Non abbiamo speso molte parole sulla vittoria di Martin Garrix nella DJ Mag Top 100 Djs 2018. In tutti i nostri articoli e analisi, abbiamo semplicemente constatato la sua terza corona di fila, come se fosse normale, scontato. In effetti, questo ci porta a fare una riflessione sul giovane prodigio olandese e sul futuro della dance.
Martin Garrix ha 22 anni, e una carriera già invidiabile alle spalle. Tre volte sul tetto del mondo nella nostra Top 100 Djs, ha prodotto una traccia come ‘Animals’ quando aveva 17 anni, diventando istantaneamente un’icona dell’EDM mondiale, e definendo di fatto un nuovo standard per il genere. Poi si è spostato verso brani via via più pop, prima tenendo una struttura squisitamente dance in episodi come ‘Don’t Look Down’ con Usher, ad esempio, e poi portando la grammatica future bass direttamente nel pop (‘In The Name Of Love’ con Bebe Rexha, ‘Scared To Be Lonely’ con Dua Lipa). Ultimamente, addirittura buttandosi su una ballatona come ‘Ocean’ con Khalid. Il bello è che quasi ogni ciambella gli riesce col buco. I pezzi “non dance” di Garrix sono forti e credibili, suonano bene, non sfigurerebbero in un album di un artista posizionato in un segmento differente dal suo, in un mondo più avanguardista e laterale. Poi certo, un personaggio del genere si porta appresso un team di scrittura e produzione e una potenza di fuoco mediatica da far invidia alla Casaleggio Associati, che significa garanzia di coperture e presenze importanti dove conta esserci e un’esposizione massima per la propria musica e immagine. E con un manager come Scooter Braun, il giovanissimo Garrix ha fatto il salto di qualità da star del mondo dance ad aspirante campione della categoria pesi massimi.
Ma una volta messo in chiaro questo quadro, resta un fattore netto e indiscutibile: il talento. Perché tutto ciò che abbiamo elencato fino a qui non sarebbe possibile se alla base non ci fosse un ragazzino prodigio con idee fuori dal comune. Poi certo, ha avuto la botta di una hit, ha un’immagine perfetta e pulita, le skills e l’attitudine per stare sul palco e non crashare come altri sfortunati colleghi. Ma Garrix è senza dubbio “il” talento tra i producer dance mainstream della nuova generazione. Tanto bravo da farci trascurare anche le opache prestazioni in consolle, dove onestamente non brilla per originalità o selezione (ma anche qui, ha saputo circondarsi di un team di visual artist eccezionali, peraltro tuti giovani italiani di estrema qualità).

Quindi Martin Garrix dovrebbe salvare la dance. Ma che significa? Perché dovrebbe salvare la dance? E soprattutto, da cosa? Da se stessa. Nel giro di dieci anni (anche meno) la dance è passata dal periodo più chiuso, meno popolare, più autoreferenziale della sua storia al massimo splendore. Nel 2008 il circuito era ancora confinato ai club – con qualche eccezione -, nel 2013 tutto stava esplodendo grazie a un allineamento degli astri estremamente favorevole, a un suono perfetto e al grande carisma dei protagonisti dell’epoca. Cinque anni più tardi, nel 2018, stiamo invece vivendo un periodo di riflusso. Perché questa industria ha deciso di non accontentarsi e di schiacciare l’acceleratore: così da un lato i nomi importanti hanno cercato di giocarsi il salto verso il pop, riuscendoci in rari casi e schiantandosi in molti altri. E la dance vera e propria ha perso smalto, ha perso un macro-genere mainstream capace di tenere botta e di continuare il fortunato filone progressive-house/EDM con tutto ciò che ne consegue per l’immaginario collettivo e la buona salute di un sistema ormai multi-milionario. Per un David Guetta che riesce a tenere degnamente in piedi una carriera da popstar, per un Diplo asso-pigliatutto, ci sono tanti Afrojack, Steve Aoki, Alesso che annaspano riciclando le hit delle ultime stagioni, e ci sono i Dyro, i Nicky Romero, gli Hardwell che sono in fase discendente. In tutto questo, l’astro Garrix brilla più forte.

Perché dalla sua ha un’ottima capacità di guardare in prospettiva, non smettendo di produrre validi brani da dancefloor, peraltro andando a pescare da diversi generi ma con un tocco sempre personale. I cinque brani usciti per l’ADE lo dimostrano. E riuscendo allo stesso tempo a giocare alla grande sull’altro tavolo da gioco, quello dei successi da radio e da classifica. Martin Garrix ha 22 anni e una maturità non comune. È il personaggio giusto per portare la dance più commerciale verso nuovi orizzonti, e con la giusta credibilità. Non solo: è il fenomeno giusto per traghettare anche gli altri verso un modo di lavorare e di intendere la dance assolutamente nuovo.
07.11.2018