Hï Ibiza. Foto: Instagram
Il mondo cambia e con esso le carte geografiche che lo ritraggono. Cambiano le mappe politiche, economiche, territoriali e, nel nostro caso, le mappe dei luoghi significativi del clubbing. La classifica dei migliori club di quest’anno, secondo i lettori di DJ MAG di tutto il mondo, delinea i cambiamenti in atto e racconta il futuro, quello del decennio che negli ultimi 12 mesi è finalmente iniziato davvero, senza restrizioni, obblighi – sacrosanti – alla chiusura, problemi di contatto tra esseri umani, e tutto ciò che amaramente abbiamo imparato a conoscere nel 2020 e nel 2021.
Ibïza è sempre Ibïza
Quasi una banalità: Ibiza domina. Ibiza che si è rinnovata, che negli ultimi 5/6 anni ha cambiato ancora una volta marcia, che ha aperto la strada ai super-super club facendo ancora una volta capire al mondo chi comanda questo gioco. Non è solo il primo posto dell’Hï e il quinto dell’Ushuaïa; sono i tre club in top 10 (c’è anche l’Amnesia al settimo posto) e la presenza di club come il DC-10 e il rinato Eden (#65) a sottolineare come un’isola così contenuta sia sempre e comunque il più grande trendsetter mondiale in fatto di clubbing e music business declinato lato dj. Cambiano le serate, i protagonisti, i grandi gruppi finanziari che hanno preso il posto delle vecchie gestioni famigliari. Ma Ibiza detta legge, alla faccia di ogni possibile concorrenza che nel tempo si è fatta avanti. E le ragioni sono chiare: parliamo d club che sono all’avanguardia per l’offerta architettonica, per lo stile, per la proposta artistica e la sua credibilità, e contemporaneamente di locali che sono entrati di diritto nell’immaginario collettivo internazionale, dal jet set al turismo di massa, dai VIP ai nuovi ricchi alle social star, passando per gli appassionati veri. Ma allargando il campo, Ibiza vince per la sua narrativa, per lo stroytelling che l’isola ha saputo costruirsi in quasi 50 anni di clubbing, una storia che è nel costume internazionale e che una gestione sempre lungimirante delle proprie risorse ha saputo far fiorire senza mai appassirsi. Ibiza, anzi Ibïza, è immortale.

Avant Gardner & The Brooklyn Mirage. Foto: Instagram
Il branding del clubbing
Claim da pubblicitario imbruttito per definire una tendenza che negli anni si è ormai consolidata: se un tempo al discoteca era avanguardia, era avamposto anti-sistema, oggi tutto questo è esattamente l’opposto, un business della musica dove girano tanti, tanti quattrini con conseguente standardizzazione dei marchi, di proprietà di gruppi imprenditoriali che ne fanno dei brand da esportare in tutto il mondo. All’inizio erano il Pacha e il Ministry Of Sound; oggi vediamo club come Zouk posizionarsi con due dei suoi locali rispettivamente in decima posizione (la storica sede di Singapore) e alla trentaduesima (Las Vegas).
Las Vegas?
E a proposito di Las Vegas, qualche anno fa, negli anni d’oro dell’EDM, pareva che il futuro del clubbing si dovesse concentrare lì: investimenti multimilionari, contratti da favola per le superstar della consolle, un modo di concepire le serate discutibile ma molto americano. E oggi? Oggi alcuni di quei nomi che hanno fatto sensazione sopravvivono nella Top 100 (Hakkasan e OMNIA per citare i più famosi) ma la bolla sembra essersi sgonfiata. Perché quando parti con dei carichi così pensati, sei costretto ad alzare costantemente la posta in gioco. E complici alcuni cambiamenti nei trend musicali così come l’ascesa, inarrestabile, dei festival come contenitore ideale per i fan della musica da ballo, il nascente mito di Vegas è andato un poco scemando. Ma chissà che le cordate imprenditoriali dietro questi mega club non tornino presto all’attacco con nuove proposte.
La musica prima di tutto
Altro dato interessante, che prosegue il discorso: in top 10, ma anche sparsi in tutta la classifica, sono presenti diversi club che magari non sono così noti per la pubblicità esagerata, per la spettacolarità della venue, quanto piuttosto per una proposta musicale di altissimo livello. Quei posti dove i dj che vogliono costruirsi una carriera di un certo tipo devono suonare. Printworks, Mirage, Warehouse, Berghain, Club Space, Watergate, Rex, E1, De School per fare qualche nome. Grandi istituzioni e nuovi protagonisti. Uno scenario interessante che fa capire come questa classifica, e più in generale questo nostro mondo, viva di anime diverse che talvolta collidono. Lo show e l’opulenza, la credibilità e il basso profilo. Le une non escludono le altre, e a testimoniarlo sono line up che spesso incrociano nomi che non stonano nel locale alla moda come nel club per intenditori veri. Uno scenario eccitante, perché per anni il clubbing era stato suddiviso in scatole a compartimenti stagni e in circuiti molto distanti tra loro. Le carte si mescolano ed è solo un bene.

After Caposile. Foto: Instagram
Piccoli fiori sbocciani nella primavera italiana
In chiusura, come sempre, uno sguardo “domestico”, che se volete è un’abitudine un po’ da provinciali ma in realtà è un modo per mettere in scala il clubbing del nostro Paese e il suo stato di salute rispetto ai grandi cambiamenti internazionali. Ora, soltanto quattro sono i club italiani che quest’anno ce l’hanno fatta, in un momento storico dove tante realtà importanti nazionali faticano o si sono proprio schiantate. Due nomi ormai di casa nella Top 100, il Guendalina di Santa Cesarea Terme (#63) e il Duel Club di Napoli (#80), e poi il CROMIE DISCO, sempre in Puglia, a Castellaneta (Taranto) alla posizione 89, club che negli anni si è davvero costruito una reputazione artistica forte e continuativa, e poi una nuova entrata sorprendente, un piccolo fiore che è sbocciato in tutto il suo splendore. È After Caposile (#83), realtà veneta che abbiamo raccontato solo qualche mese fa in modo esaustivo come una “nuova promessa” da tenere d’occhio e che è già riuscita a entrare nell’olimpo del clubbing internazionale. Bravi. Come bravi gli altri tre club citati, eccellenze (peraltro, tutte al Sud, dove il tessuto sociale del clubbing è molto radicato) che indicano una via di rinnovamento, una stagione nuova che può e deve aprirsi anche qui, senza più pensare a epoche gloriose passate o a imitare modelli esteri che poco si sposano con capitali, investimenti, abitudini e stile delle nostre parti. Speriamo sia l’inizio di una primavera nuova, di facce nuove, nomi nuovi, equilibri nuovi anche qui.
25.05.2023