Mace è in un momento di fuoco della sua lunga e gloriosa carriera. Il suo album ‘OBE’, uscito nel 2021, è diventato uno dei dischi dell’anno da ogni punto di vista (commerciale, dicografico, per la critica, per il pubblico e come riferimento di “stato dell’arte” di un certo tipo di produzioni). Il singolo ‘La Canzone Nostra’ è indiscutibilmente uno dei maggiori e più significativi successi degli ultimi anni, e ha contribuito a lanciare il nome di Blanco che poi, come sappiamo, è rapidamente esploso. Il tour che ha seguito il disco ha convinto tutti. Non pago, Simone Benussi ha da poco pubblicato ‘OLTRE’, il lavoro che segue ‘OBE’, mace-, di un mondo sonoro assolutamente libero e senza gabbie, come illustra perfettamente la traccia iniziale, ‘Breakthrough Suite’ (appunto), quasi 20 minuti di viaggio.
Non potevamo non fare due chiacchiere con Mace, facendo un punto su tutto ciò che è successo in questo anno e mezzo intenso, elettrizzante, vivissimo.
Come stai? Com’è andato il tour di ‘OBE’? Arrivi da un periodo intenso… sei contento?
Sto da Dio, il tour è stato un successo superiore a ogni immaginazione, sono molto contento di aver aspettato che ci fosse modo di farlo con la capienza al 100% e i posti in piedi, liberi… non volevo fare questo live con la gente seduta ed è stato giusto aspettare, ha funzionato benissimo, naturalmente l’anno passato in attesa è stato carico di preoccupazioni e pensieri ma non mi sono pentito, anzi. Non abbiamo mostrato nulla né annunciato gli ospiti, e contando che ‘OBE’ è un album ricco di collaborazioni anche pesanti, è stata una grande soddisfazione vedere che le persone hanno comprato il biglietto sulla fiducia. Il pubblico canta tutti i pezzi e tutti ballano, è un magma fluido di momenti e stato d’animo, è stato tutto magico. Sono contento, sì. Ovviamente.
Tra l’altro la parte visiva dello show, molto amata da chi è venuto a sentirvi e vedervi, è curata da Sugo Studio, che sono sì quelli che lavorano con Martin Garrix, Jovanotti, David Guetta e tanti altri super big, ma sono anche tuoi amici di vecchia data, e ame sembra una situazione bellissima questa.
Conosco Steve Polli di Sugo dalle scuole medie, vedi tu! Ci siamo poi rincontrati durante i primi tempi di Reset!, che per tutti noi sono stati una bella palestra, oggi lui è una superstar dello stage design e siamo riusciti finalmente a sviluppare un progetto tutto nostro. È una bella soddisfazione, ancora maggiore pensando appunto al rapporto tra noi. Questo tour è stato al 50% musica e al 50% parte visiva, era così che lo immaginavo e sono felice che sia venuto esattamente come speravamo.
‘OBE’ è stato un successo clamoroso ma proprio in ambito pop, ha travalicato il nostro mondo, il nostro recinto, la “ballotta di quelli che ne sanno” che poi significa spesso un piccolo giardinetto auto-referenziale di gente che si dà le pacche sulle spalle da sola ed è convinta che il mondo finisca nella cerchia dei Navigli. Sono felice di vedere che per te non è stato così. A bocce ferme, dopo un anno e mezzo, secondo te perchè ‘OBE’ è stato questo successone?
Bella domanda. Non è semplice risponderti ma provo a interpretare quello che ho visto e vissuto dall’uscita ad oggi. Numero uno: sono canzoni belle, scritte bene, curate, prodotte con amore e cura dei particolati. Merito anche dei tanti collaboratori, naturalmente, che hanno messo ciascuno impegno e creatività nei brani. E poi è un disco fatto ignorando tutti i trend, non per andare controcorrente ma per essere libero di portare il mio gusto, senza fronzoli. E questo ha generato qualcosa di nuovo e di diverso. Io in certi momenti ero in para, dubbioso, convinto che sarebbe stato un disastro, un flop non capito da nessuno. Ma questo al 70% del lavoro finito, per dire. Che poi, sarebbe stato un disco comunque “giusto” anche se fosse stato un flop, perché è a mia immagine e somiglianza. Ma è chiaro che ci fai i conti, con l’idea del flop, e hai timori, paure, ci rimani male, è un progetto importante della tua vita che non viene capito, no? Invece… è andato tutto benissimo.
