mettere quel pezzo nelle sue serate. Conosce Jamie Principle e i due perfezionano e limano insieme la canzone, che diventa ‘Your Love’, uno dei primi grandi successi house a livello mondiale e sicuramente una delle tracce-simbolo del genere, ieri, oggi, sempre. Uno di quei pezzi che se fai il dj non puoi non conoscere. Principle viene un po’ oscurato dalla figura di Knuckles ma il tandem funziona e così per diversi anni i due lavoreranno insieme, con il secondo a metterci il nome in copertina visto il maggior peso mediatico. Anche se Principle non viene mai messo da parte.
La strada è spianata, con la consacrazione discografica e il mondo che nei primi anni ’90 si rimpicciolisce grazie a collegamenti aerei sempre più fitti e a quell’invenzione chiamata internet. Frankie Knuckles ottiene booking mondiali e diventa una delle prime star globali della consolle. Il suo stile elegante e ricercato lo elevano allo status di leggenda, è il dj che il pubblico adora e i colleghi ammirano e rispettano. È un dj che eleva i dj da semplici mentitori-di-dischi a veri artisti. Gli anni ’90 sono segnati da continui successi in giro per il mondo, tantissime serate, qualche hit discografica, qualche traccia meno riuscita, la fondazione di un’etichetta importantissima come la Def Mix, fondata insieme a David Morales, Satoshi Tomiie, Bobby D’Ambrosio. Come dire i quattro cavalieri dell’apocalisse, il poker d’assi, i punti cardinali della house a quel tempo. Dopo il giro di boa del 2000, il nome di Frankie Knuckles è quello della leggenda. Si scrive Knuckles, si legge mito. Cambiano i tempi, le star, gli stili, ma lui è un intoccabile. Purtroppo a complicare le cose ci si mette la salute. Il diabete lo colpisce duro e ne destabilizza la vita. Deve diradare le serate ma lui non molla. Nel 2008 gli viene amputato un piede ma lui non molla. Le condizioni si aggravano, lui continua a suonare e fino all’ultimo sarà in giro per il pianeta a mettere dischi.
Il 31 marzo del 2014, Frankie Knuckles lascia questa terra. Muore a Chicago, la città che gli ha dato tanto. Il posto in cui era arrivato negli anni ’80 come un pioniere, dove è diventato quello che regna all’inferno piuttosto che servire in paradiso (garage), e che quell’inferno l’ha fatto diventare il paradiso della house, l’inizio di una nuova era. La sua scomparsa è quella di una leggenda: Chicago gli intitola una strada, arrivano le condoglianze del presidente Barack Obama con tanto di lettera pubblica firmata insieme alla moglie Michelle. Il mondo intero lo piange, ogni radio, ogni club, ogni dj lo tributa. Per questo, e per molto altro, Knuckles è probabilmente il dj più iconico di sempre.
10.05.2019