Sono passati pochi giorni dalla conclusione del Nameless Music Festival 2017. La mia quarta edizione personale, in cui – come ogni anno – ho trovato tanti amici, colleghi e nuove conoscenze ad accogliermi in tre giorni di grande musica e tantissime emozioni. La maggior parte è più grande di me d’età, eppure li ho tutti visti crescere (quasi) da quando sono nati.
Devo essere sincero, scrivo queste righe ed ho ancora la pelle d’oca. La voce invece no, per quella devo aspettare i prossimi giorni perché mi ha abbandonato del tutto. Quel che è successo negli ultimi giorni è difficilissimo da descrivere a parole, perché come è ovvio che sia certe esperienze si possono comprendere solo vivendole. Potremmo sviolinare sui numeri dell’evento, che ha toccato le 30.000 partecipazioni e le decine di migliaia di connessioni sulla live tv, oppure potremmo parlare della purezza del pubblico: festoso, spensierato. E civile. Ma tutto ciò che ho in testa e che riesco a buttar giù sono immagini, perfettamente impresse nella mia memoria fotografica. Il brecciolino che trema sotto i bassi, la ragazza che piange a singhiozzi in prima fila sulle note di Afrojack, lo Jäger Chalet che quasi cede sotto l’energia degli ultimi rimasti, a saltare e far festa con Crookers e il diluvio universale, migliaia di persone che a fine festival restano sotto il mainstage a cantare senza musica invece di andarsene. Qualcosa di irreale, di magico. Kayzo che salta tra i fan e resta con loro per i dj set successivi, Amy-Jane Brand che ha occupato il backstage per tre giorni, Grandtheft che non ne voleva sapere di scendere dal palco. Tutti gli headliner che con serenità dichiarano di non aver mai visto una folla del genere.
![Photography by @[208393630522:0] // muccitas.com](https://www.djmagitalia.com/wp-content/uploads/2017/06/MU23834-1024x683.jpg)
Organizzare eventi musicali non significa soltanto mettere due artisti in coda e tirar su un palco, pagando qualche PR e sponsorizzando una pagina su Facebook. Quella è solo la più superficiale di un lavoro lungo, mastodontico, non sempre soltanto piacevole. Serve un messaggio, un’emozione, una corale volontà di offrire un’esperienza che non esiste. Perché tutti i ragazzi e le ragazze che hanno riempito il mainstage ieri sera sono tornati a casa con qualcosa di nuovo; un’emozione, un ricordo indelebile, una visione. Tra le pendici di Barzio, per una manciata di giorni, un gruppo di ragazzi italiani ha fermato il tempo e ha fatto un regalo immenso ad una nazione che si sarebbe accontentata anche di molto meno. Perché ora lo sappiamo e possiamo annunciarlo: l’Italia c’è. Non giochiamo più la serie B e non dobbiamo più star a guardare gli altri, perché adesso anche noi possiamo dire a gran voce di avere il nostro grande festival EDM.

Abbiamo la prova del nove del fatto che pestarci i piedi e creare stupide rivalità tra “grandi capi” non permetterà a nessuno di emergere, e che anzi è l’umiltà a fare davvero la differenza. Perchè solamente uniti, collaborando con passione e professionalità, possiamo permetterci di raggiungere gli enormi risultati che tanto invidiamo all’estero. “Everything you need is already inside”, diceva uno spot della Nike di qualche anno fa, ovvero “tutto ciò di cui hai bisogno lo hai già”. Non sottovalutiamoci, italiani. Non passiamo il tempo a lamentarci, ad aggiungere mattoni agli ostacoli, a pensare sempre e solo a cosa non funziona senza renderci conto di quanta bellezza ci circondi. Qui tocca avere il coraggio di essere coraggiosi.
Nameless ci ha portati a scuola, dunque. La lezione è chiara, ed è andata a tempo di musica. Finiti i festeggiamenti i giovani di Nameless riabbasseranno la testa e si rimetteranno al lavoro per la prossima edizione. Un po’ come ha detto Allegri, con la sua Juventus. Solo che a Barzio la Champions League l’abbiamo vinta. Tutti. Ci vediamo l’anno prossimo.
07.06.2017