E ora sei subito tornato in scena con ‘OLTRE’: cosa vuol dire andare oltre, per te, specialmente adesso?
Di base dopo ‘OBE’ avevo già voglia di andare “oltre”: oltre le parole, le canzoni, e quindi andare nella chiave dell’immaginazione, della sinestesia. Mi piaceva l’idea di stimolare delle aree del cervello diverse da quelle di un disco di canzoni, con molte parole, com’è ‘OBE’. Con ‘OLTRE’ mi piace pensare che sia chi ascolta a farsi il suo viaggio. Ed era un passo importante dopo un successo così grande, visto che ho allargato tanto il mio pubblico, ora voglio prenderlo per mano e portarlo in un territorio che è… oltre, so che è una scelta coraggiosa ma non ho molte aspettative sul successo commerciale, non è mai la molla che mi spinge ad entrare in studio e so benissimo che qui non ci sono nemmeno i pezzi dal potenziale pop di ‘OBE’. È un altro disco, un’altra storia, un altro mondo, un altro approccio, ancora più libero e senza sentieri tracciati di prima. Io credo sia giusto rapportarsi così alla musica.
Non hai paura di passare da un estremo all’altro? Parlo di suono ma anche di accoglienza del pubblico.
No, anzi, ‘OLTRE’ è anche proprio andare oltre la paura. Alla fine credo che per un artista sia importante trovare un pubblico che ti capisca, ti segua. Poi come ti dicevo poco fa, è ovvio che ‘OBE’ è un disco più largo e ascoltato/ascoltabile da molti, ma ‘OLTRE’ rappresenta chi è più simile a me.
In ‘OLTRE’ c’è anche molta dance, molta cassa in quattro, con un suono che come sempre nelle tue produzioni più elettroniche riesce ad essere allineato alle “figate di ora” ma allo stesso tempo a scartare di lato rispetto al banale. Com’è il tuo rapporto con la musica da club, oggi? È un amore tornato?
Non se n’è mai andato quell’amore, ho ascoltato tantissima musica strumentale in questi ultimi due anni, era quello che cercavo io dalla musica: viaggiare, immaginare ed esplorarmi. Le mie radici come sai sono nel rap e nel clubbing, ed è istintivo per me fondere queste suggestioni con la psichedelia. C’è una magia irrazionale nei 4/4, aiuta a veicolare il messaggio sonoro in maniera così diretta e primordiale che è davvero scolpita nel nostro DNA; non devo speigare certo io, qui, ancora una volta, tutto ciò che il rituale del ballo e della sua musica rappresenti per l’essere umano fin dall’alba dei tempi. Aggiungo solo la nota personale: mi piace questo rito, è intrinsecamente dentro di me. E quindi è naturale che da musicista questa componente sia presente.
A proposito di ballo, ho visto che nelle tue date estive ci sono parecchi dj set. Che cosa suonerai quest’estate?
Io come sempre a livello di musica elettronica ho una passione per gli inglesi, l’approccio UK è sempre quello più interessante per me, sia per la componente ritmica sia per la “mentalità” davvero poco canonica che mettono in ogni cosa che si inventano. Ma posso suonare di tutto, dall’edit del pezzo funk giapponese ’70 che mi sono fatto ieri sera al pezzo trance, che è un genere tornato molto sotto i riflettori se lo intendiamo nel modo giusto, quello del viaggio, dei tempi dilatati. Di fatto voglio aggiungere un elemento trippy… suoni, melodie, atmosfere che ti portano “altrove”. Oltre, per tornarci ancora una volta.
E il prossimo disco?
L’ho già iniziato, ho già un bel po’ di canzoni… probabilmente. Sai che sono molto volubile.
08.06.2022